13 aprile 2011. - All’altezza del bar Magenta, a Milano, una gentile e fresca fanciulla un po’ traballante sulle due ruote e poco pratica di freni mi è venuta addosso sul marciapiede rischiando di farmi precipitare su un tavolino per fortuna senza clienti. In Piazza Cadorna un signore elegante e tecnologico attraversava il traffico con una mano sola perché con l’altra parlava al cellulare: e gli auricolari? Non mi è andata meglio sulle strisce perché un ragazzo-consegna-pizza mi ha sfiorato con veemenza proprio mentre attraversavo e per un pelo ho evitato la sigaretta che aveva in mano.

Sono alcune scene di ordinaria follia cittadina capitate a me in un solo giorno, ma chissà quanti di voi avranno rischiato di essere travolti sul marciapiede in questo anticipo di primavera in cui anche i meno preparati sono saliti sulle due ruote.

Sono pedone e me ne vanto anche se vado pure in bicicletta quindi non ho nessun pregiudizio verso il mezzo, anzi ho molta voglia che alle bici venga fatto giusto spazio anche in città. Ma mi sono sentita spesso indifesa di fronte a un nuovo avversario nel traffico cittadino. E chissà cosa ha da dire chi gira con un passeggino, un cane o, peggio, un tutore causa infortunio. Insomma, nelle città italiane infuria una nuova guerra fra poveri, ciclisti e pedoni dove l’ anello debole della catena è proprio il pedone.

So che il problema del traffico è di difficile dirimenza e non si risolve con colpi di testa pre-elettorali, ma penso che sia temerario farsi venire in mente di legittimare le biciclette sui marciapiedi o nei controviali, in mancanza di un piano e strutture adeguate. In strada ci vuole rispetto, come ha invocato Alfio Caruso sull’inserto milanese del Corriere, ma soprattutto urge rispetto reciproco fra i soggetti più deboli della giungla quotidiana cittadina, i pedoni e i ciclisti, appunto. Conosco bene la sindrome che ti prende quando sali sulle due ruote, lo so perché prende anche a me. Un misto di senso di onnipotenza e di panico perché ti senti incalzato da tutte le parti e cerchi di svicolare come puoi. Ma qualcosa si può fare, per esempio non scimmiottare gli automobilisti nelle loro ansie di prestazione e nella loro maleducata arroganza. I ciclisti se vogliono ottenere, come è giusto, spazi e rispetto in città devono farsi furbi fare una piccola rivoluzione nelle loro teste proprio per non rischiare l’effetto boomerang e diventare antipatici ai cittadini. Non è semplice ma si può: stamane ho incontrato un gruppo di francesi che vivono a Milano e che portavano gli amici arrivati da Parigi a vedere gli eventi del Salone del Mobile. Li ho seguiti per un tratto di strada da via Torino a via Cesare Correnti (loro meta era la Galleria Venti Correnti), tratto ostico per il ciclista perché il suolo è lastricato e il tram circola in entrambi i sensi. Ebbene loro non si sono mai arresi, prima hanno pedalato in fila indiana davanti al tram, poi a uno slargo si sono fermati per farlo passare, ma non sono mai saliti sul marciapiede che peraltro in quel tratto invita alla trasgressione perché largo.

Certo, sono arrivati alla meta a passo di pedone cioè insieme a me, ma è un piccolo sacrificio che su alcuni percorsi si può fare, e si guadagna la palma di ciclista modello. Che ne dite?

***

13 de abril de 2011. - A la altura del bar Magenta en Milán, una chica amable y fresca —un poco inestable sobre las dos ruedas y con escasa experiencia de frenado— se me vino encima sobre la acera casi provocando que me cayera en una mesita donde, afortunadamente, no estaba sentado ningún cliente. En la Plaza Cadorna un hombre elegante y tecnológico atravesaba el tráfico con una sola mano porque con la otra estaba hablando por teléfono: ¿Y los auriculares? No me fue mucho mejor sobre las rayas peatonales donde un repartidor de pizzas se me acercó peligrosamente justo mientras estaba cruzando y por milímetros no me quemó con el cigarro que llevaba en la mano.

Se trata de algunas escenas de la ordinaria locura en la ciudad que me sucedieron en un sólo día, pero quién sabe cuántos de ustedes se habrán arriesgado a ser arrollados en la calle en este inicio de primavera en la que incluso los menos preparados ya están trepados sobre las dos ruedas.

Soy peatón y me siento orgullosa de ello, aunque a veces también circulo en bicicleta, así que no tengo prejuicios contra este medio de transporte. De hecho deseo realmente que las bicis puedan contar con su justo espacio en la ciudad. Pero a menudo me he sentido desprotegida ante este un nuevo adversario en el tráfico urbano. Y quién sabe lo que tienen que decir quienes circulan con una carriola, un perro o, peor aún, un enfermera/o a causa de una lesión. En resumen, en las ciudades italianas se está peleando una nueva guerra entre pobres, ciclistas y peatones en la que el eslabón más débil es precisamente el peatón.

 

(maria luisa agnese / corriere.it / puntodincontro)