Saviano: "Lascio l'Italia"
Lo scrittore campano: «Voglio una vita, ho solo 28 anni».

16 ottobre 2008.Roberto Saviano lascerà l’Italia. Lo scrittore napoletano, autore di «Gomorra», annuncia a Repubblica la sua decisione. «Andrò via dall’Italia, almeno per un periodo e poi si vedrà. Penso di aver diritto a una pausa. Ho pensato, in questo tempo, che cedere alla tentazione di indietreggiare non fosse una gran buona idea, non fosse soprattutto intelligente. Ho creduto che fosse assai stupido, oltre che indecente, rinunciare a se stessi, lasciarsi piegare da uomini di niente, gente che disprezzi per quel che pensa, per come agisce, per come vive, per quel che è nella più intima delle fibre ma, in questo momento, non vedo alcuna ragione per ostinarmi a vivere in questo modo, come prigioniero di me stesso, del mio libro, del mio successo. ’Fanculo il successo».

Saviano vive sotto scorta da due anni ormai. È minacciato dalla Camorra in seguito al successo del suo libro in tutto il mondo. «Voglio una vita», dice ora, dopo che dal pentito Schiavone è arrivato un nuovo allarme. «Voglio una casa. Voglio innamorarmi, bere una birra in pubblico, andare in libreria e scegliermi un libro leggendo la quarta di copertina. Voglio passeggiare, prendere il sole, camminare sotto la pioggia, incontrare senza paura e senza spaventarla mia madre. Voglio avere intorno i miei amici e poter ridere e non dover parlare di me, sempre di me come se fossi un malato terminale e loro fossero alle prese con una visita noiosa eppure inevitabile. Cazzo, ho soltanto ventotto anni!».

«E voglio ancora scrivere, scrivere, scrivere perché - spiega Saviano - è quella la mia passione e la mia resistenza e io, per scrivere, ho bisogno di affondare le mani nella realtà, strofinarmela addosso, sentirne l’odore e il sudore e non vivere, come sterilizzato in una camera iperbarica, dentro una caserma dei carabinieri, oggi qui, domani lontano duecento chilometri, spostato come un pacco senza sapere che cosa è successo o può succedere. In uno stato di smarrimento e precarietà perenni che mi impedisce di pensare, di riflettere, di concentrarmi, quale che sia la cosa da fare. A volte mi sorprendo a pensare queste parole: rivoglio indietro la mia vita. Me le ripeto una a una, silenziosamente, tra me».

«In privato sono diventato una persona non bella - scrive - diffidente al di là di ogni ragionevolezza». E se ritiene di aver ottenuto l’attenzione sul tema della camorra con il suo libro come mai era accaduto prima, l’autore di Gomorra ha deciso di andare via anche per la solitudine in cui è costretto a vivere. «Nemmeno una casa vogliono affittarmi a Napoli, appena sanno chi sarà il nuovo inquilino» dicono che «sono dispiaciuti assai ma non possono» e gli amici mi hanno detto «ora basta, non ne possiamo più di difendere te e il tuo maledetto libro». Saviano è consapevole dell’odio che suscita, «lo sento come un cattivo odore l’odio che mi circonda, non è necessario che ascolti le loro intercettazioni e confessioni». Ma nonostante tutto sa che le sue parole hanno dato l’avvio ad una mobilitazione: «la strage dei ghanesi a Castelvolturno ha costretto il governo - scrive - a un impegno paragonabile soltanto alla risposta a Cosa Nostra dopo le stragi di Capaci e via D’Amelio, non pensavo che soltanto un libro potesse provocare questo terremoto».

 

(La Stampa.it)