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Il dettaglio dell'affresco (risaltato artificialmente, per questo articolo, da Punto d'incontro online).


6 novembre 2011. - C'è il volto di un demone tra le nuvole di un affresco di Giotto nella basilica superiore di San Francesco ad Assisi: era lì con le sue corna da ottocento anni, nel ciclo pittorico che segna l'inizio dell'arte figurativa occidentale, osservato da milioni e milioni di persone e nessuno se n'era accorto. A scovare l'inquietante presenza nelle nuvole sospese fra la scena della morte di Francesco, in basso, e la scena dell'assunzione della sua anima in cielo è stata la storica e grande specialista francescana Chiara Frugoni.

 

 

QUEL PRIMATO PERSO DAL MANTEGNA - La notizia anticipata dal sito edito dal Sacro Convento (http://www.sanfrancescopatronoditalia.it/) sta facendo il giro del mondo: «Al di lá della curiosità e del valore teologico o pseudoreligioso, la scoperta di un demone dipinto da Giotto fra le nuvole ha un grande valore per la storia dell'arte», ha spiegato Chiara Frugoni. Fino ad oggi il primo pittore ad aver trattato le nuvole era Andrea Mantegna che nel suo San Sebastiano, dipinto nel 1460 (conservato nel Kunsthistorisches Museum a Vienna) mostra sullo sfondo del cielo un cavaliere che emerge da una nuvola.

«Ora, questo primato del Mantegna non è più tale». Sul perchè, invece, Giotto abbia dipinto nella parte della nuvola più vicina all'angelo di destra «un vigoroso ritratto» Frugoni non si sbilancia: «Forse non fu soltanto un'impertinenza sfuggita fino a oggi all'occhio di tutti. Nel Medioevo si credeva che anche nel cielo abitassero i demoni che ostacolavano la salita delle anime: è un significato ancora da approfondire, ma che sembra destinato a dare buoni frutti».

MA È «NORMALE» NASCONDERE ELEMENTO IN UN'OPERA - «Non è una stranezza» secondo ha spiegato all'Adn Kronos lo storico dell'arte Claudio Strinati: «Che vi siano elementi nascosti in un'opera d'arte è del tutto normale e le opere hanno sempre due facce, una esplicita ed una implicita, destinata ad essere colta solo da alcuni».

«Su questo genere di interventi, cioè sul celare in un'opera qualcosa di segreto o almeno di non evidente, non si hanno testimonianze scritte, quindi è difficile dire delle intenzioni, delle motivazioni dell'autore, capire, ad esempio, se l'elemento nascosto è concordato con i committenti oppure è celato anche a loro» aggiunge Strinati, ricordando poi che «vi sono anche casi particolari, come quello del pittore fiammingo Hieronymus Bosch, nei quali l'autore si rivolge intenzionalmente, con i suoi messaggi celati, a pochi adepti di una realtà cui appartiene, in quel caso una confraternita di iniziati».

SACRO CONVENTO: «L' IMPORTANZA DI OGGETTIVARE IL MALE» -«L'apertura e il dialogo che i frati di Assisi manifestano sulle grandi questioni che interessano la vita dell'uomo e della società contemporanea li ritroviamo anche nel dibattito culturale e scientifico attorno ai tesori artistici custoditi ad Assisi» ha detto il Custode del Sacro Convento, padre Giuseppe Piemontese. «Un dibattito che ci permette di porre delle domande che speriamo conducano alla Risposta del senso del significato della vita che è custodito nella storia di uno dei santi più amati dall' umanità». Per padre Enzo Fortunato, direttore della Sala Stampa del Sacro Convento «questa scoperta può farci comprendere a livello catechetico l'importanza di oggettivare il male per non accoglierlo nella propria vita».

 

(paola pica / corriere.it / puntodincontro)

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6 de noviembre de 2011. - Se descubrió el rostro de un demonio entre las nubes de un fresco de Giotto en la Iglesia Superior de San Francisco en Asís. Ha estado allí, con sus cuernos, durante 800 años, desde los albores del ciclo de pintura que marca el inicio del arte figurativo occidental.

Ha sido observado por millones y millones de personas y nadie se había dado cuenta.

Para encontrar la inquietante presencia en las nubes suspendidas entre la escena de la muerte de Francisco, abajo, y la escena de la asunción de su alma al cielo fue necesaria la capacidad de observación de la historiadora y especialista de San Francisco Chiara Frugoni.

La noticia —publicada en la página del Sacro Convento — está dando la vuelta al mundo: "Más allá de la curiosidad y del valor teológico o pseudo-religioso, el descubrimiento de un demonio pintado por Giotto entre las nubes es de gran valor para la historia del arte", dijo Chiara Frugoni. Hasta ahora, el primer artista en utilizar las nubes para esconder temas en una pintura había sido Andrea Mantegna en su San Sebastián, pintado en 1460 (conservado en el Kunsthistorisches Museum de Viena) en el que se muestra sobre el fondo del cielo a un caballero que emerge de una nube.

"A partir de hoy el primero ya no es Mantegna". Sobre el por qué Giotto pintó en la nube más cercana al ángel de la derecha un muy marcado retrato, Frugoni muestra prudencia: "Tal vez no se trate sólo de una impertinencia escapada hasta ahora a la vista de todos. En la Edad Media se creía que los demonios habitan en el cielo para dificultar la ascensión de las almas. Se trata de un significado que todavía tiene que ser aclarado, pero que parece destinado a dar buenos frutos".

"No es extraño" —dijo a ADN-Kronos, el historiador de arte Claudio Strinati— "Que haya elementos ocultos en una obra de arte. Es completamente normal dado que las obras siempre tienen dos caras: una explícita y otra implícita, destinada a ser comprendida sólo por algunos".

Sobre este tipo de intervenciones —es decir, ocultar algo secreto, o al menos no evidente, en obras de arte— no hay registros escritos, por lo que es difícil saber las intenciones, las motivaciones del autor, para comprender, por ejemplo, si el elemento oculto fue pintado de acuerdo con los clientes que comisionaron la obra o si se le ocultó también a ellos", añade Strinati, recordando también que "hay casos especiales, como algunas de las obras del pintor flamenco Hieronymus Bosch, en las que el autor se dirige intencionalmente —utilizando mensajes ocultos— a uno pocos partidarios de una realidad que pertenece a una hermandad de iniciados".

 

(paola pica / corriere.it / puntodincontro)