Rossini: contraddizioni e contrasti

A Pesaro, da oggi fino al 23 agosto, la XXXII edizione del Rossini Opera Festival.
Di Paola Cecchini.

10 agosto 2011. - Si svolge a Pesaro da oggi fino al 23 agosto 2011, la XXXII edizione del Rossini Opera Festival (ROF) la rassegna lirica internazionale dedicata al compositore pesarese ed allo studio del patrimonio musicale legato al suo nome.

L’attuale edizione -corredata come di consueto da numerosi concerti di “bel canto”, mostre e conferenze varie, si apre con il nuovo allestimento di “Adelaide di Borgogna”; riproporrà uno dei capolavori più apprezzati dal compositore, “Mosé in Egitto”, proseguirà con “La scala di seta” e si concluderà con “Il barbiere di Siviglia”.

Prima di immergerci nella rassegna, è forse il caso di conoscere un po’ il nostro Compositore, il cui carattere era caratterizzato da contraddizioni, sfumature e contrasti. Un autentico “Pesci”, direbbero gli appassionati di astrologia.

Forse il suo destino particolare era già segnato nella data di nascita: 29 febbraio 1792. Gioachino visse 77 anni (morì nel 1868, altro anno bisestile) ma festeggiò il compleanno soltanto 19 volte.

Rivoluzionario sotto il profilo musicale, non lo fu di certo, altrettanto sotto quello politico. Piuttosto conservatore, “fu, col signore de Talleyrand, forse l'ultimo rimasto fedele all'antico regime”: attraversò il periodo storico in cui visse quasi noncurante e poco comprendendolo, come aveva fatto d’altronde anche il poeta Goethe che “per l’olimpica indifferenza dell'indole e per la fama che circonda di splendente aureola il suo nome” aveva molti punti in comune con lui. Tutto il contrario (forse per reazione) di suo padre Giuseppe, fervente giacobino romagnolo, anzi “giacobino vero” come fece affiggere sulla porta di casa. Giuseppe, soprannominato “il Vivazza”, si mise ben presto nei guai per la politica e fu per questo ospite nelle carceri cittadine di Rocca Costanza.

Di certo Gioachino era molto permaloso : fischiato a Pesaro, nel Teatro “Nuovo” che porterà in seguito il suo nome, se la legò al dito: aveva 27 anni ma non rimise più piede nella sua città natale, a cui lasciò comunque, tutti i propri averi.

In merito alla pigrizia che gli attribuivano, ben nota nell’ambiente teatrale, era solito commentare: “Io sono pigro, ma ciò non mi ha impedito di scrivere in 13 anni in Italia ben 34 opere e di accomodarne e scriverne altre durante il mio primo soggiorno parigino. Se il comporre musica mi fosse costato fatica, non lo avrei mai fatto!”

Quando raccontarono a Gaetano Donizetti che il “Barbiere” era stato scritto in 13 giorni, questi, conoscendolo bene, non se ne stupì affatto.

Come Donizetti, Rossini sottoscrisse spesso contratti - capestro con gli impresari. Uno fra tanti : si impegnò a comporre un’opera buffa per il Carnevale del 1817 quando nel Natale del ‘16 non era stato ancora scelto un soggetto.

Il tempo per scrivere non c’era proprio ma “La Cenerentola” andò in scena, come disposto, il 25 gennaio ’17: in soli trenta giorni era stata composta, allestita e provata!

Messo alle strette e sotto stress, Gioachino guadagnava tempo “riscaldando gli avanzi” come era solito dire : copiò l’ouverture de “La cambiale di matrimonio” nell’”Adelaide di Borgogna”, quella de “La gazzetta” ne “La Cenerentola”, quella di “Aureliano in Palmira” nell’“Elisabetta regina d’Inghilterra” e nel “Barbiere”; sottrasse alcune note al “Turco in Italia” per guarnire l’”Otello” fino a che, essendo diventato famoso e le sue opere conosciute e cantate, gli fu impossibile continuare su questa strada. L’aspetto più curioso è che trascrisse l’ouverture de “La pietra del Paragone” (opera buffa) addirittura nel “Tancredi” (opera seria).

Nato da una famiglia di estrazione popolare (nonno fornaio e zio paterno barbiere), Gioachino ebbe la fortuna di godere per tutta la vita del favore regale, anzi, “i re cadevano e lui restava in piedi in attesa del prossimo”: nel regno Italico di Napoleone la protezione del viceré Eugenio Beauharnais gli evitò il servizio militare e forse anche la campagna di Russia.

Fu amico del re di Napoli Ferdinando IV e di tutti i re di Francia dopo la Restaurazione; scrisse "Il viaggio a Reims o sia L'Albergo del giglio d'oro" per celebrare l'incoronazione di Carlo X; suonò per Ferdinando VII di Spagna e duettò a Londra con Giorgio IV d’Inghilterra. Non è una novità che l’imperatore Napoleone III volle organizzare a spese dello Stato francese i suoi funerali, sontuosi e degni di un sovrano, come d’altronde l’aveva sempre considerato.

Spiritoso e brillante nei salotti mondani, Gioachino fu fra i grandi musicisti, quello più legato ai mass media attuali: la sua elegante conversazione salottiera si avvicinava molto a quella che ascoltiamo oggigiorno alla radio ed alla televisione, mentre le sue serate del sabato assomigliavano ai talk show televisivi: “soddisfatto padrone di casa, cercava ovunque fantasia e varietà”.

Forse non tutti sanno, però, che fra quanti “vissero d’arte e per l’arte”, Gioachino fu probabilmente una delle anime più sensibili e sofferenti. Nascondeva ansie ed angosce dietro “motti, frizzi, pasticci e bisticci” difendendosi in tal modo dalla sua ipersensibilità nervosa e dalla fatica del mestiere e dell’arte, finché queste ultime non lo sopraffassero morbosamente, al punto da essere ritenuto - assieme a Puccini, Schumann e Chajkovskij - uno dei quattro celebri depressi della musica ottocentesca.

Amante della buona tavola, Gioachino fu descritto come “goloso e maccheronico”: in realtà- eccezion fatta per gli anni giovanili in cui, come tutti gli uomini del tempo mangiava e beveva copiosamente- era piuttosto esigente in questo genere di cose: per intenderci, fu un buongustaio come Debussy e non un ghiottone come Brahms o Handel, tanto per restare in tema musicale.

E’ stato scritto che “la cosa che più assomiglia ad uno spartito è una ricetta e forse un’opera rassomiglia vagamente ad un menu”. Possiamo vedere qualcosa di simile anche in un menu ospitato nella Biblioteca Laurenziana Medicea, relativo ad un pranzo offerto nella sua casa di Firenze. Vi si individua chiaramente l’antipasto (ouverture), un crescendo di piatti sempre più succulenti, un intervallo tra la prima e la seconda parte del banchetto ed un finale, il tutto con accompagnamento di vini. Rossini amava accompagnare il Madera ai salumi, il Bordeaux al fritto, il Reno al pasticcio freddo, lo Champagne all'arrosto, l'Alicante e la Lacrima a frutta e formaggio.

Tra le ricette che portano il suo nome, ce n'é una che figura nei libri internazionali di cucina: sto parlando dei famosi “tournedos” (filetto di manzo con scaloppa di fois gras e tartufi). Proprio rivisitando in chiave moderna ed originale questo piatto (“Filetto alla Rossini Evolution” abbinato al prestigioso rosso Cardinal Bonaccorso di Santa Cassella) l’Instituto Culinario de Mexico con sede a Puebla ha vinto nel 2010 la I edizione del Premio Internazionale Enogastronomico “Gioachino Rossini Gourmet”, organizzato a Loreto dall’I.I.S. Einstein-Nebbia (12 gli istituti esteri partecipanti alla gara) unitamente all’Università degli Studi di Macerata, con il patrocinio della Regione Marche, della Provincia di Ancona e degli istituti bancari locali) (http://www.facebook.com/group.php?gid=111770588841646&v=wall). Conosciuto un po’ meglio il nostro protagonista, tuffiamoci nella sua musica…
 

(paola cecchini / puntodincontro)

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10 de agosto de 2011. - Abre las puertas hoy en Pesaro hasta el 23 de agosto, la XXXII edición del Rossini Opera Festival (ROF), el festival internacional de ópera dedicada al famoso compositor y al estudio de la herencia musical ligada a su nombre.

Esta edición, acompañada como de costumbre por una serie de conciertos del "bel canto", exposiciones y conferencias, se abre con una nueva puesta en escena de "Adelaida de Borgoña", volverá a proponer una de las obras más populares del compositor, "Moisés en Egipto", continuará con "La escala de seda" y terminará con "El Barbero de Sevilla".

Antes de zambullirnos en los detalles del evento, es conveniente describir algunas características de este gran compositor, cuyo personaje se caracterizó por contradicciones, matices y contrastes. Un auténtico "piscis", dicen los fanáticos de la astrología.

Tal vez su peculiar destino ya había sido determinado desde la fecha de nacimiento: 29 de febrero de 1792. Gioachino vivió 77 años (murió en 1868, otro año bisiesto), pero celebró su cumpleaños sólo 19 veces.

No fue ningún revolucionario en términos musicales ni políticos. Más bien resultó bastante conservador "fue, con el señor de Talleyrand, tal vez el último fiel al antiguo régimen". Atravesó el período histórico en que vivió casi indiferente y entendiéndolo poco, al igual que el poeta Goethe, con el cual tenía mucho en común "por la gran indiferencia del carácter y la fama que rodea su nombre". Todo lo contrario (quizás por reacción) de su padre José, un ferviente jacobino de la región de Emilia-Romagna, es más un "jacobino de verdad", como decía un letrero colgado en la puerta de su casa. José, apodado "il Vivazza" se metió pronto en problemas con la política y fue recluso en la cárcel de Rocca Costanza.

Gioachino era ciertamente muy susceptible: fue abucheado a los 27 años de edad en Pesaro —en el Teatro "Nuevo", que más tarde iba a llevar su nombre— y se ofendió tan profundamente que no volvió a poner pie en su ciudad natal, a la cual dejó, sin embargo, todas sus pertenencias.

En cuanto a la pereza que se le atribuía, muy conocida en el ambiente teatral, solía decir: "Yo soy flojo, pero eso no me impidió escribir en 13 años en Italia 34 obras y otras más durante mi primera estancia en París. Si escribir música hubiese representado un esfuerzo para mi, jamás lo habría hecho!"

Cuando le contaron a Gaetano Donizetti que "el Barbero", había sido escrito en 13 días, éste —que conocía bien a Rossini— no se sorprendió en absoluto.

Como Donizetti, Rossini más de una vez firmó contratos muy duros con los empresarios. En uno de ellos, por ejemplo, se comprometió a componer una ópera cómica para el Carnaval de 1817 siendo que faltaban pocos días dado que, en la Navidad de 1816, todavía no se había seleccionado un tema. Realmente no había tiempo para escribir, sin embargo la "Cenicienta" se presentó, según lo acordado, el 25 de enero de 1817. ¡En apenas treinta días la obra había sido compuesta, arreglada y probada!

Acorralado y bajo presión, Gioachino ganaba tiempo "recalentando las sobras", como solía decir. Copió la ouverture de "La cambiale di matrimonio" en "Adelaida de Borgoña", la de la "La Gaceta", en "La Cenicienta" , la de "Aureliano en Palmira" en "Isabel, reina de Inglaterra" y en el "Barbero de Sevilla". Tomó unas cuantas notas de "El turco en Italia" para decorar "Otelo", hasta que, habiéndose vuelto famoso y dado que sus obras ya se conocían y cantaban, le fue imposible continuar por este camino. Lo más curioso es que transcribió la obertura de "La pietra del paragone" (una ópera cómica), incluso en "Tancredi" (una ópera seria).

Nacido en una familia de clase trabajadora (su abuelo era panadero y su tío paterno peluquero), Giachino tuvo la suerte de disfrutar durante toda su vida vida de la simpatía de los reyes, de hecho, "los reyes se caían y él permanecía de pie esperando el siguiente". Durante el reino de Italia de Napoleón, la protección del virrey Eugenio Beauharnais lo relevó del servició militar y tal vez también de la campaña de Rusia.

Fue amigo del rey Ferdinando IV de Nápoles y todos los reyes de Francia después de la Restauración. Escribió "Il Viaggio a Reims o sea el Hotel de los lirios de oro" para celebrar la coronación de Carlos X, Tocó para Ferdinando VII de España y toco a dúo en Londres con Jorge IV de Inglaterra. No es de extrañarse que el emperador Napoleón III haya querido organizar con cargo al Estado francés sus funerales, suntuosos y dignos de un rey, como de hecho siempre lo había considerado.

Ingenioso y brillante en sociedad, Gioachino fue, entre los grandes músicos, el más cercano al estilo de los medios de comunicación de hoy en día: su elegante conversación se parecía mucho a las que hoy escuchamos en la radio y la televisión, mientras que sus veladas de fin de semana eran como los talk shows televisivos: "satisfecho propietario de su casa, buscaba por todas partes imaginación y variedad".

Tal vez no todo el mundo sabe, sin embargo, que entre aquellos que "vivieron del arte y para el arte", Gioachino fue probablemente una de las almas más sensibles y llenas de sufrimiento. Escondía preocupaciones y ansiedades atrás de "lemas, bromas, enredos y altercados", defendiéndose así de su hipersensibilidad nerviosa y del cansancio de su profesión y del arte, hasta que perdió la batalla lo suficiente para ser considerado - junto con Puccini, Schumann y Chajkovskij - uno de los cuatro deprimidos famosos de la música del siglo XIX.

Fue amante de la buena comida y fue descrito como "goloso y macarrónico". En realidad, a excepción de su juventud, cuando —como todos los hombres de esa época comía y bebía copiosamente— era muy exigente con este tipo de cosas: para ser claros, fue un gourmet como Debussy y no un glotón como Handel o Brahms.

Se dice que "lo que más se parece a una partitura es una receta y tal vez una ópera se asemeja vagamente a un menú". Se puede ver algo similar en un menú alojado en la Biblioteca Laurenziana Medicea, relativo a un almuerzo ofrecido en su casa de Florencia. En él se identifican claramente las entradas (obertura), un crescendo de platos cada vez más suculentos, un intervalo entre la primera y la segunda parte del banquete y un final, todo ello con vinos de acompañamiento. A Rossini le encantaba acompañar las carnes frías con Madeira, las frituras con Bordeaux, el Rin con el pastel frío, las carnes rostizadas con Champagne y la fruta y el queso con Alicante y Lacrima.

 

(Paola Cecchini / puntodincontro)

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