I numeri, questi sconosciuti

Di Claudio Bosio - seconda parte.

 

Quando non possiamo esprimerla con i numeri,
la nostra conoscenza è povera e insoddisfacente.
William Thomson lord Kelvin
 

12 maggio 2010. - Una delle possibili cause dell'introduzione dello zero è religiosa: per i Maya infatti la numerazione scritta aveva una grande importanza dal punto di vista del computo del tempo, e i sacerdoti avevano bisogno dello zero come segnaposto nei loro calcoli legati all'astronomia e al calendario. Un importante monumento è la stele maya A di Quirigua, dove è riconoscibile lo zero e che risale leggendo lo scritto a 1.418.400 giorni dall'inizio dell'era Maya, e cioè al 24 gennaio del 771 d.C. Gli antichi Inca , invece, utilizzavano un sistema di numerazione in base 40. I numeri venivano rappresentati materialmente mediante la giustapposizione di semi all'interno di un abaco, detto yupana, il quale era allo stesso tempo utilizzato per lo svolgimento di calcoli. Non avendo una propria forma scritta, tali numeri furono trascritti semplicemente disegnando la yupana e i vari semi posizionati su di essa. Agli Indiani  (repetita iuvant!!) si deve l'invenzione del sistema di numerazione posizionale in base dieci portato in occidente dagli arabi.Abili calcolatori, manipolavano numeri molto grandi. Adoperarono quei numeri irrazionali che i greci tratteranno con diffidenza.

Operavano su radici quadrate e cubiche. Inventarono lo zero ed i numeri relativi. Utilizzavano la terna pitagorica «5,12,13». Una terna pitagorica è un insieme di 3 numeri interi corrispondenti alle misure dei lati di un triangolo rettangolo, e quindi legati fra loro dalla relazione espressa dal teorema di Pitagora. La facilità con cui percepiamo il diverso valore di un numero a seconda della posizione che occupa, è il risultato di una delle invenzioni più importanti della storia dell'umanità: i sistemi di numerazione posizionale degli Indiani, appunto. Ad esempio siamo abituati ad attribuire il valore 300 al 3 che si trova nel numero 2361, il valore 30 nella cifra 1635 o 3000 nel numero 3972. Nei sistemi di numerazione non-posizionale, il simbolo che rappresenta un numero ha lo stesso valore in qualunque posizione si trovi. Ad esempio nel sistema di numerazione romano il numero 5, rappresentato dalla lettera V, ha lo stesso valore nelle cifre XIV, XVI, VIII.

In arabo, i numeri arabi orientali sono chiamati "numeri indiani", (arqām hindiyya), e viene utilizzato un sistema differente di numeri, ma molto simile nella grafia.

 

Tavola di comparazione tra i diversi tipi di numeri arabi

 

Lo zero, è indubbio, è "la cifra cardine" per arrivare alla scrittura moderna dei numeri. Lo zero venne introdotto, come simbolo della numerazione, dai mercanti indiani del IX secolo dopo Cristo, poiché essi si erano accorti che lasciando degli spazi vuoti, nella scrittura dei numeri, c'era il rischio di incorrere in equivoci molto seri. Due cifre, per esempio l'uno e il due, potrebbero indicare nella numerazione decimale numeri diversi, a seconda della posizione assunta dai simboli stessi. Essi potrebbero indicare, ad esempio, il numero 12, ma anche il numero 102 se rimanesse vuoto uno spazio fra le due cifre. Il pericolo maggiore di errore si sarebbe verificato tuttavia se gli spazi vuoti fossero stati quelli finali, quindi ad esempio per i numeri 120 o 1200. I mercanti indiani, gente estremamente pragmatica,  (al contrario dei Greci, filosofeggianti, per i quali la scienza era un soltanto raffinato gioco intellettuale) proprio per i loro fabbisogni contabili, presero ad usare, un simbolo specifico per indicare il vuoto: lo zero Gli Arabi,  essendo anch'essi dei validissimi mercanti, assimilarono immediatamente  questa innovazione indiana.

C’è da chiederci, tuttavia: come mai ci volle tanto tempo per capire che lo zero rappresentava una cifra fondamentale per la scrittura dei numeri? La risposta è immediata nella sua semplicità. I numeri vennero introdotti per contare "quantità" diverse (oggetti, animali ecc.) per cui lo zero, all'interno di questa operazione, rappresentava il nulla, il vuoto. Uasi impossibile, dunque, pensare allo zero come a qualche cosa di concreto. Oggi i numeri vengono scritti come somme di potenze successive. Pertanto nella numerazione decimale, che è quella che ci è più familiare, la prima cifra a destra di un numero a più cifre, indica quante unità vi sono in quel numero; la seconda cifra indica quante decine bisogna aggiungere alle unità espresse dalla prima cifra, la terza cifra indica quante decine di decine (cioè centinaia) bisogna ulteriormente aggiungere e così via.  Facciamo un po’ di esempi, per capirci meglio:

Il numero 243, ad esempio, può essere scritto nel modo seguente: 2·102 + 4·x101 + 3·100  che fa appunto 243.(La potenza 100, come qualsiasi altro numero elevato alla zero (escluso lo zero), fa 1). Scrivere un numero, nel sistema decimale, corrisponde quindi a scrivere una somma ordinata di potenze decrescenti del 10: si inizia dalla potenza più alta che corrisponde al numero delle cifre di cui è formato il numero meno una, e poi si cala gradualmente fino alla potenza zero. Il sistema di numerazione decimale viene detto pertanto «sistema di base 10».

Ma il 10, come abbiamo fatto osservare, è semplicemente una caratteristica anatomica del nostro corpo. Pertanto, il metodo che abbiamo usato per scrivere un numero di base 10 può essere adattato, senza alcuna variazione concettuale, per scrivere un numero a base qualsiasi, per esempio a base 5, o 20, o altro. Se noi, ad esempio, utilizzassimo il sistema di numerazione quinario, scrivendo il numero 243 intenderemmo esprimere la quantità seguente: 2·52 + 4·51 + 3·50 che corrisponde al numero 73 nel sistema di numerazione decimale. Il numero 243 in un sistema di numerazione a base sessanta vorrebbe invece significare: 2·602 + 4·601 + 3·600 e rappresenterebbe, verosimilmente, un'indicazione di tempo, quindi da leggersi 2 ore, 4 minuti e 3 secondi (602 = 3600  sono i secondi in un'ora e 601 = 60 sono i secondi in un minuto). Uno stesso numero, come abbiamo visto, può corrispondere a quantità diverse (e a concetti diversi) a seconda del sistema di numerazione utilizzato per esprimerlo.

E' interessante notare che il numero dei «segni», cioè il numero delle cifre che può essere utilizzato nei diversi sistemi di numerazione, è sempre uguale al valore della base. Così ad esempio, nel sistema di numerazione decimale le cifre che possono venire utilizzate sono dieci e vanno da 0 a 9. Nel sistema di numerazione a base cinque, analogamente, avremo solo le cifre 0,1,2,3,4, e il numero 5 verrebbe scritto 10, il numero 6 verrebbe scritto 11, il numero 7, 12 e così via. Allo stesso modo è facile verificare che maggiore è la base di numerazione minore è il numero delle cifre necessario per indicare lo stesso numero. Ad esempio il numero 100 che nel sistema di numerazione decimale richiede tre cifre per essere rappresentato, nel sistema di numerazione binario necessita di ben sette cifre dovendosi scrivere 1100100, mentre, in un sistema di numerazione per esempio a base 16, ne richiederebbe due sole e si scriverebbe infatti 64.

Il più semplice sistema di numerazione che si può immaginare è quello binario, cioè a base 2. In esso esistono due sole cifre, lo zero e l'uno. Il 2 si scrive quindi 10, il 3 si scrive 11, il 4 si scrive 100, e così via.

Prendiamo un numero qualsiasi scritto nel sistema binario, ed analizziamolo nelle sue parti: scegliamo per esempio il numero 1101. A quale valore, nel sistema decimale, corrisponde questa scrittura? Il numero che abbiamo scelto può essere scritto nel modo seguente: 1·23 + 1·22 + 0·21 + 1·20. Esso, nel sistema di numerazione decimale, vale quindi 13.

Il sistema di numerazione binario ha assunto, ai giorni nostri, notevole importanza a causa del suo impiego nei «computer». I computer (termine inglese che deriva dal latino "computare", cioè contare) sono appunto macchine per contare, e sono costituiti da una serie di elementi che possono assumere solo due posizioni stabili, ad esempio "aperto" o "chiuso", oppure "passa" o "non passa" (la corrente elettrica).

Questi apparecchi quindi, per contare, possono utilizzare due sole cifre rappresentate dai due soli stati fisici possibili di cui dispongono. Il termine binario deriva dal latino "bis" che significa due volte. In inglese, cifra binaria si dice «binary digit» da cui l'abbreviazione "bit ". Nel linguaggio dei calcolatori elettronici il bit rappresenta l'unità minima di informazione che il calcolatore può riconoscere ed è rappresentato dall'assenza o dalla presenza di un impulso elettronico, cioè da 0 o da 1. Ciascun numero, lettera o simbolo, come ad esempio $, / o &, battuto sulla tastiera di un computer, viene trasformato in un gruppo di bit disposti in modo opportuno, chiamato "byte". I byte sono di diverse grandezze; in codice ASCII (American Standard Code for Information Interchange = codice standard americano per lo scambio di informazioni) la grandezza del byte è di 7 bit. Il byte che esprime per esempio la A maiuscola, in codice ASCII, è 1000001, mentre, per il numero 1, è 0110001. Ogni cifra del byte ha un preciso significato che dipende dalla posizione che occupa all'interno del numero a sette cifre. Nel codice ASCII, ad esempio, l'1 iniziale vuol dire che si tratta di una lettera dell'alfabeto, mentre lo 0 iniziale vuol dire che non si tratta di una lettera dell'alfabeto. Il byte esprime l'unità di misura della capacità di memoria di un calcolatore, e i suoi multipli sono il kilobyte (k o kbyte) e il megabyte (M o Mbyte), pari rispettivamente a mille e a un milione di byte. 

Spesso, nella descrizione dei fenomeni naturali, è necessario far uso di numeri molto grandi o molto piccoli. Queste grandezze sono del tutto diverse da quelle con le quali siamo abituati a ragionare nella vita di tutti i giorni, e quindi sfuggono alle capacità immaginative delle persone comuni. A poco servono espressioni del tipo: miliardi di miliardi di miliardi, ecc. usate a volte per dare l'idea della grandezza di un numero. Quando si tratta di problemi di dimensioni cosmiche, i numeri molto grandi sono proverbiali. Per esempio, le stelle contenute mediamente in una galassia, si contano a centinaia di miliardi, un numero che, trascurando il pre-fattore, si scrive 1011; e anche le galassie esistenti si calcola siano centinaia di miliardi (1011). Per indicare quindi il numero complessivo di stelle presenti nell'Universo intero bisogna moltiplicare cento miliardi per cento miliardi che fa diecimila miliardi di miliardi, un numero di 23 cifre.

Questo valore, scritto per esteso, difficilmente riuscirebbe a dare un'idea concreta del numero delle stelle presenti nel Cosmo, mentre, in notazione scientifica, lo stesso numero si ottiene facendo semplicemente la somma degli esponenti delle potenze di base 10 che esprimono il numero delle stelle e delle galassie di tutto l'Universo. Quindi basta scrivere:  1011 ∙ 1011 = 1022. Il numero delle stelle presenti nell'Universo, scritto usando le potenze del dieci, sembra un numero molto grande, ma è ancora poca cosa se paragonato ad altre grandezze fisiche che hanno bisogno di numeri ben più grandi per essere rappresentate. Per esempio, il numero degli atomi (principalmente d'idrogeno) che formano una stella grande come il Sole è di 1057, mentre 1080 è il numero di atomi di cui è costituito l'universo intero.

Che senso avrebbe scrivere quest'ultimo numero facendo seguire all'1 ottanta zeri?

E che senso avrebbe ripetere la parola "miliardo" per nove volte nel tentativo di dare un'idea concreta della grandezza del numero?

In modo analogo si possono rappresentare i numeri più piccoli dell'unità. Prendiamo, per fare un esempio, il numero che esprime la massa in grammi di una molecola di acqua: questo numero è 2,989∙   10-23. Se ora dividiamo la massa dell'acqua contenuta in un cucchiaio da cucina, circa 18 grammi, per la massa di una singola molecola otteniamo:  18 g : (2,989∙10-23) g = 18∙3,3456∙1022  = 6,022∙1023,  che prende il nome di «Numero di Avogadro» e rappresenta il numero di particelle presenti in una «mole» di qualsiasi sostanza. Abbiamo scelto infatti, per fare l'esempio, un cucchiaio che contenesse proprio 18 g di acqua, ovvero - direbbe un chimico - 1 mole di H2O. (La mole di una sostanza è il numero di grammi pari al peso molecolare di quella sostanza; il peso molecolare dell’acqua è 18 quindi 18 grammi di acqua corrisponde ad una mole di acqua) 

Quest'ultimo esempio ci permette di farci un'idea concreta delle dimensioni veramente esigue delle molecole. Se consideriamo che il numero delle molecole presenti in un cucchiaio d'acqua, cioè in un solo sorso di questo prezioso liquido, è di un ordine di grandezza superiore al numero delle stelle presenti in tutto l'universo (÷1022), non dovrebbe essere difficile rendersi conto di quanto sono piccoli i costituenti ultimi della materia ([3])

Sui numeri, si potrebbe disquisire molto a lungo; tuttavia, per concludere, vale la pena di accennare ad una pratica largamente messa in atto, la numerologia, (o divinazione numerologica) secondo la quale è possibile determinare una relazione mistica o esoterica tra i numeri e le caratteristiche o le azioni di oggetti fisici ed esseri viventi. Come funziona? Utilizzando, ovviamente, il cosiddetto "linguaggio simbolico dei numeri". Il principio è che ogni numero, ogni data, ogni nome possono essere rappresentati con cifre comprese tra 1 e 9, chiamate numeri numerologici.

Le parole sono in qualche modo tradotte nella lingua dei simboli numerici. Secondo il metodo numerologico, le date o i numeri vengono ridotti sommando orizzontalmente le cifre che li compongono, tante volte quanto occorre per ottenere un’unica cifra. Questo "numero residuale" si vuole abbia una sua "vibrazione specifica" che sta alla base dell’interpretazione. Ad esempio: l’anno 1987; 1987 = 1+9+8+7 = 25 = 2+5 =7. La vibrazione del 1987 111111è 7. Unica eccezione a questo sistema: i numeri 11 e 22, detti "numeri maestri" e che hanno un significato numerologico specifico. Un’altra eccezione è costituita dallo 0, impossibile da ridurre. In numerologia, l'11 è il primo numero "mastro", quei numeri che sono formati da due cifre uguali.  E' il numero che appartiene alle grandi menti o alle grandi personalità, sia negli aspetti positivi che negativi. E' il " grande bene" o il "grande male". Dagli amanti della numerologia, viene fatto risaltare un aspetto curioso del numero 11 e cioè la sua straordinaria frequenza che si ritrova negli avvenimenti dell'11 settembre 2001 in merito alla caduta delle Twin Towers di New York.

    Le torri gemelle, viste una accanto all'altra, ricordavano proprio il numero 11;

    se si sommano i numeri della data dell'attacco 11/9= 1+1+9=11; era il 254° giorno dell'anno:

       2+5+4= 11.

    Il primo aereo a colpire le torri era il volo n°11 ed i passeggeri a bordo erano 92: 9+2=11;

    quelli del secondo aereo erano 65: 6+5=11.

    Lo stato di New York è stato l'undicesimo ad essere annesso agli USA;

    New York City è composto da 11 lettere e così anche Afghanistan e The Pentagon. 

Un’altra serie di curiosità è invece legata al numero 23.

    Sommando le cifre di 11/09/2001 (attacco alle Twin Towers) risulta 23 (11+9+2+1=23).

    Sommando le cifre di 15/04/1912 (naufragio del Titanic) risulta sempre 23 (1+5+4+1+9+1+2=23).

    La Bomba venne lanciata su Hiroshima alle 8:15 (8+15=23).

    Giovanni Falcone magistrato antimafia venne assassinato nell'anno 1992, il 23/5 (23/23).

    Miguel Cervantes, William Shakespeare e Garcilaso de la Vega sono morti il 23 aprile 1616. Sommando le cifre di 23/04/1616 si ottiene ancora 23: 2+3+4+1+6+1+6=23)oppure 16+16=32, l'inverso di 32 è 23.

    I Maya predissero che il mondo sarebbe finito nel 2012 (20+1+2=23).

    La parola inglese end  è collegata al numero 23 (sommando i corrispettivi nell'alfabeto inglese si ottiene E=5, N=14, D=4; 5+14+4=23). Da notare che la parola italiana corrispondente fine, con le corrispondenze nell'alfabeto italiano (che manca di cinque lettere in confronto a quello inglese), è F=6, I=9, N=12, E=5, da cui 6+9+12+5=32; 32 è 23 al contrario.

    L'alfabeto latino ha 23 lettere.

    La parola "God", secondo l'alfabeto inglese, è composta da: G=7 + O=15 + D=4. (7+15+4)- 3 (numero di lettere che compone la parola) = 23. Lo stesso, utilizzando l'alfabeto italiano, vale per la parola "Dio": D=4 + I=9 + O=13. (4+9+13)-3= 23.

I Pitagorici hanno in odio il numero 17 più di ogni altro numero, e lo chiamano "ostacolo". Esso infatti cade fra il sedici, che è un quadrato, e il diciotto, che è un rettangolo, i soli fra i numeri a formare figure piane che abbiano il perimetro uguale all'area; il diciassette si pone come un ostacolo fra di loro, e li separa uno dall'altro, e spezza la proporzione di uno e un ottavo in intervalli disuguali. (Plutarco). Un’ultima curiosa circa il numero 198.  Se prendiamo un numero composto da tre cifre "a scalare" (come ad esempio 987 o 543) e sottraiamo il numero composto dalle stesse cifre dall'ordine invertito, si ottiene sempre il numero 198.
 

987 - 789 =  198

876 - 678 = 198

765 - 567 = 198

654 - 456 =  198

543 - 345 =  198

432 - 234 =  198

321 - 123 =  198

210 - 012 =  198

 

È proprio vero: i numeri, questi sconosciuti, non hanno ancora smesso di stupirci!

 


([3])Alcune altre considerazioni sul numero di Avogadro. Se noi prendiamo una quantità di sostanza la cui massa in grammi è numericamente uguale al suo peso molecolare [ad esempio 55,5 grammi di sale da cucina, poiché la molecola del cloruro di sodio (NaCl) ha il peso di 55,5] questa quantità, chiamata grammo-molecola o mole, contiene un numero di molecole di NaCl pari a 6,02 x1023.  Il bello di questo concetto è l'intercambiabilità: mentre grammi di sostanze diverse hanno quantità diverse di molecole individuali, una mole contiene un numero di molecole che è lo stesso per ogni sostanza. Il valore del numero di Avogadro è enorme. Gli studenti di chimica si sono a lungo divertiti a calcolare la dimensione di questo numero, e quindi sappiamo che esso equivale:

 

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