La gamba di Garibaldi

Una vicenda sanitaria ad alta suspense
dopo lo scontro con i piemontesi
sulle cime dell'Aspromonte

Garibaldi ferito in un dipinto del 1900.


13 settembre 2011. - Agosto 1862, cime dell'Aspromonte; è questo lo scenario di uno dei momenti più delicati dell'Unità d'Italia, ma anche dell'inizio di una vicenda sanitaria ad alta suspense, fortunatamente a lieto fine. Protagonista Giuseppe Garibaldi, ferito nel combattimento con l'esercito piemontese. La battaglia dura appena dieci minuti, ma il Generale rischia seriamente l'amputazione della gamba destra. La storia è nota, meno noto ai più è forse l'ampio schieramento di medici e chirurghi impegnati per salvare l'arto ferito dell'illustre paziente. Il 29 agosto Garibaldi è in Calabria, al comando di un nutrito gruppo di volontari, nel tentativo di completare la sua marcia dalla Sicilia con la conquista di Roma. L'azione non è gradita al Governo piemontese che affida il compito di fermare i garibaldini al generale genovese Emilio Pallavicini, marchese di Priola, alla guida di circa tremila soldati regolari. Duro lo scontro tra garibaldini e bersaglieri, 12 morti e 34 feriti nei due schieramenti, poi la resa e la cattura di Garibaldi, raggiunto da due pallottole di carabina. Una, all’anca sinistra, lacerava la pelle e il sottocute senza, però, gravi conseguenze. L'altra, dimostratasi poi la più pericolosa, dopo aver bucato il calzone di panno, lo stivale e la calza di lana, si conficcava nel malleolo interno del piede destro.

Garibaldi viene rapidamente soccorso dai chirurghi garibaldini Enrico Albanese, Pietro Ripari e Giuseppe Basile. La ferita al piede non si presenta bene. A paventare per primo il rischio di una temibile gangrena gassosa e della amputazione, è Albanese, già medico di battaglione durante la spedizione dei Mille. Le intuizioni e le scoperte del medico ungherese Ignac Semmelweis e del collega britannico Joseph Lister sulla disinfezione e l'asepsi chirurgica erano ancora da venire. L'amputazione era l’intervento in uso, per bloccare la gangrena nei feriti da arma da fuoco, da eseguire rapidamente, spesso direttamente sul campo di battaglia. Dominique Jean Larrey, esperto chirurgo militare napoleonico, in soli tre minuti effettuava sul campo un'amputazione di coscia con metodo circolare. Il fatto, data la sua grande esperienza di guerra, è ben noto a Garibaldi, che, rivolgendosi ad Albanese, gli dice: «Se credete necessaria l'amputazione, amputate». Un'evidente tumefazione al malleolo colpisce l'attenzione del chirurgo che, sospettando una ritenzione del proiettile nel piede, esegue un taglio longitudinale di circa tre centimetri, in modo da poter estrarre il proiettile. Ma il tentativo fallisce. Si decide a quel punto di soprassedere a qualsiasi altro intervento, la lesione viene medicata e fasciata e il ferito, adagiato su una barella di fortuna, è imbarcato sulla fregata Duca di Genova, che fa rotta verso La Spezia, sede del carcere di Forte Varignano che allora ospitava circa 250 detenuti, condannati ai lavori forzati.

Al capezzale di Garibaldi vengono chiamati i più illustri clinici e chirurghi dell'epoca: il professor Francesco Rizzoli di Bologna e il professor Luigi Porta di Pavia. Garibaldi ha già invitato i professori Fernando Zanetti di Pisa e Giovanni Battista Prandina, da Chiavari. Presenti anche i dottori Giuseppe Di Negro da Genova e Timoteo Riboli da Torino, che già avevano curato Garibaldi per altre circostanze. L'obiettivo dei medici è ovvio: salvare Garibaldi dall'amputazione. Nei giorni successivi le condizioni cliniche dell'eroe si aggravano: la tumefazione dal malleolo del piede destro interessa anche la gamba, il dolore è più forte, la febbre alta. La diagnosi, condivisa da tutti i clinici, non ammette dubbi: "ferita da arma da fuoco penetrante nell'articolazione tibio-tarsica, con frattura del malleolo interno, complicata da flemmone per presenza di sospetto corpo estraneo nell'articolazione". La presenza del proiettile nella ferita rimane solo un sospetto senza possibilità di diagnosi oggettiva. I raggi X verranno scoperti, infatti, da Roentgen solo nel 1895 e la prima radiografia in Italia sarà eseguita a Bologna non molto tempo dopo da Augusto Righi.

L'eco del ferimento di Garibaldi supera i confini nazionali. Il 10 settembre, giunge in Italia Richard Partridge, membro del Royal College dei chirurghi di Londra, che ritorna per visitarlo il 31 ottobre, questa volta in compagnia del famoso chirurgo Nikolai Pirogoff da Pietroburgo. Nonostante tanti autorevoli interventi clinici la gamba di Garibaldi continua a peggiorare, tanto che il medico Agostino Bertani evoca di nuovo lo spettro dell'amputazione. Al felice epilogo della vicenda contribuisce l'intuizione del chirurgo napoletano Ferdinando Palasciano che si convince della presenza della pallottola nel piede e consiglia di intervenire al più presto per estrarla. Per l'occasione chiede la consulenza del chirurgo Auguste Nélaton, che giunge da Parigi per visitare Garibaldi, confermando l'ipotesi del proiettile ritenuto. Costretto a rientrare con urgenza in Francia, Nélaton invia ai colleghi in Italia due sondini, di sua invenzione, che terminano con una piccola sfera di porcellana, usati proprio per individuare il proiettili nelle ferite. Introdotta nella ferita, la pallina di porcellana della sonda, a contatto con il piombo del proiettile si annerisce, confermandone la presenza. Il 22 novembre il chirurgo Zanetti pratica nel piede di Garibaldi, ormai in gravi condizioni, un’incisione profonda 4 centimetri ed estrae una pallottola di carabina del peso di 22 grammi. L’amputazione è così definitivamente scongiurata..

 

(antonio alfano / corriere.it / puntodincontro)

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13 de septiembre de 2011. - Agosto de 1862, en las montañas de Aspromonte. Este es el escenario de uno de los momentos más delicados de la unificación de Italia, pero también el comienzo de un acontecimiento de carácter sanitario con alto nivel de suspenso, afortunadamente con un final feliz. El protagonista fue Giuseppe Garibaldi, herido en combate con el ejército piamontés. La batalla duró apenas diez minutos, pero el general corre un serio riesgo de amputación de su pierna derecha. La historia es bien conocida, menos conocida es quizás la amplia gama de médicos y cirujanos que intervinieron para salvar la extremidad lesionada del ilustre paciente.

El 29 de agosto Garibaldi se encuentra en Calabria, al frente de un considerable grupo de voluntarios en un intento de completar su misión desde Sicilia con la conquista de Roma. La acción no es aprobada por el Gobierno piamontés que envía al general genovés Emilio Pallavicini —al mando de alrededor de tres mil soldados regulares— con la tarea de detener a Garibaldi. Fue duro el choque entre los garibalidinos y los "bersaglieri": 12 muertos y 34 heridos antes de la rendición y la captura de Garibaldi, alcanzado por dos balas de fusil. Una, en la cadera izquierda, le arrancó la piel y el tejido subcutáneo, pero sin consecuencias graves. La otra, que resultó ser la más peligrosa, después de perforar la tela del pantalón, las botas y las medias de lana, se alojó en el maléolo interno del pie derecho.

 

(antonio alfano / corriere.it / puntodincontro)

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