L'aglio, lo scacciavampiri

dei quattro ladroni

Di Claudio Bosio. Prima parte.

29 aprile 2009.- La storia dell’aglio (Allium sativum, pianta bulbosa della famiglia delle Alliaceae), non è facilmente ricostruibile.

Gli studi più accreditati lo danno proveniente dall’Asia centrale, in particolare dal deserto del Kirghisi e dall’India, unici due Paesi in cui la pianta cresce ancor oggi spontanea. Come ben risaputo, la pianta dell’Alium è fornita di un bulbo sotterraneo (testa), suddiviso, al termine della vegetazione, in 8, 10 o 12 spicchi (bulbilli), i quali sono avvolti in tuniche secche.

Storicamente, si sa che 5000 anni fa, presso gli Egizi, si poteva acquistare uno schiavo, maschio e sano. pagandolo con circa 7 kg di aglio. Erodoto (490-424 a.C), il capostipite dei “reporters”, racconta: «Sulla piramide [di Cheope (2500a.C.)] c'era un'iscrizione in caratteri egizi che registrava la quantità di ravanelli, cipolle e aglio consumata dagli operai addetti alla costruzione. Ricordo perfettamente che, secondo l'interprete che me la tradusse, la spesa era stata di 1600 sicli d'argento».

Da notare che l’argento valeva, allora, molto più dell’oro: con il potere d'acquisto attuale, si tratta di circa 35 milioni di dollari!

L’aglio, lo troviamo citato anche nella Bibbia, (Numeri, XI, 5), laddove viene descritto come uno dei cibi di cui gli ebrei sentivano la mancanza durante la traversata del deserto: “Ci ricordiamo dei pesci che mangiavamo in Egitto gratuitamente, dei cocomeri, dei meloni, dei porri, delle cipolle e dell’aglio.

Le popolazioni romane ne consumavano una grande quantità, pur considerandolo un cibo plebeo. “Ubi allium, ibi Roma”, si diceva fra la gente del contado laziale, “dove c’è puzza d’aglio, lì c’è Roma”. In epoca più tarda, i gladiatori ne avrebbero masticato grandi quantità prima dei loro scontri, come corroborante delle loro prestazioni, una specie di “doping ante litteram”. Orazio (65-8 a.C.) lo odiava cordialmente perchè, per colpa di una cena a base d’aglio, offertagli da un mecenate invidioso, perse l'amata Lidia, che non riuscì a sopportare il suo alito pesante.

In Grecia, nonostante l’appellativo di “fetido”, l’aglis veniva regolarmente usato come condimento (il pane era abitualmente aromatizzato con l’aglio). Nel Canto X dell'Odissea si ricorda l'aglio per le virtù protettive contro i filtri magici della maga Circe, la "terribile dea dall'umana parola".

L'odore penetrante ha sempre ispirato pensieri esoterici, come ricorda la leggenda musulmana secondo cui, quando Satana lasciò l'Eden, dopo il peccato originale, nella sua impronta sinistra sarebbe spuntato l'aglio, in quella destra la cipolla.

Quanto all’origine del termine “aglio”, si pensa sia celtica, da "all " che sta per caldo, acre, bruciante, come appunto si presenta l’aglio appena degustato. “Sativum”, invece è la contrazione del latino seminativum, cioè “che si può seminare”.

Curiose sono alcune denominazioni dell’aglio: è detto Tufelschnoblech (aglio del diavolo), nella Svizzera tedesca,  Judenzwifel  (cipolla degli ebrei) in Austria e  Zigeunerknoblanch (aglio degli zingari) in tedesco dialettale. Interessante è anche l’etimologia del termine inglese “garlic”, da l’anglosassone gar  (lancia, per la forma del suo stelo) + leac  (porro). In Francia lo spicchio si chiama gousse, ed è di genere femminile; In Spagna  lo spicchio d’aglio si chiama diente , cosa logica se si pensa che fa parte di una “testa”, in questo caso “cabeza”.

Che l’aroma dell'aglio sia comunemente sgradito, è cosa ampiamente testimoniata. Ne era ben consapevole anche il grande Shakespeare, il quale, nel "Sogno di una notte di mezza estate" (Atto IV, scena IIa 190-5)  fa dire ai propri attori: "… and most, dear actors, eat no onions nor garlic, for we are to utter sweet breath….  e soprattutto, attori, anime mie, badate a non mangiar aglio o cipolla, ché dobbiamo esalare tutti un alito che deve riuscir dolce e gradevole…."

Tanto vale, quindi, chiarircelo subito: perchè l’aglio, se ingerito, ci provoca un alito così  pestilenziale?

Per rispondere a questo “odoroso” quesito dobbiamo sprecare un po’ di … chimica spiccia: poca roba e in parole veramente povere.

L’aroma e il sapore caratteristici dell’aglio (tipici anche degli altri appartenenti alla stessa famiglia, tipo scalogno, porro, cipolla, erba cipollina)  sono dovuti ad una serie di molecole contenenti zolfo.

Nel caso dell’aglio la molecola maggiormente responsabile è l’Aliina, (solfossido della cisteina) ma non direttamente, poiché di per sé è completamente inodore e insapore.

 

 

In effetti, finché non viene schiacciato, uno spicchio d’aglio non sprigiona alcun “effluvio” sgradevole. Perché ciò si verifichi, è necessario l’intervento di un enzima ([1]), la alliinase, che trasforma (come schematizzato più sopra) la alliina in allicina, (un tiosulfonato) responsabile dell’inconfondibile aroma.… scacciavampiri. Il nostro organismo, per sbarazzarsi di una parte dello zolfo così sviluppato ha una sola possibilità: trasformarlo in metilmercaptano, una molecola dall’odore ammorbante e disgustoso, che si può eliminare per via aerea, cioè con la respirazione.

È questa la causa principale dell’alitosi.    

L’alliinase, questo enzima lezzo-generante, di solito, se ne sta, quieto e buono, confinato dentro i vacuoli delle cellule (microscopiche sacche contenenti varie altre sostanze utili alla cellula) mentre l’alliina è dispersa nel liquido citoplasmatico, che riempie la cellula stessa. Quando schiacciamo uno spicchio d’aglio, le cellule vengono ovviamente danneggiate e l’enzima, così liberato, catalizza la reazione di degradazione dell’aliina, formando l’allicina (più esattamente, producendo dapprima acido piruvico e acido 2-propensulfenico e quindi trasformando quest’ultimo in allucina). L’allicina, poi, esposta all’aria, si ossida, dando luogo alla formazione di disolfuro di allile, costituente principale dell’essenza che impartisce il caratteristico odore.

Da tutto questo si deduce, innanzitutto, che la quantità di allicina prodotta dipende da quanto abbiamo “leso” il tessuto delle cellule: se lo spicchio è stato semplicemente tagliato in due o tre pezzi, l’aroma sarà poco intenso mentre, nel caso in cui lo spicchio sia stato pestato, risulterà assai forte e penetrante.

In ogni caso, l’aglio va sempre schiacciato “al momento” di essere usato, perché l’allicina si degrada rapidamente.

Un’altra segnalazione: il nostro enzima lavora bene a temperature attorno ai 37°C. A temperature maggiori, o in ambiente molto acido, perde di efficacia, e quindi non è più in grado di produrre l’alliicina.

Questo è il motivo per cui alcune ricette chiedono di far bollire gli spicchi d’aglio interi in acqua o nel latte: in questo modo l’enzima viene completamente disattivato, e negli spicchi si formano delle sostanze dall’aroma e sapore diverso e meno forte. Quindi se alcune ricette chiedono di utilizzare gli spicchi d’aglio interi, a volte ancora nella loro camicia, bisogna evitare di schiacciarli: così facendo il sapore dell’aglio risulterà addolcito e meno pungente perché l’allicina non può formarsi.

Un’ ulteriore avvertenza: per rendere l'aglio più digeribile, mantenendo quasi inalterata la sua fragranza, è opportuno tagliare lo spicchio nel suo lato più lungo ed eliminare completamente l'anima interna.

Purtroppo, dopo aver mangiato cibi conditi con aglio, le conseguenze non tardano mai a farsi sentire. Ne risente non solo il nostro alito, ma anche la traspirazione della pelle. Il suggerimento che in questi casi viene generalmente dato è di masticare qualche chicco di caffé, o un poco di prezzemolo. Ma, ciò facendo, si riesce solamente a mascherare il malodore con un aroma più forte. Invece, per trasformare le sostanze solforate ancora presenti nella vostra bocca in sostanze inodori, è più efficace mangiare dei frutti freschi ricchi di enzimi ossidanti, come, ad esempio, le mele.

In realtà c’è ben poco da fare: una volta raggiunto lo stomaco l’aglio è fuori dalla nostra portata, e l’unico rimedio è… il tempo.

Dal punto di vista nutrizionale 100 grammi d'aglio contengono: 41 Kcal, mentre la composizione chimica dell’aglio corrisponde, mediamente, a quella riportata nella tabella che segue.

Composizione chimica per 100 gr.  di parte edibile

 

§  Parte edibile (%):                     75

§  Acqua (g):                                80,0

§  Proteine (g):                             0,9

§  Lipidi (g):                                 0,6

§  Colesterolo (mg):                      0

§  Carboidrati disponibili (g):        8,4

§  Zuccheri solubili (g):                 8,4

§  Fibra totale (g):                        3,1

§  Sodio (mg):                              3

§  Potassio (mg):                         600

§  Ferro (mg):                              1,5

§  Calcio (mg):                             14

§  Fosforo (mg):                           63

§  Magnesio (mg):                        0,01

§  Zinco:                                      tracce

§  Rame :                                     tracce

§  Germanio :                               tracce

§  Vitamina B1 (mg):                    0,14

§  Vitamina B2 (mg):                    0,02

§  Niacina (mg):                           1,30

§  Vitamina A (retinolo eq.) (µg):    5

§  Vitamina C (mg):                       5

 

(Continua...)

([1]) Gli  Enzimi sono delle sostanze proteiche che svolgono la funzione di catalizzatori biologici, accelerando la velocità delle reazioni biochimiche (di sintesi o di demolizione) che avvengono all’interno della cellula. La velocità di tali reazioni è aumentata sino a 1 milione di volte. Ciascun E. è specifico di una data reazione o di gruppo di reazioni simili.