Il nostro olio d'oliva

Con una produzione in calo, ma qualità eccellente, l'annata 2009-2010 vedrà
l'esordio dell'etichetta d'origine. Di Gigi Pellissier.

17 novembre 2009. - Produzione in calo (meno 15 per cento), ma di ottima qualità. Così si annuncia l’annata olivicola e olearia 2009-2010, appena iniziata, che vedrà l’esordio dell’etichetta d’origine. Ma per gli agricoltori sarà ancora un anno di grandi difficoltà con i prezzi in decisa flessione (meno 20 per cento) e con i costi in forte accelerata. È quanto sottolinea la Cia-Confederazione italiana agricoltori che mostra serie preoccupazioni per il settore che, come gli altri comparti agricoli, sta vivendo un momento difficile, di piena emergenza.

La produzione totale olivicola e olearia —afferma la Cia sulla base delle prime stime— si dovrebbe aggirare a poco più di 510 mila tonnellate contro le oltre 600 mila tonnellate dello scorso anno. La diminuzione —dovuta essenzialmente alle condizioni climatiche che hanno pesato sulle fasi di maturazione delle olive— coinvolgerà un po’ tutte le regioni, in particolare quelle centrali (in media un meno 30 per cento), mentre cali più lievi (tra il 10 e il 15 per cento) si dovrebbero registrare in regioni fortemente vocate all’olivicoltura come Puglia, Calabria e Sicilia.

A condizionare il mercato —ricorda ancora la Cia— saranno i bassi prezzi pagati ai produttori, sia per le olive sia per l’olio. Solo nelle ultime settimane, anche a causa di una produzione abbondante in paesi concorrenti come Spagna, Tunisia e Grecia, le quotazioni sono scese in maniera drastica. Ad aggravare lo scenario ci sono poi i pesanti costi produttivi, contributivi e burocratici che, in alcune zone, non hanno permesso la raccolta, perché non remunerativa e addirittura in perdita.

Questa campagna, comunque, si confronterà per la prima volta con l'obbligo, entrato in vigore lo scorso primo luglio, dell’indicazione in etichetta dell'origine dell'olio extra vergine di oliva. Si tratta —afferma la Cia (che da sempre si è battuta per una misura in tal senso)— di un provvedimento importante, attraverso il quale si impedisce di ingannare i consumatori vendendo come italiano un olio ricavato, invece, da miscugli diversi e soprattutto da olive provenienti da altri Paesi, come Grecia, Tunisia e Spagna. Un fenomeno, questo, molto diffuso e che ogni anno provoca al nostro settore olivicolo un danno superiore ai 500 milioni di euro.

Nei mercati —sottolinea la Cia— si trova, infatti, olio straniero sempre più in abbondanza. Oggi su tre bottiglie due sono di olio estero, ma i consumatori italiani non lo sanno e le comprano come prodotto nazionale, in quanto manca una precisa informazione. Il nuovo regolamento va, quindi, nella direzione giusta. Si giunge finalmente a una completa trasparenza, garantendo sia i consumatori sia i produttori i quali, in questo modo, sono più tutelati. Insomma, uno stop deciso ai falsi oli d’oliva “made in Italy”.

Per la Cia, tuttavia, il problema più urgente è quello di mettere i produttori olivicoli nelle condizioni di operare adeguatamente sul mercato. Da qui la richiesta —che è racchiusa nella piattaforma predisposta per la mobilitazione che si sta svolgendo in questi giorni in tutto il territorio nazionale— di interventi concreti e immediati a sostegno delle imprese che, altrimenti, rischiano di chiudere i battenti. C’è bisogno di misure, sia sul fronte tributario sia su quello contributivo (fiscalizzazione degli oneri sociali) e burocratico, che permettano di ridurre i gravosi costi. Mentre, per quanto riguarda i prezzi, sarebbe opportuno procedere al ritiro dal mercato di un determinato quantitativo di olio d’oliva da destinare a scopo solidaristico. Questo —conclude la Cia— permetterebbe di ridare vigore a listini che ogni giorno di più registrano forti cadute.

 

Gigi Pellissier

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