La bella addormentata
Vicende e contraddizioni della presenza italiana nel mondo.

Maxfield Parrish. Sleeping beauty. - 1912.

22 luglio 2009. - L'Ammiraglio Monassi, Capo di Stato maggiore della Marina negli anni '80, di famiglia veneto-giuliana, come Lidia Bastianich, mi raccontava questa storia. Suo nonno era anche lui un ufficiale della marina di guerra che aveva combattuto nella battaglia di Lissa dalla parte degli austriaci. (1866, Terza Guerra d'Indipendenza: la marina austro-ungarica sconfigge la marina italiana).

L'Italia ha solo sei anni, la capitale è a Firenze,  perché a Roma c'è ancora il Papa e Venezia, Trieste, Pola, Spalato e Ragusa sono state regalate da Napoleone all'Austria. Si dà il caso che la lingua della marina austro-ungarica fosse necessariamente l'italiano (o, meglio il veneziano-istriano), che era la lingua franca di tutte le marine del Mediterraneo, non esclusa la marina turca. La marina austro-ungarica era formata da italiani delle Venezie e della Dalmazia.  Anche la flotta italiana parla ital iano, con accento genovese e napoletano, ma Vittorio Emanuele II parla francese e fa errori quando scrive in italiano.

È la flotta di Genova e di Napoli, (conquistata da Garibaldi e regalata a Vittorio Emanuele solo sei anni prima). Il comandante napoletano ed i suoi ufficiali genovesi,  seppur valorosi,  non s'intendono ancora bene, si imbrogliano e vengono sconfitti. Del resto anche i generali  Cialdini e La Marmora a Custoza si fanno i dispetti e riescono a perdere una battaglia già vinta. Succede.

Mi raccontava, dunque, l'Ammiraglio Monassi , che suo nonno, parlando di Lissa , dove aveva combattuto , diceva: " Comunque, gliene abbiamo date a quei genovesi!"

Come vedi ci sono due storie. In una, i bravi italiani, figli di una gloriosa nazione, combattono per liberare Venezia ed i Veneziani dal giogo straniero. Ed è sacrosanto e vero. In un'altra, genovesi e veneziani, da secoli nemici, si affrontano come meglio non potrebbero fare, gli uni con un tricolore recentemente copiato dai francesi, gli altri con la bandiera del Sacro Romano impero degli Asburgo.

Ed anche questa versione non fa una piega. E tu vedi i fatti secondo gli occhiali che inforchi. Se metti gli occhiali del mito nazionale, la versione esatta è la prima. Se inforchi gli occhiali della cultura europea fino al 1793, è esatta la seconda versione.

Perché dico tutto questo? Adesso vedrete!

Fatta l'unità d'Italia, bisogna pagare le spese di tre guerre e, per farlo, si adopera il sistema già usato dai francesi: si vendono i beni della Chiesa. In Italia prendono la terra e la vendono a basso prezzo ad un ceto conservatore che non sa utilizzarla per una agricoltura moderna. Quando va bene arrivano a fare una mezzadria parassitaria, quando va male la trasformano in latifondo. E quelli che su quella terra ci vivevano, li sbattono fuori d'Italia. La cosiddetta riforma agraria si farà in Italia solo nel 1950 !

Nel frattempo dall' Italia se ne sono andati milioni di abitanti. Dopo l'Unità nazionale se ne vanno in dieci milioni, su una popolazione di 34 milioni. Altre ondate importanti se ne vanno, dopo la prima guerra mondiale (nonostante che la terra fosse stata promessa nelle trincee) e dopo la seconda guerra mondiale, in cui siamo entrati a piedi pari, dichiarando guerra agli Stati Uniti , senza che nessuno ce lo avesse chiesto.

È nata così un'altra Italia sparsa per il mondo.

La cosa straordinaria è che questa comunità dispersa, disperatamente innamorata della Patria, si è identificata proprio nel suo cibo e mangiare: la pasta a tavola è stato il loro segno di riconoscimento. E' stato anche un tesoro culturale che tutti i paesi hanno accettato e fatto proprio.

Finalmente l'Italia ufficiale se ne accorge. Ma né i produttori italiani che ne hanno beneficiato, né gli organismi internazionali che rappresentano l'Italia hanno l'atteggiamento giusto nei confronti di questa che io definisco la più grande impresa italiana del secolo scorso.

I produttori, invece di ringraziarci, ci hanno sempre criticato. A Parma non ci lodavano perché abbiamo trasformato il loro prodotto in una miniera d'oro , ma ci accusavano di cucinare male. E magari di essere promotori del Parmesan, senza accorgersi della contraddizione: in tanto esistono gli imitatori, in quanto qualcuno ha creato una fama mondiale a qualche cosa. Promuovendo il Parmigiano in tutto il mondo abbiamo creato una fama che gli imitatori sfruttano. Ma a Parma non lo hanno mai voluto riconoscere e non hanno mai accettato di fare un comune programma per la difesa del prodotto genuino. Io dicevo: la frontiera del Parmigiano è la soglia del Ristorante italiano: difendiamola insieme.

Quando facemmo l'Insegna del Ristorante Italiano che aveva un disciplinare severo sull'uso dei prodotti, la Federalimentare partecipò al lavoro per creare quelle regole, ma poi si dissociò e non volle firmare l'insegna, per paura di dover pagare qualcosa in una iniziativa che difendeva il prodotto italiano ( ed i loro guadagni).

Un Ristoratore di New York mi disse: " Quando io trovo un buon vino e lo lavoro, lo faccio conoscere, quando torno a comprarlo, mi costa dieci volte di più. Lavoro contro di me". Qual' è la soluzione? E' semplice . Costruisci una impresa che entra in tutta la gestione della filiera. Lidia Bastianich l'ha fatto. Ma per farlo bisogna sapersi associare senza furbizie. Chi è furbo oggi sa che l'onesta e la chiarezza pagano.

Naturalmente questo significa passare dall'orgoglio della cucina all'orgoglio di impresa. Non siete più soltanto degli esercenti artigianali, ma una impresa collettiva sul mercato. Avete tutto quello di cui c'è bisogno per farlo, dal commercialista, all'avvocato, alla conoscenza del mercato, ai capitali. Vi manca soltanto la capacità di stare assieme. Di organizzarvi e di pensare come una impresa collettiva, fondata sulla stima reciproca e sulla correttezza. Vi manca un Club, per coltivare l'amicizia e la fiducia reciproca, come fanno i Rotariani. Quel Club potrebbe essere Ciao Italia. Ho scritto al Ministro che molte delle iniziative che si prevedono, corsi , promozioni, campagne collettive, voi le potreste gestire direttamente sul vostro mercato, che conoscete meglio di qualsiasi altro.

Hai saputo che Barilla  si sta facendo la sua associazione di chef col nome di Accademia Barilla? Non ti dice niente? Dal suo punto di vista è giusto. Dopo aver speso un sacco di miliardi per entrare sul mercato può prendervi uno alla volta senza preoccupazioni. La pasta Barilla voi l'avete già fatta conoscere. Adesso può vendervi anche il vino con la sua etichetta, dal momento che voi  non lo avete voluto o saputo fare.

Ho scritto un mese fa una provocazione a propositi dei Consolati Italiani che chiudono: "Dateli a noi, ce li gestiamo da soli!". Nessuno è insorto. Nessuno si è scandalizzato. Nessuno ha detto :"Magari". La Grande Italia dei 250 milioni di Italiani fuori d'Italia potrebbe chiamarsi la Bella Addormentata. Sono cento anni che dorme nella sua Foresta Incantata.

 

(Bartolo Ciccardini | News ITALIA PRESS)