ADELAIDE, 28 settembre 2006. - La pausa estiva ha consentito all’On. Marco Fedi ed al Sen. Nino Randazzo, eletti rispettivamente alla Camera ed al Senato per la ripartizione Africa, Asia, Oceania e Antartide, di incontrare le comunità italiane di Adelaide, Perth, Canberra e Sydney dove, tra l’altro, hanno incontrato esponenti del mondo politico australiano.

Alla ripresa dell’attività parlamentare Frank Barbaro ha intervistato il deputato per Nuovo Paese, periodico che dirige ad Adelaide, per sentire le sue opinioni sulla politica estera italiana e sulle attenzioni del Governo verso i connazionali nel mondo. Di seguito il testo integrale dell’intervista.

"D. La politica estera italiana e l’intervento in Libano: non sono mancati dubbi e polemiche. Qual è l’atteggiamento delle comunità italiane in Australia e del mondo politico australiano?

R. Il voto alla Camera sulla missione in Libano, con l’approvazione a larghissima maggioranza, ha chiarito ogni possibile dubbio. Forse non placherà le polemiche. Continuo a ripetere che l’Italia ha affermato continuità per quanto riguarda l’impegno internazionale – cioè la volontà dell’Italia di essere protagonista nelle iniziative di peacekeeping – e discontinuità invece nelle scelte di politica estera: profondamente legate al ruolo dell’Unione europea, alle decisioni assunte in sede di Nazioni Unite e distinte dalle iniziative unilaterali. Sono convinto che l’Italia svolga questo ruolo con grande senso di responsabilità attraverso l’azione coerente del Ministro degli Esteri Massimo D’Alema e di tutto il Governo Prodi.

Le comunità italiane nel mondo, proprio perché in qualche misura si sentono già "protagoniste di una visione sopranazionale della politica estera" rispondono positivamente al ruolo di rilievo che l’Italia ha assunto in Libano e nel processo di stabilizzazione e di pace in medio oriente.

Il mondo politico australiano ha sempre apprezzato e rispettato il ruolo svolto dall’Italia, dai tempi dell’intervento a Timor Est. Oggi apprezza la chiarezza della nostra politica estera e, pur nella diversità delle valutazioni sull’intervento in Iraq, valuta positivamente l’azione in Libano e la ricerca di soluzioni multilaterali. L’Australia e tutto il sud est asiatico, anche alla luce dei più recenti fatti in Indonesia e Thailandia, hanno bisogno di un ruolo significativo dell’Italia, nell’Unione Europea e nel contesto delle Nazioni Unite.

Ritengo che sia sempre utile riflettere a livello politico e nella società civile sulla validità delle scelte fatte. Ed è necessario che la classe politica e dirigente si interroghi continuamente sulla permanenza dei nostri militari nelle diverse aree del mondo.

D. La legge di bilancio è prossima al varo. I tagli ai ministeri colpiranno anche gli Esteri. Quale azione state intraprendendo?

R. Abbiamo segnalato, in una serie di incontri con esponenti del Governo, le nostre esigenze. Non abbiamo parlato solo di mantenimento dell’entità degli attuali capitoli di bilancio. Da un lato, consapevoli della gravità della situazione economica e di bilancio, ci accingiamo a presentare proposte "ragionevoli".

Abbiamo la consapevolezza che i capitoli di bilancio del Ministero degli Affari Esteri sono bloccati da anni e quindi inadeguati a soddisfare la richiesta crescente di lingua e cultura, di assistenza, di risorse ai Comites e di servizi consolari. Con alle porte poi i nuovi, necessari, interventi come l’assegno sociale. Occorre sostenere quanto meno il mantenimento dell’entità degli attuali capitoli e garantire che non vi siano tagli indiscriminati ai capitoli di bilancio che riguardano le nostre comunità all’estero.

Abbiamo sollevato alla Camera la questione della "no tax area" in un ordine del giorno che ha ottenuto il parere favorevole del Governo e presenteremo proposte di emendamento qualora la soluzione data al problema non sia soddisfacente. Riproporremo poi la sanatoria sugli indebiti INPS.

Ascolteremo su questi punti il Consiglio Generale degli Italiani all’Estero, che è chiamato a dare un parere formale, e che potrà anche indicare a Governo e Parlamento le priorità nel settore delle riforme. Riforma della legge 153/71, riforma degli Istituti di Cultura, riforma del Cgie, modifiche alla legge sulla cittadinanza.

D. Partiamo dal CGIE. Dimissioni non dimissioni, riforma o continuità. Come credi vada collocato il dibattito.

R. Credo che il CGIE debba continuare a lavorare. La riforma, per la quale si lavorava già, nasce da esigenze sostanziali, non legate strettamente al fatto che ora abbiamo una rappresentanza parlamentare. L’esigenza di garantire strumenti di analisi, conoscenza e comprensione delle nuove dimensioni dei fenomeni migratori – processi di integrazione, diritti di cittadinanza, internazionalizzazione – e di conseguente adozione di linee programmatiche e di proposta da sottoporre all’attenzione di Governo e Parlamento, che siano efficaci e consentano a tutti i soggetti – Stato, Regioni, Province autonome e Consiglio stesso – di poter dare un contributo tangibile e di svolgere una reale azione di coordinamento.

Allo stesso tempo il collegamento con la rappresentanza parlamentare, con il Governo, con le autonomie locali e con tutte le altre amministrazioni dello Stato, va ripensato per migliorarne l’impianto politico, strategico e comunicativo. In questo contesto le dimissioni – subito o a dicembre, dal Consiglio o solo dalle cariche – mi pare secondario. Concordo invece sulla necessità che, comunque, si garantisca al CGIE di riprendere l’attività dopo la pausa forzata a cui è stato costretto e che, collegialmente, si proponga un percorso di rafforzamento di questo organismo.

D. Il tema della cittadinanza è stato al centro dell’attenzione del Governo per ridurre i tempi per l’acquisto della cittadinanza italiana da parte degli immigrati. Come pensi si possa affrontare il tema del riacquisto per gli italiani all’estero?

R. Quando il provvedimento arriverà in Parlamento proporremo un emendamento, da discutere tra tutti i Parlamentari eletti all’estero, che cerchi di raccogliere le istanze più urgenti, quali appunto il riacquisto per chi si è naturalizzato prima del 1992 e non ha potuto utilizzare la norma transitoria sul riacquisto decaduta nel 1997 e la piena parità uomo/donna ai fini della trasmissione della cittadinanza per nascita.

Il tema della cittadinanza richiederà comunque ulteriori approfondimenti poiché sono in atto processi restrittivi – sia in Australia che in altri paesi del mondo – ed occorre comunque porre in termini nuovi l’equilibrio tra jus sanguinis e jus solis.

D. Rai International è avviata verso un processo di cambiamento: in che direzione occorre muoversi?

R. La direzione deve indicarla il Consiglio di amministrazione della Rai. Non perché intendiamo scaricarci da responsabilità ma semplicemente poiché le nostre richieste e proposte sono note. Sono certo che la necessità di far rinascere Rai International sia sentita da tutti, anche da chi al "prodotto" lavora e dedica la propria professionalità. La situazione è oggi intollerabile: il prodotto non è di qualità elevata e si vive una precarietà redazionale, oltre ai ben noti problemi della programmazione. Eppure con tutti i problemi e le carenze strutturali identificate in questi anni, rimane uno strumento importante di informazione e di collegamento con l’Italia.

Le nostre comunità hanno identificato questo strumento come una grande opportunità per conoscere e far conoscere l’Italia: questo spiega anche le firme raccolte in Canada per avere Rai Interntional, le costanti richieste per avere il segnale in altre parti del mondo ed anche le forti critiche relative alla qualità dei palinsesti ed agli orari delle programmazioni. Anche le critiche sono utili a far capire l’importanza che Rai International riveste.

Credo sia indispensabile un richiamo: la riforma di Rai International, o la sua rinascita, non può trasformarsi in una riduzione degli strumenti già esistenti, in altre parole nella cancellazione o nel ridimensionamento di Rai News 24 e Rai Educational. Analogamente, prima di passare ad una nuova Rai International, occorre avere identificato risorse, strutture redazionali e tecniche, palinsesti e programmazione. Le comunità italiane nel mondo hanno atteso per molti anni questo momento: non possiamo rischiare di fallire. Poi è evidente che nell’avviare un percorso di riforma di Rai International sarà necessario assicurare il necessario equilibrio tra news, intrattenimento/varietà e fiction, oltre a puntare su sottotitoli e uso di altre lingue".