Pensioni, le nuove norme
Si apre un esodo per legge. Molte incertezze.

Si apre un esodo per legge. Molte incertezze.29 luglio 2009. - Approvato ieri dalla Camera, passa ora all’esame del Senato il Decreto anti crisi, dove dovrebbe essere approvato senza modifiche. Infatti le correzioni ritenute necessarie dopo gli interventi del Quirinale, preannunciate anche dal Premier, saranno introdotte con un Decreto Legge ad hoc. Il testo licenziato ieri dalla Camera, presenta una serie di provvedimenti in larga parte già delineati in sede di esame in Commissione e di discussione fuori e dentro il Parlamento. Anche per quanto attiene ai trattamenti pensionistici, sono state confermate le due novità ampiamente annunciate. La prima riguarda la pensione di vecchiaia delle donne, per le quali era stata fin qui conservata la facoltà di chiedere il pensionamento per vecchiaia al compimento del sessantesimo anno di età. Il testo approvato conferma la riforma e pertanto dal 1.1.2010 la pensione di vecchiaia per le donne scatterà a 61 anni con gradini di un anno di aumento ogni due anni:

2010 = a 61 anni                        2012 = a 62 anni                2014 = a 63 anni

2016 = a 64 anni                        2018 = a 65 anni

Ma ci ulteriori novità in arrivo che interessano tutti, uomini e donne pubblico e privato. Infatti è stata delineata un’altra riforma relativa all’età pensionabile, elaborata dal Ministro Sacconi, ovvero a far data dal 2015, al fine di adeguare l’età di pensionamento alla aumentata speranza di vita, le finestre di uscita verranno spostate in avanti di qualche mese, con revisione ogni 5 anni. E’ già previsto che dal 1 gennaio 2015 le finestre di sposteranno di tre mesi. Successivamente si procederà ad una ulteriore revisione nel 2020 e via di seguito. L’aumento da applicare, risulterà da un meccanismo “automatico” che si basa sulle indicazioni dell’Istat e di Eurostat, che certificheranno l’aumento delle aspettative di vita.

In pratica, per fare un esempio, chi avrebbe acquisito il diritto alla pensione di vecchiaia con il compimento di 65 anni dopo il 1.1.2015, supponiamo il 1° aprile 2015, maturerà il diritto a pensione il 1 luglio 2015. Ma non è finita qui perché dovrà ancora attendere la finestra di uscita prevista dalla riforma Prodi, ovvero dalla Legge 247 del 2007, e pertanto potrà lasciare il lavoro solo il 1 gennaio del 2016. Di contro, con una norma che poco educatamente viene definita in gergo “rottamazione statali”, è stato chiarito che i pubblici dipendenti che hanno maturato 40 anni di contributi, compresi i figurativi, potranno essere collocati a riposo, salvo il preavviso di 6 mesi, anche nel caso in cui non abbiano maturato l'età anagrafica per la pensione di vecchiaia. Da questa normativa sono esclusi i magistrati, i professori universitari ed i medici primari.

Questa disciplina era stata introdotta già dal Decreto 112/08, ma nell’applicazione pratica erano insorti dubbi circa la validità dei così detti contributi figurativi ai fini del raggiungimento dei 40 anni di contribuzione effettiva. In pratica, gli impiegati che raggiungevano i 40 anni includendo nel calcolo il periodo del servizio militare o quello degli studi universitari riscattato ai fini pensionistici, si opponevano al pensionamento coatto, invocando il fatto che la norma non prevedesse esplicitamente l’inclusione nel calcolo dei suddetti periodi. Alcune Amministrazioni avevano adottato il criterio inclusivo, altre l’opposto criterio che escludeva dal calcolo detti contributi figurativi. La vicenda aveva creato un certo contenzioso giurisdizionale.

La nuova normativa, se approvata nel medesimo testo, non lascerà spazio ad interpretazioni di comodo o soggettive. Infine, annotiamo che l’unico limite che resta invariato è quello di 40 anni di contribuzione, che da diritto al trattamento di quiescenza, con l’applicazione delle finestre di uscita attualmente previste dalla riforma Prodi. A questo punto è naturale chiedersi se con l’aumento dell’età media anagrafica, anche questo limite non sarà rivisto. Non si ferma dunque il lungo e gravoso cammino delle riforme pensionistiche. E pensando a chi qualche lustro fa, è andato in pensione con 14 anni 6 mesi ed 1 giorno di servizio (donne con figli) o 19 anni 6 mesi ed 1 giorno, compresi gli anni di studi universitari riscattati, si ha la sensazione di pagare oggi il conto di un banchetto al quale non abbiamo partecipato.

L’incedere delle riforme da la misura di quanto miope e scioccamente populista sia stata la politica italiana del consociativismo come principio assoluto, della concertazione ad ogni costo, delle coalizioni tenute insieme solo dal comune interesse per le poltrone, per le prebende di Stato, per lo sfruttamento della politica come mezzo del potere fine a se stesso, che volendo produrre solo consenso, ha finito per creare danni che si allungano come ombre nefaste sul futuro di tutti i lavoratori.

 

(Siciliainformazioni)