Capirossi: "Le nuove 800 volano, colpa della Superbike"

«Altro che maggior sicurezza,
Ma i prototipi non possono essere più lenti delle derivate»

5 marzo 2007. - Prima o poi anche lui deciderà di appendere il casco al chiodo. Per il momento, però, almeno per quest’anno, Loris Capirossi sarà ancora tra i protagonisti del motomondiale. Questa mattina partirà per Losail, in Qatar, dove sabato ricomincerà la sua sfida a quel titolo iridato della MotoGp che ancora manca nel suo palmarès.

Capirossi, 33 anni, 18 dei quali passati nel motomondiale. Quasi un record.

«Che non mi pesa affatto. E’ come se facessi tutto per la prima volta: la voglia è la stessa, identici gli stimoli e il desiderio di vincere».

Quest’anno, poi, è come ricominciare da capo, con le nuove moto da 800 cc. Se le aspettava così veloci?
«Onestamente no. E non solo io. Tutti noi della MotoGp ci eravamo fatti un’idea diversa. Pensavamo che le nuove 800 con meno potenza, meno cavalli, meno coppia, sarebbero state più lente. Figuratevi la faccia che abbiamo fatto quando siamo andati tutti più veloci che con le 1000».

Ma se l’idea era quella di aumentare la sicurezza, l’obiettivo è miseramente fallito.

«Fallito è una parola grossa. Di sicuro, però, non è migliorato. Diciamo che, rispetto al 2006, siamo allo stesso punto. Dovremo essere noi piloti a dover intervenire per migliorare la sicurezza nei circuiti. L’evoluzione tecnica è continua, non puoi fermare il progresso. Bisognerà pensare a qualcosa di radicale».

In che senso?

«La mia idea sarebbe quella di costruire moto da 500 cc quattro tempi. E a quel punto si andrà tutti più piano per forza. C’è però un problema: la competizione sempre più accesa tra MotoGp e Superbike. E la MotoGp non può permettersi di costruire prototipi che vadano più piano di moto derivate dalla serie».

Non resta allora che mettere mano ai circuiti.

«Sì, ma occorre del tempo e risorse economiche non indifferenti. Faccio parte della Safety Commission, so io quanto abbiamo migliorato le piste in questi anni. E’ la politica dei piccoli passi: spazi di fuga, raggio delle curve, asfalto, erba, la ghiaia per attutire le cadute. Non sono cose che si possono fare in un minuto, la nostra fortuna è che tutti i responsabili hanno capito la necessità di intervenire».

Ma allora che mondiale ci dovremo aspettare quest’anno?

«Bello, appassionante e assolutamente aperto. Dire oggi chi potrà vincere il titolo è impossibile. E non sono d’accordo con chi afferma che è una faccenda privata tra Pedrosa e Valentino. Primo perché la Honda non può aver già scelto chi privilegiare tra lo spagnolo e Hayden, che non dimentichiamo è il campione in carica. Poi perché ci sono io, con una gran voglia di vincere: non so quanto andrò ancora avanti, il tempo corre, meglio fare in fretta. E poi ci sono piloti come Melandri, Edwards, Stoner: gente tosta, mica statuine».

Per la sua Ducati, ancora una volta, l’incognita pneumatici. Le Bridgestone da qualifica non sono performanti.

«Diciamo che la vera sorpresa sono le Michelin. I francesi hanno preparato gomme sensazionali e addirittura delle anteriori da qualifica, cosa mai vista prima. Anche Bridgestone si sta attrezzando in questo senso, siano ancora indietro. Mi conforta che le nostre coperture da gara siano invece competitive: qui il gap con i francesi è meno evidente».

Due gare e poi diventerà papà.

«Sensazione stupenda, l’arrivo di Riccardo è previsto per i primi di aprile, avrò il tempo di tornare a Montecarlo da Jerez: sarò in sala operatoria ma niente paura e niente svenimenti: l’ho promesso a Ingrid e ai medici».

A proposito di paura: cos’è per lei, abituato a velocità folli?

«E’ una cosa con la quale mi sono abituato a convivere. C’è, esiste anche per me, ma non prende mai il sopravvento. Quando lo farà, sarà arrivato il momento di smettere. Andare in moto è una follia calcolata, però non facciamo niente di incredibile».

Diranno di lei: ha avuto la sfortuna di nascere nell’era di Rossi. Come per Claudio Sala con Causio nel calcio o per Gimondi con Merckx nel ciclismo.

«Ma quale sfortuna! Ho vinto 3 mondiali, ho sfidato grandi campioni, ho sfidato e battuto più volte anche il più grande di tutti. Un onore per me, che non conosco l’invidia. E poi faccio un mestiere meraviglioso, ho una moglie magnifica e un figlio in arrivo: la chiamate sfortuna questa?».

 

Da La Stampa.it