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6 dicembre 2011. - Francesca ha 13 anni e ha preso l’influenza, una cosa
banale, ma qualche giorno dopo la ricoverano per polmonite. Trovano un germe
capace di resistere agli antibiotici («Mrsa» dicono i medici, è uno
stafilococco che resiste alla meticillina). Forse Francesca vivrà, ma la sua
vita sarà segnata per sempre da un grave danno ai polmoni. E lo stafilococco
non è il solo, ce ne sono altri di batteri così. Hanno nomi complicati:
Enterococcus faecium, Acinetobacter baumannii, Klebsiella pneumoniae,
Pseudomonas aeruginosas, e tante specie di Enterobacter. Insieme provocano
almeno 40 mila morti all’anno negli Stati Uniti e almeno 10 mila da noi. «Nella
guerra con gli antibiotici finiranno per vincere i batteri», titola «Science»
in una serie recente tutta dedicata ai meccanismi con cui i germi imparano a
resistere agli antibiotici. E il «Lancet» di questi giorni a questi batteri
dedica cinque pagine con un titolo che fa paura: «The crisis of no new
antibiotics ».
Insomma siamo senza antibiotici nuovi, cosa potrebbe succedere? Non lo
sappiamo di sicuro, certo è che l’industria dei farmaci non ha più interesse
a investire in questo settore. Delle quindici grandi compagnie farmaceutiche
che una volta investivano nella ricerca di nuovi antibiotici, otto non se ne
occupano più e altre due hanno ridotto enormemente il loro impegno. Solo
cinque hanno ancora programmi di ricerca sugli antibiotici, GlaxoSmithKline,
Novartis, AstraZeneca, Merck e Pfizer. Perché? Costi troppo alti e ritorni
modesti. Di infezione o si guarisce o si muore e così la cura è per poco, i
farmaci per la pressione alta o il colesterolo invece si prendono per tutta
la vita e rendono molto di più. Intanto i batteri ne inventano una ogni
giorno (per non dire ogni ora, si moltiplicano molto rapidamente e a loro
certe volte bastano 18 ore per sviluppare resistenza).
Hanno imparato presto, fin dagli anni 50, a difendersi dagli antibiotici.
All’inizio sintetizzavano un enzima che si lega alla penicillina e la rende
inoffensiva. E l’industria dei farmaci ha risposto con una penicillina
sintetica, la meticillina, erano gli anni 60 e allora c’era entusiasmo fra
gli scienziati: «Abbiamo vinto noi, finisce l’era degli stafilococchi
resistenti ».Ma poco dopo è arrivato in Europa il primo stafilococco Mrsa
come quello di Francesca, la ragazza dell’inizio di questa storia. Quel
batterio per beffare la meticillina si è preso un gene che blocca il sistema
che usano gli antibiotici per far breccia nella parete dei germi. Lo
stafilococco il gene è andato a prenderselo da certi germi che vivono sulla
cute degli animali, come ci sia riuscito però resta un mistero.
Fino agli anni 80 di stafilococchi Mrsa ce ne erano in giro molto pochi,
forse l’1-2 per cento di tutti gli stafilococchi. Adesso il 70 per cento
degli stafilococchi che circolano negli ospedali sono Mrsa. Il rischio è che
germi così si possano diffondere anche fuori dagli ospedali, negli asili per
esempio, nei centri di accoglienza per gli anziani, fra i militari, nelle
carceri. È già successo. Nel Minnesota nel 1999, quattro bambini hanno avuto
infezioni gravissime da stafilococco Mrsa e sì che nessuno di loro era mai
stato in ospedale. Non basta: nel 2002 si sono cominciati ad isolare ceppi
di stafilococco Mrsa che resistono anche alla vancomicina, l’ultima spiaggia
quando fallisce la meticillina. E non sono solo gli stafilococchi ad aver
imparato a resistere agli antibiotici, il problema è ancora più preoccupante
per quei germi che i medici chiamano gram-negativi. Questi hanno una
membrana molto più spessa e sono molto più difficili da uccidere degli
stafilococchi. Ormai ci sono gram-negativi che hanno imparato a resistere a
qualunque antibiotico. Stanno soprattutto negli ospedali questi germi, ma se
si dovessero diffondere saremmo veramente nei guai. E allora?
Il punto di vista di Joshua Lederberg, un microbiologo che ha avuto il
premio Nobel nel ’59, è che nella lotta ormai impari fra l’uomo e i batteri
«vinceranno i batteri» e così il dominio dell’uomo sulla terra finirà.
Lederberg è morto due anni fa, forse aveva ragione. Abbiamo usato gli
antibiotici inmodo sconsiderato per curare le malattie dell’uomo, ma anche
per allevare gli animali e per le piante. E poi siamo in troppi sulla Terra.
Più si cresce più le condizioni igieniche sono precarie, gli aerei hanno
abbattuto le barriere geografiche. Così i germi vanno da un punto all’altro
della terra nel giro di poche ore, e «chi ci governa non ha la benché minima
percezione del disastro a cui l’umanità sta andando incontro», scriveva
Lederberg.
E allora potrebbe anche succedere quello che già aveva anticipato Jack
London nel suo romanzo La peste scarlatta, pubblicato la prima volta su «The
London Magazine» nel 1912. Una gravissima pestilenza uccide gran parte degli
uomini. I pochi superstiti tornano all’età della pietra, i loro figli, che
ormai vivono di radici e frutti selvatici, si rendono conto di quello che è
successo dai racconti di un vecchio, lui c’era e ricorda tutto. Fantascienza?
Forse, come nel film di Kinji Fukasaku Virus: ultimo rifugio Antartide, un
virus creato in laboratorio che sfugge al controllo degli scienziati e si
diffonde fino a uccidere l’intera popolazione del mondo. O forse no.
(giuseppe remuzzi / corriere.it / puntodincontro)
***
6 de diciembre de 2011. - Francesca tiene 13 años y se enfermó de gripa,
una cosa trivial, pero pocos días después la internan con neumonía.
Encuentran un microbio capaz de resistir a los antibióticos ("MRSA" dicen
los médicos, es un estafilococo que es resistente a la meticilina). Quizás
Francesca sobrevivirà, pero su vida estará para siempre marcada por un daño
pulmonar severo. Y el estafilococo no es el único: hay otras bacterias.
Tienen nombres complicados: Enterococcus faecium, Acinetobacter baumannii,
Klebsiella pneumoniae, Pseudomonas aeruginosas, y muchas especies de
Enterobacter. En conjunto causan al menos 40 mil muertes al año en los
Estados Unidos y al menos 10 mil en Italia. "En la guerra con los
antibióticos ganarán las bacterias" es el titular de la revista "Science" de
una reciente serie dedicada por completo a los mecanismos por los cuales los
gérmenes aprenden a resistir a los antibióticos. Y la revista "Lancet" de
estos días dedica cinco páginas a estas bacterias con un título que da
miedo: "La crisis provocada por la falta de antibióticos nuevos" (The crisis
of no new antibiotics).
En pocas palabras, no tenemos nuevos antibióticos. ¿Qué podría pasar? No
sabemos a ciencia cierta, lo cierto es que la industria farmacéutica no
tiene interés en invertir en este sector. De las quince principales
compañías farmacéuticas que una vez invertían en el desarrollo de nuevos
antibióticos, ocho ya no lo hacen y dos más han reducido significativamente
su esfuerzo. Sólo cinco tienen todavía programas de investigación:
GlaxoSmithKline, Novartis, AstraZeneca, Merck y Pfizer. ¿Por qué? Costos
demasiado altos y bajos rendimientos. De una infección o te curas o te
mueres, por lo que los tratamientos duran poco tiempo. Los medicamentos para
la presión arterial alta o el colesterol, en cambio, se toman durante toda
la vida y generan ganancias mucho mayores. Mientras tanto, las bacterias se
las arreglan todos los días (por no decir cada hora: se multiplican muy
rápidamente y a veces 18 horas son suficientes para desarrollar un cierto
nivel de resistencia).
Aprendieron pronto, desde los años 50, a defenderse de los antibióticos.
Al principio sintetizaban una enzima que se une a la penicilina y la vuelve
inofensiva. Y la industria farmacéutica respondió con una penicilina
sintética, la meticilina. Estábamos en los años 60 y hubo entusiasmo entre
los científicos: "Ganamos, pusimos fin a la era de los estafilococos
resistentes". Sin embargo, poco después llegó a Europa, el primer
estafilococo MRSA, como el de Francesca, la chica del inicio de esta
historia. Esa bacteria para burlarse de la meticilina tomó un gen que
bloquea el sistema que usan los antibióticos para romper la pared de los
gérmenes. Fue a buscarlo a partir de ciertos gérmenes que viven en la piel
de los animales. Cómo lo hizo, sin embargo, sigue siendo un misterio.
Hasta los años 80 había muy pocos estafilococos MRSA, tal vez el 1-2 por
ciento de todos los estafilococos. Ahora el 70 por ciento de los
estafilococos que circulan en los hospitales son MRSA. El riesgo es que los
gérmenes de este tipo pueden propagarse también fuera de los hospitales, en
los jardines de infancia, por ejemplo, en los centros de asistencia para las
personas mayores, entre los militares, en las cárceles. Ya ha sucedido. En
Minnesota en 1999, cuatro niños tuvieron graves infecciones provocadas por
un estafilococo MRSA y ninguno de ellos había estado en un hospital. En 2002
se empezaron a aislar cepas de estafilococos MRSA resistentes incluso a la
vancomicina, el último recurso cuando falla la meticilina.
Y no sólo los estafilococos han aprendido a resistir a los antibióticos,
el problema es aún más preocupante para los gérmenes que los médicos llaman
bacterias gram-negativas. Estas tienen membranas mucho más gruesas y son
mucho más difíciles de matar que los estafilococos. Ya hay bacterias gram-negativas
que han aprendido a resistir a cualquier antibiótico. Estos gérmenes se
encuentran especialmente en los hospitales, pero si llegaran a propagarse
estaríamos verdaderamente en problemas. ¿Y ...entonces?
El punto de vista de Joshua Lederberg, un microbiólogo que obtuvo el
Premio Nobel en el '59,es que en la lucha entre el hombre y las bacterias
"va a ganar las bacterias", y así el dominio del hombre sobre la tierra se
acabará. Lederberg falleció hace dos años, tal vez tenía razón. Hemos
utilizado antibióticos para tratar las enfermedades del hombre de manera
imprudente, pero también para criar animales y plantas. Y además somos
demasiados en la Tierra. Cuanto más crecemos más precarias se vuelven las
condiciones higiénicas y los aviones han roto las barreras geográficas. Así
que los gérmenes van de un punto a otro en la tierra en pocas horas y "los
que nos gobiernan no tienen la más mínima percepción de la catástrofe a la
que la humanidad se enfrenta", escribió Lederberg.
Y también podría ocurrir que lo que Jack London ya había anticipado en su
novela La Peste Escarlata, publicado por primera vez en el "London Magazine"
en 1912. Una gravísima plaga mata a la mayoría de los hombres. Los pocos
supervivientes regresan a la edad de piedra, sus hijos, que sobreviven a
base de raíces y frutos silvestres, se dan cuenta de lo que ha sucedido a
través de la historia de un anciano, que estaba allí y lo recuerda todo.
¿Ciencia ficción? Tal vez, como en la película de Kinji Fukasaku "Virus:
último refugio en la Antártida", un virus creado en un laboratorio escapa
del control de los científicos y se extiende hasta matar a toda la población
del mundo. O tal vez no.
(giuseppe remuzzi / corriere.it / puntodincontro) |
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