Il lago tossico è "anticancro"

Il lago più tossico al mondo potrebbe essere sfruttato nella lotta contro i tumori.

Berkley Pit Lake.10 giugno 2010. - Butte (Montana), un tempo considerata la collina più ricca al mondo, ospita oggi il Berkley Pit Lake, nientepopodimenoche il lago più tossico del pianeta. Si estende per circa 2 chilometri e possiede un’acqua molto acida (pH 2,5) e rossa a causa dell’elevata presenza di rame e ferro.

La sua acqua è così “caustica” che corroderebbe la bocca ancor prima di riuscire a entrare nel flusso ematico e avvelenare l’individuo.

Pare persino che la sola vicinanza al lago possa creare effetti indesiderati: in breve tempo si avrebbe secchezza cutanea, bruciore oculare e persino i vestiti si macchierebbero irrimediabilmente.ome può esistere in natura un lago così pericoloso? La risposta è semplice. Questo lago non esiste in natura: è artificiale. Si è originato in seguito a scavi minerari di diversi metalli guidati dall’Anaconda Mining Company che estraeva, udite udite, ben 17.000 tonnellate di rame ogni giorno. Purtroppo, negli anni ‘50, i lavori divennero troppo costosi e si decise di creare miniere a cielo aperto. Per fare tutto questo, è ovvio, è stato necessario rimuovere la parte alta delle colline.

È stato proprio questo lavoro che ha fatto sì che l’acqua sotterranea cominciasse a riempiere pian piano la miniera. Per correre ai ripari ed evitare che tutto si allagasse sono state installate pompe di estrazione dell’acqua. Andò tutto bene fino al 1983, tempo in cui la miniera si esaurì totalmente e Anaconda decise di lasciare tutto com’era (con un buco di ben 500 metri di profondità) spegnendo le pompe che estraevano l’acqua. Ecco che quest’acqua che risaliva in superficie era ricca di tutti i metalli pesanti presenti nella ex miniera. Oggi Berkeley Pit Lake contiene ben 140 milioni di litri di acqua “metallica”.

Acqua in cui non può sopravvivere nessun animale, vegetale o microrganismo marino a eccezione degli estremofili. Tra questi vi sono gli Euglena mutabilis, dei protozoi che aumentano i livelli di ossigeno nell’acqua per mezzo della fotosintesi e, al tempo stesso, ossidano i metalli disciolti nell’acqua facendoli precipitare. E per finire in bellezza, assorbono persino il ferro e lo immagazzinano nei loro corpi.

Beati loro che riescono a sopravvivere in un posto così… direte voi. E invece no: perché anche gli esseri umani potrebbero beneficiarne dato che, grazie a loro, potrebbe essere creato un nuovo metodo per la lotta contro il cancro. Alcuni di essi producono, infatti, componenti chimici attivi contro le cellule tumorali come il berkeleydione che sembra essere in grado di rallentare lo sviluppo del cancro ai polmoni. L’acido presente nell’acqua, invece, sembra essere attivo contro il cancro delle ovaie.

In seguito a dei campioni prelevati una decina di anni fa in un pozzo si è constatato che il berkeleydione proviene da una specie di Penicillium - funghi che tutti conosciamo per l’utilizzazione di alcune specie da cui si ricavano le penicilline (antibiotici) - questi sono serviti per inibire il carcinoma polmonare non a piccole cellule (NSCLS). Ma il berkeleydione trovato nel lago di Berkley sembra essere davvero unico.

Da alcuni esperimenti risulta che il composto utilizzato per i test, chiamato successivamente acido berkelic, svolge un’attività selettiva contro le cellule del cancro ovarico OVCAR-31. (1)

«Inizialmente la reazione con il composto era: ‘Beh,Ok, questo è interessante’» afferma Andrea Stierle del dipartimento di Chimica dell’Università del Montana «Ma dopo, quando abbiamo ripetuto l’esperimento, è stata: ‘Wow! Forse è molto meglio di quanto pensassimo’». Andrea Stierle chiamò questo estratto Acido Berkelic.

Trovare un prodotto attivo contro il cancro o che possiede azione inibitoria delle cellule tumorali sarebbe un trionfo ma la ricerca è solo all’inizio. «La maggior parte dei composti antitumorali sono fondamentalmente sostanze chimiche velenose» afferma Stierle.

«Stiamo cercando di provare che attraverso l'individuazione di composti che inibiscono enzimi particolari, possiamo creare farmaci con attività antitumorale selettiva».

Gli esperimenti di Stierle sono ancora da confermare e non si sa con certezza se questi porteranno davvero a un prodotto anticancerogeno. «Abbiamo bisogno di un partner» aggiunge Stierle «Non abbiamo un laboratorio abbastanza grande per fare sperimenti su larga scala».(lm&sdp)

 

Source : Wired Magazine

(1) Dipartimento di Chimica, Montana Tech di The University of Montana, Butte, Montana 59.701, USA

 

(La Stampa)

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