Protetti al sole: attenti ai raggi
che filtrano dall'ombrellone

Oltre un terzo delle radiazioni oltrepassa la tela dei parasole: ecco perché ci si scotta anche stando all'ombra, soprattutto se gli UV riflettono su neve, acqua o sabbia.

 

10 agosto 2010. - Tenetevi cara la pelle anche quando vi sedete all’ombra. Le radiazioni solari, si sa, passano pure attraverso la stoffa dei vari tipi di parasole comunemente usati sulle spiagge o in giardini e terrazze. Ora un team di ricercatori dell’Università spagnola di Valencia ha quantificato la dose di raggi che riesce a raggiungere l’epidermide mentre ci si accomoda al fresco. Secondo quanto pubblicato in uno studio apparso di recente sulla rivista scientifica Photochemistry and Photobiology, infatti, ben il 34 per cento degli ultravioletti oltrepassa il tessuto usato come riparo.

LO STUDIO - «Innanzitutto bisogna distinguere fra la luce che arriva direttamente dal sole e la radiazione diffusa che penetra dai lati – spiega José Antonio Martínez-Lozano, coautore della ricerca -. Con il nostro lavoro abbiamo dimostrato che gli ombrelloni intercettano la prima, ma che più di un terzo della seconda (il 34 per cento) arriva sul terreno coperto dalla circonferenza del parasole». Per le loro misurazioni gli scienziati spagnoli hanno posizionato dei sensori per raggi UV alla base dei classici ombrelloni in tela a righe bianche e blu, alti un metro e mezzo e con una circonferenza di 80 centimetri. Sono così riusciti a rilevare che il sistema funziona alla perfezione per la luce diretta (che riesce a filtrare attraverso la tela solo in piccolissima parte, intorno al 5 per cento), mentre le radiazioni diffuse penetrano attraverso i lati. E se si tiene conto del fatto che i sensori posizionati sono rimasti immobili, quando invece le persone cambiano posizione fra sedute e sdraiate, la percentuale di luce solare che colpisce la pelle potrebbe anche essere superiore. «Speriamo - concludono gli autori - che questa scoperta aiuti a comprendere meglio lo sviluppo di quei tipi di cancro alla pelle che sono legati all’esposizione solare e la connessione con altre patologie cutanee».

AMICO SOLE - «È noto da molto tempo che ci si abbronza anche stando all’ombra - ricorda Torello Lotti, dermatologo e presidente SIDeMaST (Società italiana di dermatologia medica, chirurgica, estetica e delle malattie sessualmente trasmesse). Ma non tutti sanno che ci si può anche ustionare se si ha un fototipo chiaro (1 o 2) e se gli UV riverberano in maniera sufficiente dall’ambiente circostante. Come avviene, ad esempio, sulla neve, su sabbie molto chiare e - ancora peggio - su specchi d’acqua riflettenti i raggi». Sia ben chiaro, però: prendere il sole non è proibito. Anzi, il sole è amico della nostra salute e la carenza di vitamina D (che l’organismo sintetizza in gran parte proprio grazie all’azione dei raggi ultravioletti assorbiti dalla pelle) è connessa a molte patologie, come le malattie auto-immuni, le infezioni, i disturbi cardiovascolari e persino i tumori. Il pericolo, semmai, sono le esposizioni intense su aree del corpo poco abituate al sole e le scottature ripetute, in particolare nei più piccoli. I consigli degli specialisti sono sempre gli stessi: chi ha pelle molto chiara dovrebbe ripararsi anche con abiti e cappelli. Per tutti, poi, è importante usare occhiali da sole e creme, evitare le ustioni e le ore più calde del giorno. «Insomma - conclude Lotti -, fra le varie cose, ricordate di mettere in valigia creme protettive e… buon senso».

 

(Corriere della Sera - Vera Martinella

(Fondazione Veronesi)

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