Aids,
nuovi dati dal vaccino italiano

Agisce colpendo la proteina Tat, che si trova all'interno del virus Hiv:
è il motore che gli permette di replicarsi.

 

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12 novembre 2010. -  Aiuta e rigenera il sistema immunitario il vaccino terapeutico contro l'Aids messo a punto in Italia dall'Istituto Superiore di Sanità e giunto alla fase due della sperimentazione. I risultati sono pubblicati sulla rivista Plos One. La sperimentazione, coordinata dal gruppo di Barbara Ensoli, è in corso in 11 centri ed è stata finanziata con 13 milioni.

COME AGISCE - Frutto di una ricerca che ha portato finora a 10 brevetti da parte di una struttura pubblica come l'Iss, il vaccino terapeutico agisce colpendo la proteina Tat, che si trova all'interno del virus Hiv: è il motore che gli permette di replicarsi e diffondersi nell'organismo. «Abbiamo visto che il vaccino arriva dove i farmaci si fermano», spiega la ricercatrice. I farmaci antiretrovirali riducono infatti il numero delle particelle di virus in circolazione, ma non riescono ad azzerarle. Il virus continua a essere presente e si rifugia in "santuari", costringendo il sistema immunitario a un continuo stato di allerta. Il risultato è una vera e propria sindrome, che si manifesta con problemi cardiovascolari, epatici, renali. «Il vaccino - aggiunge Ensoli - sembra riportare il sistema immunitario verso uno stato di equilibrio».

FAZIO: FONDI SI TROVANO - I finanziamenti per portare avanti la sperimentazione del vaccino terapeutico «in un modo o nell'altro si troveranno - ha detto il ministro della Salute Ferruccio Fazio -. La fase due è molto importante e l'avanzamento della sperimentazione che ci sarà porterà a risultati ancora più certi. Bisognerà vedere se a questo aumento di immunogenicità corrisponderà anche la capacità di alleviare i sintomi». Per quanto riguarda i fondi, il ministro ha sottolineato che «non sono mai un problema, non dico che ci siano ma che se una cosa è giusta e fatta bene in un modo o nell'altro si trovano». «È significativo il risultato ottenuto dall'Istituto Superiore di Sanità attraverso una ricerca tutta italiana - ha aggiunto il ministro -. Siamo particolarmente felici che sia stato raggiunto dalla ricerca pubblica con l'appoggio costante di questo Ministero attraverso uno sforzo che ci auguriamo di continuare a sostenere soprattutto nell'interesse dei malati».

AIUTI: «CAUTELA» - Raccomanda cautela l'immunologo Fernando Aiuti, che ha partecipato alla prima fase della sperimentazione. Almeno quattro, secondo l'immunologo professore emerito dell'università La Sapienza, i motivi che impongono prudenza nella valutazione dei dati. «In primo luogo il vaccino è stato inoculato in un gruppo limitato di soggetti e l'effetto è stato ottenuto in sottogruppo di soggetti; inoltre non si rivela alcun potenziamento delle difese immunitarie nelle persone vaccinate e in particolare nei linfociti Cd4, che sono l'unico parametro a livello internazionale ritenuto utile per valutare l'efficacia nella risposta ai farmaci». In terzo luogo, prosegue, «la vaccinazione è stata condotta unitamente alla terapia antiretrovirale Haart, che notoriamente oggi è efficace nella maggioranza dei soggetti e che di per sé induce la ricostituzione immunologica». I risultati, ha detto ancora l'immunologo, «vengono a sei anni dalla fase 1 e finora questo vaccino non ha avuto nessun riconoscimento internazionale né in congressi né in riviste che hanno un alto fattore di impatto». Aiuti rileva infine che «viviamo in un momento di grave crisi economica e di carenza di fondi per la ricerca, e che questo vaccino ha già assorbito enormi risorse negli ultimi otto anni. Consiglio estrema cautela in un investimento in questo senso e di sentire il parere di esperti internazionali per eventuali proseguimenti del lavoro».

COME AGISCE - L'importanza del vaccino sta nel fatto che colpisce il virus Hiv al cuore. Il suo bersaglio è infatti la proteina Tat, il motore molecolare che permette al virus di riprodurre copie di se stesso e di diffondere l'infezione. Contrariamente a molte altre proteine utilizzate come bersaglio negli studi finora condotti sui vaccini, la Tat non si trova sulla superficie del virus Hiv ma al suo interno. Pensando al virus dell'Aids come a un'automobile, si può dire che le proteine di superficie possono cambiare facilmente come il colore della carrozzeria, ma il motore resta sempre lo stesso. La proteina Tat si è infatti conservata nel tempo senza alterare le sue caratteristiche. Nel momento in cui il virus infetta una cellula, comincia a produrre la proteina in abbondanza, dopodiché questa esce dalla cellula e prepara il terreno al virus, aprendogli le porte sulla superficie di altre cellule sane. Il vaccino punta a bloccare l'azione della Tat. Una delle conseguenze osservate nella fase 2 della sperimentazione è che "silenziare" il motore del virus Hiv lascia più tranquillo il sistema immunitario.

IMMUNOATTIVAZIONE - In generale anche quando i farmaci della terapia antiretrovirale altamente aggressiva (Haart) riescono a decimare le particelle di virus Hiv nell'organismo, alcune di esse sfuggono nascondendosi indisturbate nei cosiddetti "santuari" e la loro presenza continua a stimolare le difese immunitarie, facendole funzionare in uno stato di allarme continuo. Questa condizione di perenne allerta, chiamata immunoattivazione, è all'origine di molti disturbi a sistema cardiovascolare, fegato e reni. Il vaccino basato sulla proteina Tat ha dimostrato di riuscire a bloccare l'immunoattivazione, riportando il funzionamento del sistema immunitario in una condizione di equilibrio. Alla fase 2 della sperimentazione, che punta ad arrivare a 160 pazienti, partecipano 11 centri di sei regioni: Piemonte (ospedale Amedeo di Savoia di Torino), Lombardia (istituto San Raffaele e ospedale Sacco di Milano, Spedali Civili di Brescia, San Gerardo di Monza) Emilia Romagna (policlinico di Modena e arcispedale Sant'Anna di Ferrara), Toscana (ospedale S.M. Annunziata di Firenze), Lazio (istituto San Gallicano di Roma e ospedale S.M. Goretti di Latina) e Puglia (policlinico di Bari).

DIECI BREVETTI - Sono dieci i brevetti registrati dall'Istituto Superiore di Sanità nel corso della ricerca sul vaccino. «Sono una proprietà pubblica e permetteranno di accelerare il passaggio dei risultati dal bancone del laboratorio al letto dei pazienti - ha detto il presidente dell'Iss Enrico Garaci -. I brevetti sono proprietà dello Stato e senza di essi non sarebbe possibile portare i risultati ai cittadini perché nessuna industria sarebbe interessata. Il nostro obiettivo è cederli, quando sarà il momento, in vista della commercializzazione del vaccino». È soddisfatto, il presidente dell'Iss, per i dati positivi appena pubblicati dal gruppo coordinato dalla Ensoli. «Le cose da fare sono ancora tante e si procede passo dopo passo», ha aggiunto. Finora sono stati trattati 114 pazienti e l'obiettivo è arrivare a 160. Vanno quindi reclutati i 46 che mancano all'appello e, soprattutto, bisognerà trovare nuovi fondi. La fase 2 della sperimentazione è costata 13 miliardi (su 21 promessi) in tre anni: «Sono tutti fondi pubblici, assegnati dal Ministero della Salute», ha osservato Garaci. Compresa la fase iniziale della ricerca, il vaccino è costato finora circa 20 milioni: «Questa somma sarebbe stata 10 volte superiore se fosse stata l'industria a svilupparla». Ora sono necessari altri soldi per completare questa fase della sperimentazione e poi per verificare come il vaccino agisce in altre situazioni, ad esempio in persone sieropositive asintomatiche o quando la terapia antiretrovirale viene interrotta per brevi periodi.

 

(CORRIERE DELLA SERA)