Arte e bipolarità

Tra chi svolge professioni creative
la percentuale di maniaco-depressivi
è superiore a quella della popolazione generale.

 

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Vincent Van Gogh. Autoritratto.
 

14 settembre 2011. - Un leggero tocco di maniacalità è un ingrediente magico per lo sviluppo della creatività. Diversi studi hanno dimostrato che tra chi svolge professioni creative esiste una percentuale di persone affette da disturbo maniaco-depressivo (talora chiamato anche bipolare) nettamente superiore a quella esistente nella popolazione generale. Un ruolo centrale è giocato soprattutto dagli stati maniacali, caratterizzati da sintomi quali stato d’animo euforico, aumento dell’autostima, pensieri che si succedono rapidamente, scarso bisogno di sonno.

I DATI - Dati statunitensi indicano che tra coloro che svolgono professioni creative la percentuale di maniaco-depressivi è di oltre l’otto per cento, mentre nella popolazione generale è solo dell’un per cento. D’altra parte, è stato scoperto che circa l’otto per cento delle persone affette da disturbi bipolari può essere considerato creativo. Il legame dunque esiste, anche se, come ricordano Greg Murray e Sheri Johnson in un recente articolo di revisione sull’argomento, pubblicato su Clinical Psychological Review, deve ancora essere dimostrato in maniera definitiva, perché finora è emerso più che altro da studi di casi singoli piuttosto che da ampi studi epidemiologici, che sarebbero molto più solidi da un punto di vista scientifico. Inoltre, il legame sembra non essere lineare: chi soffre delle forme maniacali più gravi è meno capace di generare creatività rispetto a chi soffre di forme più leggere. Un’esperta in materia è Kay Redfield Jamison, professore di psichiatria alla Johns Hopkins University School of Medicine di Baltimora, uno dei partecipanti di spicco della settima conferenza mondiale The future of Science, intitolata quest’anno Mind: the essence of Humanity, che si terrà dal 18 al 20 settembre a Venezia alla Fondazione Giorgio Cini sull’isola di San Giorgio Maggiore. Secondo la professoressa Jamison: «sono decenni, o veramente secoli che l’umore elevato è stato messo in relazione in qualche modo e sotto certe circostanze, alla creatività. Così è in realtà anche per altri aspetti, come il temperamento, il sottostante dono dell’immaginazione, la capacità di riflettere e di imparare dalle avversità. Poi la depressione può facilitare la riflessione, almeno fino a un certo punto».

VAN GOGH, WOOLF ED HEMINGWAY -Molto nota soprattutto negli Stati Uniti, anche per aver lei stessa sofferto di disturbi bipolari, la professoressa Jamison è autrice del libro Touched by the fire (trad it. Toccato dal fuoco, TEA 2009), nel quale utilizza le conoscenze di genetica, neuroscienze e farmacologia, per svelare i rapporti tra genio creativo e follia, un compito che la porta a rivisitare le vite di geni maledetti, come Virginia Woolf, Vincent Van Gogh ed Ernest Hemingway. Gli scritti della Jamison, ma anche le sue numerose interviste televisive e partecipazioni a eventi pubblici, sono finalizzate tra l’altro ad aiutare i malati ad affrontare i propri disturbi, oltre che a elevare il livello di consapevolezza sociale di questa che una volta era considerata una sorta di romantica follia. Nel corso degli ultimi anni i ricercatori hanno anche provato a definire quali sono le singole componenti di personalità necessarie per lo sviluppo della creatività.

APERTURA ED ESTROVERSIONE - Secondo Murray e Johnson, un elemento centrale sarebbe la condizione mentale di apertura verso le nuove esperienze e le nuove idee, perché è proprio a partire da esse che la creatività può edificare le sue costruzioni. Poi bisogna tenere conto del livello di originalità dei pensieri che si riescono a produrre, un tratto che può sfociare anche in quei tratti di antisocialità che non infrequentemente si trovano nelle personalità molto creative. Infine c’è l’estroversione, quella particolare forma di apertura verso gli altri che caratterizza soprattutto gli artisti che effettuano performance, come musicisti, cantanti e attori, mentre risulta meno presente tra coloro che lavorano essenzialmente nel proprio studio, senza avere contatti diretto con il pubblico, come scrittori, pittori e compositori. Da un punto di vista neurobiologico, invece, sembra che la creatività possa essere sostenuta al neuromediatoredopamina, una sostanza che nella cosiddetta area mesolimbica (nella parte più centrale del cervello, dove ha sede il cosiddetto “circuito della gratificazione”) è responsabile della genesi di stati d’animo positivi, ma anche di fenomeni connessi alla maniacalità. E quando si cominciano a generare associazioni mentali che scorrono veloci ed è attiva la capacità di generare immagini mentali, allora vuol dire l’attività creativa è certamente al lavoro.

 

(danilo di diodoro / corriere.it / puntodincontro)

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12 de septiembre de 2011. - Un ligero toque de locura es un ingrediente mágico para el desarrollo de la creatividad. Varios estudios han demostrado que entre aquellos que realizan profesiones creativas, hay un porcentaje de personas con el síndrome maníaco-depresivo (a veces también llamado trastorno bipolar) significativamente mayor que en la población general. El papel central es desempeñado principalmente por los estados de locura, caracterizados por síntomas tales como estado de ánimo eufórico, aumento de la autoestima, pensamientos que se siguen rápidamente y poca necesidad de sueño.

Datos de los EE.UU. indican que entre quienes se dedican a profesiones creativas, el porcentaje de maníaco-depresivos es superior al ocho por ciento, mientras que en la población general no rebasa el uno por ciento. Por otro lado, se encontró que aproximadamente el ocho por ciento de las personas con trastorno bipolar pueden ser consideradas creativas. Así que la relación existe, aunque —como recuerdan Greg Murray y Sheri Johnson en un reciente artículo de revisión sobre el tema publicado en la Revista de Psicología Clínica— aún no ha sido demostrada de forma concluyente, dado que hasta el momento ha surgido principalmente de estudios de casos individuales más que de grandes muestras epidemiológicas, que serían mucho más sólidas desde el punto de vista científico.

Además, la relación no parece ser lineal: los que padecen las formas más graves son menos capaces de generar creatividad que los que sufren de padecimientos más ligeros. Un experta en la materia es Kay Redfield Jamison, profesora de psiquiatría en la Johns Hopkins University School of Medicine en Baltimore, uno de los principales participantes de la Séptima Conferencia Mundial sobre el Futuro de la Ciencia, que este año tendrá como tema central "La mente: la esencia de la humanidad", y se celebrará del 18 al 20de septiembre en Venecia, en la Fundación Giorgio Cini de la isla de San Giorgio Maggiore.

Según la profesora Jamison, «desde hace décadas, o más bien siglos que el estado de ánimo elevado se ha relacionado, de alguna manera y bajo ciertas circunstancias, con la creatividad. Realmente es lo mismo también para otros aspectos, como el temperamento, el don fundamental de la imaginación, la capacidad de reflexionar y aprender de la adversidad. Además, la depresión puede facilitar la reflexión, al menos hasta cierto punto».

Muy conocida en los Estados Unidos, la profesora Jamison, que también sufrió de un trastorno bipolar, es la autora del libro Touched by the fire (en trad. Tocados por el fuego), que utiliza el conocimiento de la genética, la neurociencia y la farmacología para revelar la relación entre el genio creativo y la locura, una tarea que la llevó a analizar la vida de algunos genios "malditos", como Virginia Woolf, Vincent Van Gogh y Ernest Hemingway.

 

(danilo di diodoro / corriere.it / puntodincontro)