Il wireless per studiare
la propagazione dell'influenza

I ricercatori di Stanford hanno seguito un gruppo scolastico per un giorno
ricostruendo la rete di contatti fisici e i momenti in cui il virus poteva trasmettersi.

 

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TelosB

 

16 dicembre 2010. -  Freddo, e arrivano immancabili le prime influenze. A Stanford  i ricercatori hanno provato a capire in che modo i virus della stagione invernale si trasmettono da persona a persona e a mettere in numeri tutti i rischi che un uomo corre nella sua giornata di incappare nell’influenza di turno. Tantissimi: praticamente ogni volta che ci si avvicina a qualcuno, non solo per interagirvi ma semplicemente gravitando in prossimità del suo spazio vitale, siamo a rischio di "agganciare" il virus del momento. Nell’istituto scolastico in cui i ricercatori americani hanno svolto la loro prova, in 24 ore sono state registrati 760mila contatti possibili portatori di malattie.

LA RICERCA - Per studiare le interazioni e la propagazione dei virus influenzali, studenti e professori di un istituto superiore statunitense sono stati equipaggiati per 24 ore di una chiavetta in tutto simile a una Usb, che conteneva un sensore wireless (basato sullo standard di frequenze radio IEEE 802.15.4) il quale, ogni 20 secondi, registrava la posizione di chi la portava con sé. L’esperimento si è svolto a gennaio, in pieno periodo di influenze. Il risultato  ha ricostruito per la prima volta una rete (vera) di contatti sociali e interazioni, che mai nessuno studioso e epidemiologo era riuscito a comprendere, quantificando così un assunto difficile da combattere, ovvero che - a meno che non si decida di non uscire di casa - i rischi di contrarre virus anche involontariamente sono molto alti. I contatti in un’area di vicinanza già definita a rischio, e che a Stanford hanno quantificato nei 10 piedi, poco più di 3 metri, sono stati 760mila in 24 ore di monitoraggio.

CHI VACCINARE - Lo studio non si è fermato qui: una volta colte le connessioni tra persone, i ricercatori hanno provato a immaginare cosa sarebbe accaduto in caso di epidemia influenzale all’interno della scuola, e hanno poi simulato cosa sarebbe successo se fosse stato somministrato un vaccino agli studenti. Cercando di rispondere a uno dei quesiti dei medici: è meglio vaccinare gli insegnanti o gli studenti? Meglio agire sugli studenti più popolari, con maggiori contatti, e dunque potenzialmente "untori" di un maggior numero di compagni? A Stanford sono giunti alla conclusione che la strategia migliore sia quella di vaccinare con una procedura casuale un campione indistinto di popolazione, perché anche i ragazzi con minori contatti finiscono per gravitare nello spazio di contagio di compagni e insegnanti. C'è anche una buona notizia: mediamente ogni studente si ritira da scuola dopo poche ore dall’insorgere dell’influenza e per questo motivo nel 67,7 per cento delle simulazioni effettuate a Stanford accade che non si verifichi lo scoppio di un’epidemia. Il fattore sociale e umano in questo caso batte il virus, con intelligenza.

 

(Corriere della Sera - Eva Perasso)