La svolta dei cinquant'anni
via l'ansia, torna l'ottimismo

A OGNI ETÀ CORRISPONDE UNO STATO D'ANIMO.
LO RIVELA UNO STUDIO CONDOTTO DA UN'ÉQUIPE DI NEW YORK.

 

18 maggio 2010. - Nel mezzo sta la virtù. Ma anche la felicità, la mancanza di preoccupazioni e di stress. A cinquant'anni, infatti, l'età dei primi bilanci, il benessere psicologico inverte la tendenza che aveva a vent'anni, l'età delle aspettative. Smette di calare, cambia direzione e inizia ad aumentare.

Per arrivare poi verso i 70 anni a superare il livello che aveva a 18 anni. La ritrovata giovinezza dei cinquantenni è stata misurata da un'équipe di psicologi della Stony Brook University di New York e pubblicata su Proceedings of the national academy of sciences. Lo studio fa parte di un filone relativamente nuovo della psicologia, che cerca di quantificare, per quanto possibile, entità impalpabili come felicità, benessere ed emozioni. I ricercatori di New York hanno intervistato ben 340mila persone, tutti americani, tra i 18 e gli 85 anni. Oltre a chiedergli di tracciare un bilancio complessivo della vita trascorsa fino ad allora, si sono interessati anche alle piccole vicende quotidiane. Domandando loro per esempio se nel corso della giornata precedente avevano provato sensazioni di stress, rabbia, divertimento, preoccupazione e tristezza.
L'età della "curva a gomito", quando le sensazioni negative iniziano a scendere, o accelerano nel loro calo se già si stavano riducendo, è risultata proprio quella del mezzo secolo. "Dopo i 50 anni - scrivono i ricercatori nel loro studio - gli americani mostrano un aumento del benessere psicologico generale, grazie alla crescita delle sensazioni positive e a livelli più bassi delle emozioni negative".

I ricercatori individuano le cause del ritrovato equilibrio dei 50enni (si tratta ovviamente di medie statistiche) nella serenità di un lavoro acquisito e di una famiglia con figli ormai cresciuti. Ma studi precedenti avevano spiegato in maniera dettagliata come anche il cervello si modifichi con l'età e tenda a selezionare esperienze e ricordi con criteri differenti. Un gruppo di settantenni, aveva dimostrato due anni fa Roberto Cabeza della Duke University, rivive con più nitidezza i ricordi positivi, mentre nei giovani (l'età media del gruppo era di 24 anni) si imprimono più profondamente le vicende negative.

Anche negli ottantenni che invecchiano con successo, osservò ad aprile di quest'anno uno studio della Iowa University pubblicato su Gerontology, il segreto della felicità è un ricordo piacevole, un evento felice avvenuto in passato che oggi può essere condiviso con figli o nipoti. E man mano che si avanza con l'età - concordano tutti gli studi - si scopre che l'ingrediente principale del benessere psicologico sta nelle piccole vicende della quotidianità. Quegli stessi ingredienti, spiega Daniel Kahneman - lo psicologo che ha vinto il premio Nobel per l'Economia nel 2002 proprio per i suoi studi pionieristici su come misurare il piacere di vivere - che mancano in genere a chi guadagna molto. Motivo per cui, dimostrò in uno studio di un anno fa, non sono i soldi a fare la felicità e più che un salario da nababbo è la stabilità finanziaria a fare la differenza in termini di qualità della vita.

Gli psicologi newyorchesi hanno dimostrato questa volta che mentre la rabbia decresce in maniera costante dai vent'anni in poi, la sensazione di preoccupazione cresce fino a 50 anni per poi iniziare a calare e proseguire nella sua discesa per il resto della vita. La riduzione dello stress ha una pendenza lieve fino alla mezza età, quando inizia ad abbassarsi bruscamente. I momenti di tristezza costellano invece la vita in tutte le sue fasi, senza differenze fra ventenni e cinquantenni. Nel divertimento i più giovani si ritrovano a braccetto con i settantenni: in entrambi i momenti si registra un picco, anche se ovviamente a far scattare una risata sono vicende o gag differenti. Le donne rispetto agli uomini vivono in maniera più accentuata le sensazioni negative di stress, preoccupazione e malinconia. Ma anche per loro vale l'inversione di tendenza, e l'età di mezzo rappresenta un nuovo inizio.

 

(Elena Dusi / repubblica.it)

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