Lo «shopping» di Steve Jobs
per avere un nuovo fegato

Il racconto: un’odissea di mesi tra gli ospedali con il jet

26 aprile 2010. - Una rocambolesca corsa contro il tempo a bordo del suo jet privato e da uno stato all’altro degli Stati Uniti, alla ricerca di un fegato salvavita in un’America dove la donazione di organi è più affidata alla fortuna che alle regole. I dettagli inediti della drammatica odissea privata vissuta nel 2009 dal padre di Apple Steve Jobs emergono per la prima volta in un lungo articolo appena pubblicato dalla rivista americana Forbes.

Tutto inizia nell’estate del 2008, quando Jobs sciocca la platea della conferenza Apple a San Francisco salendo sul palco emaciato e visibilmente malatissimo. «Il suo stato di salute era talmente grave — scrive Forbes — da spingere Dan Lyons ad interrompere il suo celebre blog satirico anti-Jobs, per non prendere in giro un moribondo». Nei mesi successivi la macchina di pubbliche relazioni del colosso di Cupertino cerca in tutti i modi di tamponare i gossip, parlando prima di «comune virus» e più tardi di «squilibrio ormonale». La verità, si scopre, era ben altra.

Già reduce da un tumore maligno al pancreas, Jobs rischiava di morire se non si fosse immediatamente sottoposto ad un trapianto del fegato. Ma l’impresa si rivela difficilissima. Insieme a lui, oltre 3.400 californiani erano in lista d’attesa per un nuovo fegato nel 2009. Di questi, soltanto 671 sono riusciti nel loro intento. E 400 sono morti. Tra gennaio e marzo del 2009, Jobs si imbarca in un disperato tour de force, precluso ai comuni mortali. Con il suo jet privato attraversa in lungo e in largo gli Stati Uniti, sborsando cifre da capogiro a medici ed ospedali per iscriversi al più alto numero possibile di liste di attesa.

La pratica, nota in America come multiple-listing, permette ai malati molto ricchi di aumentare le proprie chance di ricevere un trapianto in un paese dove i donatori sono assai meno dei beneficiari e, nell’assegnare un organo, gli ospedali danno la precedenza alle proprie liste d’attesa «statali», prima di consultare il registro nazionale. In ognuno di questi ospedali, Jobs è costretto a ripetere ex novo l’estenuante e costosissima batteria di test, consulti e check-up. Un’opzione proibita all’americano medio visto che le polizze assicurative rimborsano, al massimo, una sola immatricolazione. All’inizio di marzo, finalmente, arriva il miracolo. Uno degli ospedali dove Jobs si è iscritto, il Methodist University Hospital di Memphis, in Tennessee, ha un fegato per lui: appartiene a un ragazzo di vent’anni, deceduto in un incidente stradale

Nel giro di 24 ore i suoi legali acquistano una magione da un milione e mezzo di dollari nel quartiere più elegante di Memphis che, dopo il trapianto, gli consentirà di passare la lunga convalescenza vicino all’ospedale. Il resto è storia. Grazie all’incessante lobby condotta personalmente da Jobs sul governatore Schwarzenegger e la moglie Maria Shriver, la California sta per diventare il primo Stato americano a creare un registro di donatori viventi, obbligando i guidatori, prima del rinnovo della patente, a scegliere se diventarlo.

(Alessandra Farkas / corriere.it)

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