Lo scienziato inglese Peter Higgs e Fabiola Giannotti.

 

5 luglio 2012 - Il risultato annunciato ieri al Cern rappresenta il coronamento di vent'anni di sforzi della comunità internazionale della fisica delle particelle.

Il lungo percorso che ci ha portato a questa scoperta è seminato di difficoltà e di sfide di ogni genere. Sono felice di avere potuto partecipare ad ogni fase di questa impresa straordinaria, dalla ricerca e sviluppo di prototipi di rivelatori agli inizi degli anni novanta, al disegno dell'apparato Atlas, alla sua costruzione e collaudo, fino alle prime emozionantissime collisioni dei fasci dell'acceleratore Lhc nel dicembre 2009.

L'Italia ha giocato un ruolo fondamentale nel progetto Lhc attraverso l'Infn, l'Istituto nazionale di fisica nucleare, che a mio avviso è un fiore all'occhiello della ricerca italiana. L'Infn ha dato contributi intellettuali di altissimo valore, tecnologia, mezzi, cervelli, trascinando in questa avventura anche l'industria del nostro Paese.

Ho avuto la fortuna di ricevere la mia educazione in fisica delle particelle in Italia, un Paese che ha grandi tradizioni in questo campo e una scuola solidissima e di ampio respiro. Me ne sono resa conto quando nel 1994 sono approdata al Cern con una borsa di studio per giovani fisici, e ho potuto constatare direttamente quanto bravi e stimati siano gli scienziati del nostro Paese. Modestia a parte, non siamo secondi a nessuno. La nostra scuola di fisica continua a sfornare ancora oggi giovani brillanti, fra i migliori al mondo. Come fisico italiano all'estero è per me fonte di grande rincrescimento constatare quanti di questi giovani oggi siano costretti ad emigrare all'estero, andando letteralmente a ruba in paesi come la Francia, la Germania e gli Stati Uniti, a causa della mancanza di posti nel nostro Paese e allo spettro del precariato. Si tratta di una vera e propria diaspora, non bilanciata da un flusso di ricercatori stranieri nel nostro Paese.

Molteplici sono gli aspetti del mio lavoro in Atlas che trovo affascinanti. Gli scopi scientifici, innanzitutto, volti ad affrontare domande fondamentali sulle particelle elementari e di conseguenza sulla struttura e l'evoluzione dell'Universo. Per realizzare gli obiettivi che ci siamo prefissati abbiamo dovuto sviluppare tecnologie di punta, all'avanguardia in molti settori che hanno poi trovato applicazioni in altri campi, dall'industria alla strumentazione per la diagnostica medica.

Aspetto affascinante e stimolante dal punto di umano è l'ambiente veramente «globale» di questi progetti. Atlas consiste di 3000 fisici provenienti da 38 Paesi. Si tratta non soltanto di un progetto scientifico ambiziosissimo, ma anche di un'avventura umana unica, per me molto arricchente e stimolante. E la dimostrazione che persone diverse per cultura, tradizioni e stili di vita possono lavorare insieme raggiungendo traguardi straordinari. Da questo punto di vista l'Lhc rappresenta la realizzazione di una delle missioni primarie del Cern, quella di riavvicinare i popoli attraverso la scienza. Circa un terzo degli scienziati di Atlas sono studenti di dottorato. Con la loro competenza, entusiasmo e determinazione rappresentano la forza motrice dell'esperimento. Per me personalmente, come coordinatrice dell'esperimento, questi giovani sono una fonte di motivazione che mi permette di andare avanti con fiducia anche nei momenti più difficili. Come ogni scoperta, il risultato annunciato ieri apre nuovi orizzonti e solleva nuove domande. Il cammino della conoscenza è lunghissimo, infinito. E bisogna affrontarlo con umiltà, determinazione ed entusiasmo.

 

(fabiola giannotti / corriere.it / puntodincontro)

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5 de julio de 2012 - El resultado anunciado ayer en el CERN es la culminación de décadas de esfuerzos de la comunidad internacional de la física de partículas. El largo camino que nos llevó a este descubrimiento está lleno de dificultades y desafíos de todo tipo.

Estoy feliz de haber podido participar en todas las fases de esta extraordinaria empresa, desde la investigación y el desarrollo de prototipos de los detectores a principios de los años noventa, hasta el diseño del aparato Atlas, su construcción y pruebas, y las primeras emocionantes colisiones en el acelerador LHC en diciembre de 2009. Italia ha jugado un papel clave en el proyecto LHC, a través del INFN, el Instituto Nacional de Física Nuclear, que representa uno de los pilares reconocidos a nivel mundial de la investigación italiana.

El INFN ha contribuido con aportaciones intelectuales de gran valor, tecnología, medios y cerebros, arrastrando a esta aventura también la industria de nuestro país.

Tuve la suerte de recibir mi educación en física de partículas en Italia, un país que tiene grandes tradiciones en este campo y una escuela sólida y completa. Me di cuenta de ello cuando me mudé al CERN en 1994 con una beca para jóvenes físicos, y pude constatar directamente el alto nivel de preparación y respeto del que gozan los científicos italianos. Modestia aparte, nadie nos gana. Nuestras escuelas de física siguen preparando hoy en día a jóvenes brillantes, entre los mejores del mundo. Como físico italiano en el extranjero es para mí una fuente de gran pena observar cómo muchos de estos jóvenes de hoy se ven obligados a emigrar a otros países, donde literalmente se pelean por ellos en lugares como Francia, Alemania y los Estados Unidos, debido a la falta de puestos en Italia y la amenaza del trabajo informal. Se trata de una verdadera diáspora, no compensada por un flujo de investigadores extranjeros en nuestro país.

Hay muchos aspectos de mi trabajo en Atlas que considero fascinantes. Los objetivos científicos, en primer lugar, para hacer frente a cuestiones fundamentales sobre las partículas elementales y —en consecuencia— la estructura y evolución del Universo. Para lograr los objetivos que nos propusimos tuvimos que desarrollar tecnologías de vanguardia en muchas áreas, tecnologías que también han encontrado aplicaciones en otros campos, desde la industria hasta la instrumentación para el diagnóstico médico.

Un aspecto fascinante y emocionante desde el punto de vista humano es el ambiente verdaderamente "global" de estos proyectos. Atlas se compone de 3.000 físicos de 38 países. No sólo es un proyecto científico ambicioso, sino también una aventura humana sin igual, para mi muy gratificante y desafiante. Esto demuestra que personas de diferentes culturas, tradiciones y estilos de vida pueden trabajar juntos para alcanzar metas extraordinarias.

 

(fabiola giannotti / corriere.it / puntodincontro)