Soli nell’universo?

L’equazione di Drake e il Paradosso di Fermi.
Di Claudio Bosio..

La prova dell’esistenza di vita intelligente da qualche altra parte dell’universo
è che nessuno ha voluto mettersi in contatto con noi

(Da un programma radiofonico messicano del 22 di marzo 2010)

 

23 marzo 2010. - Si ha spesso modo di leggere articoli, più o meno seri, o di ascoltare dibattiti, altrettanto altalenanti fra scienza e fantascienza, riferiti alla possibilità dell'esistenza di forme di vita intelligenti extraterrestri cioè a dire: «Siamo soli nell’Universo?».

Il quesito, di per sé, coinvolge tutta una serie di altri dilemmi di carattere religioso oltre che scientifico. C’è stato, comunque, chi ha cercato di elaborare una risposta basata soltanto su considerazioni statistiche-matematiche. Si tratta di Frank Drake, un astronomo e astrofisico statunitense, noto, tra l’altro, per aver fondato insieme a Carl Sagan il SETI([1]) e per aver disegnato, nel 1972, (sempre assieme a Sagan) la piastra collocata sulle sonde Pioneer 10 e 11, il primo messaggio fisico inviato nello spazio. La piastra venne progettata per essere comprensibile da un eventuale extraterrestre che avrebbe potuto incontrarla.

La presenza di “alieni” nell’Universo, secondo Drake, poteva riassumersi in una espressione matematica, elaborata in base a rilievi relativamente semplici.

Secondo questa equazione, meglio nota come la «formula di Drake», il numero delle civiltà tecnologicamente esistenti, presumibilmente in grado di comunicare su distanza interstellari, può essere espresso come:

    N = f (R,Fp,Na,Fv,Fi,Fc,D)

Dove:

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è il numero di civiltà extraterrestri evolute che potremmo contattare nella nostra Galassia.

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è il tasso di formazione, nella Via Lattea, di stelle adatte alla vita, ovvero con una zona abitabile e una vita media adatta perché i suoi pianeti sviluppino forme di vita intelligente.

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Fp è la frazione di stelle simili al Sole che posseggono pianeti: i modelli teorici suggeriscono che i pianeti scaturiscono dalla contrazione di una grossa nube di gas e polvere. Mentre il core centrale della nube aumenta la propria densità e temperatura per dar vita alla protostella, i granuli di polvere delle parti più esterne del disco, collidono e si aggregano formando particelle sempre più grosse sino a formare, dopo qualche milione di anni, i pianeti.

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Na è il numero di pianeti per sistema solare in condizione di ospitare forme di vita. L’elemento fondamentale per avere un pianeta simile alla Terra è la presenza di acqua allo stato liquido nella quale possono verificarsi le necessarie reazioni biochimiche primordiali L'acqua, tuttavia, impone severi limiti alle condizioni accettabili per temperatura e pressione e, quindi, ala massa e all'orbita del pianeta.

        Fv è la frazione dei pianeti ne che ha effettivamente sviluppato la vita.

        Fi è la frazione dei pianeti Fv su cui si sono evoluti esseri intelligenti.

        Fc è la frazione di esseri intelligenti in grado (e con la volontà) di comunicare.

        D è la stima della durata di queste civiltà evolute.

La determinazione dei parametri, cioè la loro esatta definizione, è molto difficile perché, in genere, mancano molte informazioni necessarie ad una stima anche approssimativa.

I valori scelti inizialmente da Drake e collaboratori (1960) sono:

    o R = da 1 a 10 per anno,

    o Fp = 0,5

    o Na = 1 a 5   

    o Fv = 1,

    o Fi = 1

    o Fc = 0.1,

    o V = da 103 a 108 anni.

Applicando i parametri di Drake si ottiene un valore di N compreso fra 1000 e 100 milioni, le stime più ottimistiche si scontrano con il paradosso di Fermi, ovvero se esistono tante civiltà in grado di contattarci, perché questo non è ancora avvenuto?.

In ogni caso, sia che N sia molto minore di uno sia molto maggiore, il dato si scontra con i fatti realmente osservati, ovvero N = 0, la nostra civiltà è l'unica a noi nota.
I parametri che figurano nell'equazione di Drake sono tutt'altro che definiti e questo non permette di risolvere oggettivamente in alcun senso il paradosso. Di seguito sono elencate diverse possibili soluzioni del paradosso di Fermi, dall'estremo più pessimistico verso quello più ottimistico.

Accenniamo ad alcune considerazioni in connessione con l’equazione di Drake:

Siamo soli.

Molti sono gli elementi contemporaneamente necessari perché la vita come la intendiamo noi, basata sul carbonio, possa evolversi. La posizione all'interno della galassia è importante, perché una zona in rapida evoluzione stellare sarebbe ricca di radiazione nociva per la vita biologica. L'orbita che il pianeta percorre intorno alla sua stella centrale è importante. Se troppo stretta o troppo ampia le temperature non consentirebbero la presenza costante di acqua liquida, che è da alcuni reputato un elemento imprescindibile della vita biologica. Anche l'ellitticità e l'inclinazione dell'orbita sono importanti, così come la natura stessa del sole e la presenza di lune intorno al pianeta. Gli studi sul nostro sistema solare sembrano confermare l'eccezionalità della vita sulla Terra.

Esistono ma non comunicano.

Ancora più complesso è ipotizzare quale sia la probabilità che una prima forma di vita biologica possa evolversi fino a creare una specie autocosciente e desiderosa di comunicare. È possibile che nell'universo esistano molti corpi celesti ospitanti una forma di vita, ma su pochissimi questa si sia evoluta in una civiltà tecnologica. Anche da questo punto di vista sono utili le esplorazioni planetarie. Ma se una civiltà sviluppa i mezzi adatti, avrà l'idea o il desiderio di cercare di comunicare con altri mondi?

Le civiltà evolute hanno breve durata.

Un parametro dell'equazione di Drake è la durata media delle civiltà tecnologicamente evolute e in grado di comunicare con noi. Al tempo di Drake si stimò una durata di dieci anni, poiché l'unica civiltà nota, la nostra, trasmetteva onde radio nel cosmo all'incirca da questo periodo. Attualmente per lo stesso motivo si può portare questo parametro a cinquanta anni. Il problema è che il campione studiato è ovviamente poco significativo. Una possibile causa della scomparsa di una civiltà è l'autodistruzione. Se una civiltà tende naturalmente ad annientarsi, è solo questione di tempo perché inventi i mezzi necessari. L'unico dato osservativo disponibile è che la nostra civiltà dispone da decenni dei mezzi necessari, ma per ora è sopravvissuta.

Anche in questo caso è difficile dire quanto l'aggressività sia prerogativa della specie umana o sia una costante universale intrinsecamente legata all'evoluzione dell'essere intelligente. Si consideri che non è necessaria una distruzione totale della specie, ma è sufficiente una involuzione a livelli primitivi dei sopravvissuti per sottrarre la civiltà alla lista di quelle in grado di comunicare. n altro pericolo per un pianeta è il possibile impatto di un asteroide. Sappiamo che la terra è stata più volte bersaglio di impatti catastrofici, che hanno causato diverse estinzioni di massa (la più nota nell'opinione pubblica è quella dei dinosauri). Un evento di questo tipo sarebbe ben prevedibile da una civiltà anche più arretrata della nostra, ma difficilmente prevenibile. ltri rischi naturali o indotti sono legati all'alterazione del clima, che può arrivare ad annientare una civiltà a causa dell'impoverimento dell'agricoltura.

Non siamo in grado di ricevere le loro comunicazioni.

Tutti i nostri attuali tentativi di inviare o ricevere comunicazioni con altri mondi si sono basati sull'utilizzo di onde elettromagnetiche. Così come prima dell'epoca di Guglielmo Marconi non avremmo neppure immaginato di usare questo mezzo, così potremmo non essere neppure in grado di immaginare le tecniche usate da civiltà più evolute di noi. Alcune tecnologie teorizzate potrebbero essere basate sui neutrini, le onde gravitazionali o l'entanglement quantistico. Attualmente non saremmo in grado di ricevere alcun messaggio trasmesso con questi sistemi. Si può comunque ipotizzare che una civiltà attraversi diverse fasi di evoluzione tecnologica, passando anche per le relativamente facili onde elettromagnetiche. È ragionevole ritenere che scienziati di questa civiltà siano in grado comunque di ricevere e decodificare segnali radio, anche se per loro ormai obsoleti.

Rimanendo nel campo delle onde radio dobbiamo tenere in considerazione il problema delle velocità della luce. Le microonde (unica banda in grado di uscire dall'atmosfera) da noi emesse da quando si è sviluppata la televisione, si stanno ancora allontanando da noi alla velocità della luce in tutte le direzioni. La sfera entro la quale queste informazioni sono ricevibili è detta sfera di Marconi, e il suo raggio in anni luce coincide con il periodo in anni dal quale le trasmissioni sono iniziate. Nel caso della Terra questo valore è di circa 50 anni luce. Ogni civiltà all'esterno di essa non è ancora in grado di individuarci. Inoltre si ha la tendenza ad ottimizzare le trasmissioni focalizzandole in fasci di bassa energia a microonde o laser, in modo simile a quello che sta avvenendo sulla Terra con i ponti radio ed i telefoni cellulari di ultima generazione.

 


([1])  SETI, acronimo di Search for Extra-Terrestrial Intelligence (Ricerca di Intelligenza Extraterrestre), è un programma dedicato alla ricerca della vita intelligente extraterrestre, abbastanza evoluta da poter inviare segnali radio nel cosmo. Il programma si occupa anche di inviare segnali della nostra presenza ad eventuali altre civiltà in grado di captarli (SETI attivo). Gli esperimenti SETI condotti fino ad ora non hanno rilevato nulla che possa somigliare ad un segnale di comunicazione interstellare. Per dirla con le parole di Frank Drake: "Ciò di cui siamo certi è che il cielo non è ingombro di potenti trasmettitori a microonde".

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