18 aprile 2012 - Prendendo spunto dagli OGM (organismi geneticamente modificati, organismi, cioè, nei quali è stata ristrutturata una porzione di patrimonio genetico) c’è chi afferma che l’italiano attuale sia un IGM, ossia un «Idioma Giornalisticamente Modificato».

Forse è vero, nel senso che l’italiano parlato oggigiorno è quello "microfonico", diffuso, notte e dì, dalle tante (troppe!) emittenti radio-televisive. La gente comune, è risaputo, legge assai poco e sempre meno, ma invece si pasce di quanto gli si racconta per radio o si blatera in TV. È un fenomeno diffusissimo, purtroppo!, che sta fra la pigrizia mentale e la incultura.

Quel che è peggio, tuttavia, è che questo particolare idioma, che di continuo ci ronza nelle orecchie, plagia tutti noi, volenti o nolenti.

Ci esprimiamo, ormai, in «Italiese».

Si tratta di una lingua nuova, parlata e scritta (pur essendo priva di sintassi e senza grammatica) mutevole in tempi rapidissimi, piena zeppa di parole carpite ad altre lingue (anglicismi, francesismi, forestierismi…). Veri e propri "intrusi" a casa nostra. Il fatto è che quando un intruso diventa "di casa" è difficile cacciarlo fuori, anche perché a detto … alieno finiamo per affezionarci. Così ci sono divenuti famigliari (e ormai insostituibili) termini come, film, bar, sport, tram, big bang, on-off, best-seller ecc.

Di altri intrusi, per altro, se ne fa un uso smodato e insulso.

Non occorre far ricorso al prestito dall’estero di un termine il cui corrispettivo è validamente riportato nel dizionario italiano. Indicativo l’episodio relativo a Paolo Monelli (1891-1984) il quale mandò un telegramma di protesta al suo giornale (il «Corriere della Sera») perché aveva usato la parola killer: «Ricordo umilmente che chi uccide su commissione in lingua italiana si chiama sicario». Il giorno dopo il giornale stampò sicario nel titolo, ma tra virgolette, quasi fosse questa ormai la parola meno nota ai lettori. Oggi sicario è di certo meno popolare di killer e dei suoi derivati tipo, ad esempio, killeraggio politico.

 

Il fantasioso menù multilingua di un ristorantino in riva al mare in quel di Savelletri-Brindisi
(per la cronaca "l'Oasi del riccio"). Lucio Tropia - Corriere.it

 

C’è, senza voler giocare con le parole, un abuso nell’uso di anglicismi.

Noi, per altro, siamo spesso più inglesi degli Inglesi.

Usiamo cioè non solo l’italiese ma, sia in patria che all’estero, parliamo anche l’anglitano, un idioma pseudo-albionico inventato e compreso soltanto da noi. Le signore italiane che, a Londra, vogliono acquistare un body, (cioè, secondo loro, una guaina attillata che comprende reggiseno e mutandine uniti) è meglio sappiano che in inglese questo termine significa corpo nel senso di cadavere. Ugualmente per comprarsi un impermeabile con cintura, a Piccadilly Street, è meglio richiedere un trench coat e non un trench: per gli Inglesi significa trincea! (Per inciso, singolare è l'origine del nome Piccadilly: attorno al 1600, divenne molto di moda un tipo di colletti rigidi per indumenti, definiti picadils. Un sarto di nome Robert Baker divenne particolarmente abile nella loro confezione e nella successiva vendita, tanto da accumulare una immensa fortuna che gli consentì di comprare un terreno abbastanza distante da quello che all'epoca era il centro di Londra. Su questo terreno, costituito interamente da campagna, egli fece costruire nel 1626 una enorme casa conosciuta come "Piccadilly Hall" proprio nel luogo dell'odierna Piccadilly Circus).

 

Londra: Picadilly Circus. Ángel Alonso. 2008.

 

Altri termini sballati dell’anglitano: slip, per noi mutande, ma che per i figli di Albione vuol dire sottoveste o tutt’al più un qualsiasi indumento (non solo intimo) che si possa infilare con facilità. Lo stesso vale per bar, in inglese pub. Rifacendoci poi allo sport, il derby che da noi ha preso il significato di competizione fra due squadre di calcio della stessa città, per gli Inglesi è una corsa di galoppo riservata a puledri di tre anni, dal nome di lord Derby che ne fu il fondatore nel lontano 1780.

Ci sono d’altro canto anglicismi che vanno incorporati tali e quali nella nostra lingua perché sono degli ineludibili marchi di fabbrica.

Zoom, per esempio, si chiama così perché è una apparecchiatura (come tradurla in italiano? Transfocalizzatore?) costruita dalla ditta Zoomar. Lo stesso per pullman, sinonimo di autobus, in origine carrozza ferroviaria di lusso con cuccetta e letti realizzata da George Mortimer Pullman (1831-1897). Oppure frisbee, che deriva dal nome della pasticceria Frisbie Pie Co. fornitrice, negli anni 50, di crostate per mense scolastiche, in teglie circolari di latta. Gli studenti della locale Università di Yale, frequentatori del locale, iniziarono a lanciarsi i dischi per le torte, residuo delle loro scorpacciate, e ogni volta che uno di loro riusciva a catturare il disco lanciato prima che toccasse terra gridavano “Frisbie” (nome della pasticceria) che venne presto storpiato in frisbee.

Un altro intruso molto frequente è la parola quiz, voce di origine americana che si è attestata presso di noi come quesito. Circa l’etimologia di quiz, si vuole sia riconducibile alla scommessa fatta da un certo Daly che si riteneva capace di introdurre nel linguaggio corrente, entro solo 24 ore, una parola senza senso. Si mise perciò a scrivere sui muri, con vernice rossa, le prime 4 lettere che gli vennero in mente: Q.U.I.Z. La gente si chiese che significato avesse quella scritta: non riuscendo a venirne a conoscenza, utilizzò quiz come sinonimo di "domanda a cui va data una risposta".

Ma, fra i tanti intrusi, ce ne sono alcuni che non si smuoveranno più da casa nostra. Questo è poco ma sicuro! Il numero uno di questi invasori è una parola-sigla, un acronimo quanto mai simpatico, sbrigativo, espressivo: «O.K.» La sua derivazione etimologica fa riferimento all’anno 1840: Martin van Buren (1782-1862, 8° Presidente USA, dal 1837 al 1841) si era candidato alla presidenza degli Stati Uniti. Gli avversari politici gli avevano affibbiato il soprannome di Old Kinderhook ("Vecchio Agganciatore di bambini") nomignolo derivato dal suo luogo di nascita, Kinderhook, New York. I sostenitori di van Buren mantennero questo soprannome e fondarono il "Democratic OK Club" per promuovere la campagna presidenziale. OK divenne anche grido di battaglia del loro gruppo politico e inoltre un felice motto augurale. Questo significato ottimistico si mantenne perfino dopo la sconfitta di van Buren, messo in minoranza in quanto ritenuto responsabile di una grave crisi finanziaria che angustiava il paese. Un’altra etimologia, meno accreditata, fa invece risalire il significato di OK alla Guerra d’Indipendenza Americana (1775-1783) durante la quale, nei bollettini dal fronte, sarebbe stata usata l’abbreviazione 0K, cioè "zero (che si può anche pronunciare "oh") killed", "zero uccisi". Nessun morto. Non sarà attendibile come etimologia, ma è innegabile che, a suo modo, piaccia.  

Una breve considerazione finale. L’italiano, lingua giovane, proprio perché giovane è una lingua vitale, in piena crescita. La soluzione dei nostri problemi linguistici, compresi quelli di pseudo inquinamento dovuto a termini stranieri che consideriamo intrusi, non sta nella lingua ma in chi usa la lingua. Noi tutti, utenti di questo idioma, così dolce e melodioso, dobbiamo diventare sempre più culturalmente capaci e mentalmente liberi nel "scegliere le parole" del nostro discorso. Diceva bene Leopardi (Zibaldone): «La libertà nella lingua deve venire dalla perfetta scienza della stessa».

 

(claudio bosio / puntodincontro)

 

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18 de abril de 2012. - Haciendo referencia a los OGM (organismos genéticamente modificados, es decir, en los cuales ha sido reestructurada una parte del patrimonio genético), hay quienes afirman que el italiano moderno es un IPM, es decir, un «Idioma Periodísticamente Modificado».

Tal vez sea cierto, en el sentido de que el italiano que se habla hoy en día es "microfónico", dado a conocer, día y noche, por las muchas (¡demasiadas!) estaciones de radio y televisión. La gente común, ya se sabe, lee muy poco y cada vez menos, sin embargo se alimenta de lo que le dicen en la radio o en la televisión. Se trata de un fenómeno muy extendido, por desgracia, que se encuentra entre la pereza mental y la ignorancia.

Lo peor, sin embargo, es que este lenguaje particular, que constantemente oimos como zumbido en los oídos, nos plagia a todos, queramos o no.

Y así, ya nos expresamos, hay que admitirlo, en "Italiés".

Se trata de un nuevo idioma, hablado y escrito (aunque carente de sintaxis y gramática) que cambia muy rápidamente y repleto de palabras provenientes de otros idiomas (anglicismos, palabras afrancesadas​​, extranjerismos ...). Verdaderos "intrusos" en casa. Pero cuando un intruso se convierte en alguien "de casa" es difícil correrlo, también porque frecuentemente terminamos encariñándonos con dicho ... extraño. Así que nos hemos llegado a familiarizar con términos (ahora insustituibles) tales como, film, bar, sport, tram, big bang, on-off, best-seller, etc.

Hay también intrusos, por otro lado, que se utilizan en forma exagerada y absurda.

No es necesario recurrir a préstamos del extranjero para términos cuyo equivalente se encuentra válidamente incluido en el diccionario Italiano. Es revelador un episodio protagonizado por Pablo Monelli (1891-1984) quien envió un telegrama de protesta a su periódico (el "Corriere della Sera"), ya que había utilizado la palabra "killer", «humildemente me permito recordarles que quien mata por encargo, en lengua italiana, se llama sicario». El día siguiente, el periódico imprimió la palabra sicario en el título, pero entre comillas, como si ya se tratara de la palabra menos conocida entre los lectores. Hoy en día sicario es sin duda menos popular que killer y sus ramificaciones, tales como, por ejemplo, "killeraggio político".

Nos encontramos, sin querer jugar con las palabras, ante un abuso en el uso de anglicismos.

Nosotros los italianos, además, somos a menudo más ingleses que los Ingleses.

No sólo usamos el Italiés, sino que —tanto en casa como en el extranjero— también hablamos Anglitano, un lenguaje pseudo-anglosajón inventado por nosotros y que nadie —más que nosotros— entiende. Las mujeres italianas que, en Londres, quieren adquirir un "body", (es decir, según ellas, una prenda apretada que incluye sostén y calzón en conjunto), es mejor que sepan que en Inglés este término significa "cuerpo", frecuentemente utilizado en su sentido de "cadáver".

De manera similar, para comprar una gabardina con cinturón en Piccadilly Street, lo mejor es pedir un "trench coat" y no simplemente un "trench": ¡Para los británicos eso significa "trinchea"! (Por cierto, es interesante el origen del nombre "Piccadilly": alrededor del año 1600, se volvió muy popular un tipo de de cuello duro para ropa, llamado "picadil". Un sastre llamado Robert Baker se especializó y tuvo éxito en su producción y venta, al punto que llegó a acumular una gran fortuna que le permitió comprar un terreno lo suficientemente lejos de lo que entonces era el centro de Londres. En esta área, totalmente campestre, en 1626 mandó construir una gran casa conocida como "Piccadilly Hall" precisamente en donde hoy se encuentra Piccadilly Circus).

Otros términos poco apropiados del "anglitano": slip, calzones para nosotros, para los hijos de Albión significa "fondo" o cualquier prenda de vestir (no sólo ropa interior) que se deslice con facilidad. Lo mismo se aplica para bar, pub en Inglés. Refiriéndonos al deporte, derby, que para nosotros tomó el significado de un partido o competencia entre dos equipos de la misma ciudad, para los Ingleses es una carrera de caballos de potros de tres años, y deriva del nombre de Lord Derby, que fue el fundador de este tipo de eventos en el lejano 1780.

También existen anglicismos que deben ser incorporados sin modificaciones en nuestro idioma, ya que se trata de ineludibles marcas de fabricación.

Zoom, por ejemplo, se llama así porque se trata de un dispositivo (¿Como lo podríamos traducir al italiano? ¿Tal vez, transfocalizador?) producido por la empresa Zoomar. Lo mismo para "pullman", sinónimo de autobús, originalmente un vagón de lujo con literas para trenes creado por George Mortimer Pullman (1831-1897). O "frisbee", que deriva del nombre de la pastelería Frisbie Pie Company, proveedora de pasteles y tartas para comedores escolares en los años '50 que se entregaban en charola circulares de aluminio. Los estudiantes de la Universidad de Yale, que frecuentaban dicho establecimiento, comenzaron a lanzarse las charolas de los pasteles, residuos de sus abundantes comidas, y cada vez que uno de ellos lograba atrapar el disco lanzado antes de que tocara el suelo gritaban "¡Frisbie!" (nombre de la pastelería), que pronto fue transformado en "frisbee".

Otro intruso que aparece con mucha frecuencia es la palabra "quiz", término de origen estadounidense que se quedó con nosotros con el significado de "pregunta". Por lo que se refiere a la etimología de "quiz", parece que pueda ser atribuible a la apuesta realizada por un tal Daly, que se creía capaz de introducir al lenguaje común, en sólo 24 horas, una palabra sin sentido. Comenzó, entonces, a escribir en las paredes, con pintura roja, las cuatro primeras letras que pasaron por su cabeza: "QUIZ". La gente se preguntaba qué significaba y, al no poder obtener una explicación, empezó a a utilizar "quiz" como sinónimo de "pregunta que tiene que ser contestada".

Pero, entre los muchos intrusos, hay algunos que nunca abandonarán nuestra casa. ¡Eso es seguro! El número uno de estos invasores es una palabra-abreviatura, un acrónimo muy agradable, enérgico, expresivo: «O.K.». Su origen etimológico se remonta al año 1840: Martin Van Buren (1782-1862, octavo presidente de los Estados Unidos a partir de 1837 hasta 1841) se había registrado como candidato para las elecciones presidenciales en su País. Los opositores políticos lo identificaban con el apodo de Old Kinderhook ("Viejo atracador de niños") nombre derivado de su lugar de nacimiento, Kinderhook, en el estado de Nueva York.

Los partidarios de Van Buren conservaron ese apodo y fundaron el "Democratic OK Club" para promover la campaña presidencial. OK también se convirtió en el grito de batalla de su grupo político y también una forma de desear buena suerte. Este significado optimista se mantuvo incluso después de la derrota de Van Buren, que no pudo ganar ya que fue considerado responsable de una grave crisis financiera que atormentaba el País. Otra etimología, no tan acreditada, atribuye el significado de OK a la Guerra de Independencia (1775-1783) durante la cual, en los boletines del frente, parece que se utilizaba la abreviatura 0K, es decir "cero" (que puede ser también pronunciado como "oh") killed", "cero muertos". Ningún muerto. No se puede confiar en esta versión como etimología, pero es innegable que, a su manera, puede gustar.

Una breve consideración final. El italiano es una lengua joven, y precisamente por esto es un lenguaje lleno de vida, en pleno crecimiento. La solución de nuestros problemas lingüísticos, incluyendo la contaminación provocada por términos extranjeros que consideramos intrusos, no reside en el lenguaje, sino en aquellos que lo utilizan. Todos nosotros, usuarios de esta lengua tan dulce y melodiosa, debemos ser cada vez más culturalmente competentes y libres mentalmente en la elección de las palabras de nuestro discurso. Bien decía Giacomo Leopardi: «La libertad en el lenguaje tiene que surgir de la perfecta ciencia del mismo».

 

(claudio bosio / puntodincontro)

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de Claudio Bosio,