20 settembre 2012 - Non c’è dubbio. Tutti noi ci sentiamo italiani soprattutto per quanto riguarda una bevanda amara, nerognola, schiumosa, che ingeriamo molto calda, sorbendola a piccoli sorsi e più volte al giorno: il caffè-espresso.

Ci sono in commercio macchinette di diversi tipi che sono in grado di farci preparare, a casa, un «espresso» più che passabile. Ma quello che centelliniamo nel nostro bar, è tutta un’altra cosa. Puro nettare degli Dei.

L’«espresso» per la maggior parte di noi, è certamente una parola che … fa gola. A dar retta alle statistiche piace moltissimo e a tantissimi. Gli espressomani italiani consumano, al bar, circa 70 milioni di tazzine ogni giorno (le donne ne consumano di più rispetto agli uomini: 52% contro il 48%)

Chi siano questi consumatori ce lo dice un recente studio di mercato effettuato da Nespresso (2010) che li classifica i 6 categorie:

1.  gli abitudinari (28%), per i quali il caffè è una consuetudine irrinunciabile;

2.  i costretti (21%), per i quali il caffè è il sine-qua-non per iniziare bene la giornata;

3.  i ritmici (18%), per i quali il caffè scandisce i ritmi vitali;

4.  i funzionali (15%), per i quali il caffè ha straordinari effetti benefici;

5.  i limitati (11%), cioè i morigerati: non più di una tazzina al giorno;

6.  i dipendenti (7%), cioè i caffein-dopati : impossibile vivere senza caffè.

Preparare un buon «espresso» non è facile.

Secondo l’INCF (Istituto Nazionale Caffè Espresso) le condizioni importanti per ottenere un vero caffè-espresso, sono le seguenti:

 

 

Più semplicemente, ci sono due regole nazional-popolari che riguardano il caffè-espresso.

Per la sua preparazione ottimale, vale la regola delle «5 M»: Macinatura, Miscela, Macchina, Manutenzione, Mano (quella del barista, naturalmente).

Per la sua migliore degustazione, vale invece quella delle «3 S»: Seduti, Scottante, Sorseggiato.

A parte… gli scherzi, importante è la velocità di erogazione dell’«espresso». L’optimum si raggiunge quando viene emesso dalla macchina in ragione di 1 cc/sec, il che significa preparare una tazzina di 25 cc (la dose esatta) in 25 secondi. Se l'«espresso» viene erogato, supponiamo, in 15 secondi, una parte dei suoi componenti (sostanze grasse, oli essenziali ecc.) rimane nella polvere. Di conseguenza il caffè risulterà scompensato sotto il profilo sensoriale, cioè povero di corpo e più amaro del solito. Qualora l'«espresso» fosse preparato in 35 secondi, avverrà esattamente il contrario: dalla polvere del caffè saranno estratte anche le sostanze legnose, sgradevoli e astringenti.

L’etimologia della parola «espresso» » è assai semplice: deriva dal latino ed è composto da ex = fuori, e da pressus, participio del verbo premere, comprimere, schiacciare. «espresso»  quindi significa "fatto uscire fuori per compressione".

D’altra parte «espresso» ha un significato polivalente.
 

Il Caffé San Carlo di Torino, inaugurato nel 1842.

 

È, innanzitutto, un aggettivo che sta per "celere, immediato, rapido, veloce". (Es. treno-espresso , lettera-espresso …).

Inoltre il termine «espresso», come tale, può essere usato anche come aggettivo sostantivato, cioè come un aggettivo diventato nome («L’espresso») che può riferirsi, nei vari contesti, al caffè o a un treno o a un francobollo per corrispondenza celere.

Ancora, «espresso» può essere considerato una forma avverbiale, nel senso di "espressamente, appositamente, dietro richiesta specifica". (Il caffè-espresso  sarebbe quindi un caffè "preparato sul momento per la persona che lo chiede").

C’è, infine, un significato per così dire letterario (ormai desueto) di «espresso», usato come sinonimo di "fatto uscire, versato, spremuto". (… e 'l sangue espresso dilagando scese, Torquato Tasso, La Gerusalemme liberata).

In ogni caso, non c’è dubbio che l’«espresso» sia un caffè unico ed inimitabile. Ed è, per giunta, un’invenzione italianissima.

La leggenda popolare racconta sia nato per l'impazienza di un napoletano che considerava eccessivo il tempo di preparazione del caffè con le vecchie caffettiere.

Chiese allora a un ingegnere milanese di fabbricare un marchingegno (messo poi in commercio per la prima volta nel 1901) capace di mettere sotto pressione il vapore acqueo e di filtrare più rapidamente il caffè.

Che si trattasse di un napoletano o di un milanese poco importa. Il risultato fu un vero miracolo chimico, fisico e tecnologico.

Tale lo considerano gli innumerevoli abituées in Italia e all’estero. Ne era una fanatica consumatrice, ad esempio, la giallista Agatha Christie (1890-1976), per la quale "il caffè, che non sia l’«espresso», ha sempre il sapore di un esperimento chimico".

Ma perché è così speciale l’«espresso»?

Questo dipende dall’alta temperatura (circa 88°C) e dalla velocità di estrazione (25 secondi) con cui viene preparato. Con le famose macchine-«espresso» si riesce a estrarre sino al 25% delle sostanze contenute nella miscela (con gli altri metodi si arriva a non oltre il 22%). Fra questi composti sono importanti le sostanze grasse che creano minuscole goccioline di oli essenziali che si fissano alla lingua e al palato e che donano all'«espresso» la tipica sensazione di cremosità.

Se l’«espresso» è italiano al 100% cioè di nome e di fatto, il termine "caffè" non ha origini nostrane. Lo chiamiamo così avendo storpiato la pronuncia di una parola turca, "qahvè" (che significa eccitante), a sua volta derivata dall’arabo "kah wah".

Per i suoi rapporti commerciali in Vicino Oriente, Venezia fu la prima a far uso del caffè in Italia, forse fin dal XVI secolo; ma le prime botteghe del caffè furono aperte solo nel 1645. La consuetudine di bere caffè, specie in locali pubblici divenne sempre più consolidata. La denominazione di questi ritrovi si modificò, nel tempo. Dalla originale "Caffetteria", si convertì in "Caffè" e degenerò infine in "bar", squallido termine che sa di fumo e malodori.  

Ci furono, ovviamente, anche coloro che disprezzavano il caffè. Questa, ad esempio, era l’opinione del medico e letterato Francesco Redi (1626-1697) espressa nel suo Bacco in Toscana: «Beverei prima il veleno/che un bicchier che fosse pieno/dell'amaro e reo caffè/Colà tra gli Arabi e tra i Giannizzeri/liquor sì ostico, sì nero e torbido/gli schiavi ingollino…»

È noto che il caffè è una sostanza cosiddetta "nervina", perché agisce sui centri nervosi, provocando un senso di benessere generale, spronando ad essere maggiormente vigili ed attivi sul lavoro non solo fisico, ma anche e soprattutto in quello che richiede maggiore prontezza di riflessi [1]. A conferma di ciò, la più antica delle leggende ci tramanda come a Maometto (570-632 d.C.), stanco e spossato, venisse somministrato un infuso di caffè: la "pozione nera" gli permise non solo di recuperare subito forza e salute, ma di essere presto in grado di disarcionare 40 cavalieri e di soddisfare altrettante donne in una notte sola.

In tempi comparativamente più recenti, sembra che François-Marie Arouet, più noto con lo pseudonimo di Voltaire (1694-1778), se ne bevesse 50 tazze il giorno, mentre Honoré de Balzac (1799-1850), nel tempo in cui scrisse la Comédie humaine, ne avesse bevuto, a suo dire, non meno di 50.000 tazze.  

Il caffè, come il vino, vanta parecchie storie.

Interessante ricordare la più farsesca dimostrazione che "di caffè non si muore". Re Gustavo III di Svezia(1748-1792), nel firmare la condanna a morte di due criminali, decretò che la sentenza fosse eseguita avvelenandoli, cioè propinando loro 3 tazze di caffè al giorno. Non essendo morti con le prime dosi, fu stabilito di continuare a somministrare caffè sino a morte avvenuta, sotto la sorveglianza di un collegio di medici. Trascorsero parecchi anni, i condannati continuarono a bere i loro caffè quotidiani senza … defungere, sino alla venerabile età di 83 anni! (Nel frattempo, tirarono le cuoia, uno per uno, tutti i medici del collegio di "sapienti" che dovevano costatare gli effetti venefici del bere-caffè!).

Oggigiorno il caffè espresso è una specie di droga, per noi italiani.

Unici fra i consumatori di questa bevanda, ci siamo inventati (e richiediamo ci siano appositamente preparati) diversissimi tipi di «espresso»: corto, lungo, macchiato, schiumoso, corretto, in ghiaccio, shakerato, marocchino, babycino, cappuccino …

A Napoli, un tempo, si poteva richiedere un caffè «sospeso». Si trattava di una bellissima abitudine partenopea: un avventore che prendeva un caffè al bar, invece di uno ne pagava due. Il secondo lo riservata ad uno dei clienti successivi. Così, di tanto in tanto, c'era qualcuno che si affacciava alla porta del bar e chiedeva: «C’è un "sospeso"?».

Tutto questo era dovuto al fatto che erano più i clienti poveri che quelli ricchi. Oggi purtroppo non solo non esiste più chi paga un "sospeso" ma nemmeno chi è disposto ad accettarlo.

 


[1] Tale stimolazione proviene dalla "caffeina", in combinazione con l'acido caffettaninnico (miscela di vari acidi tra cui l'acido clorogenico e l'acido caffeico). L’azione eccitante della caffeina, si protrae da una a due ore dopo aver bevuta una tazzina di caffè, e, agendo sul sistema nervoso cerebro-spinale, provoca un risveglio delle facoltà mentali, allontana la sonnolenza, la noia, la stanchezza, anche quella psichica, gli stati depressivi, potenzia le capacità della memoria, dell'apprendimento, dell'intuizione e della concentrazione, facilita la percezione degli stimoli sensoriali, attenua le cefalee e le emicranie in genere. La sua azione benefica arriva anche al cuore, perché potenzia il tono arterioso, senza alterare la pressione, migliorando anche la circolazione delle coronarie. Le azioni sul cuore sono del tutto secondarie, e non sono rilevabili nelle dosi usuali di 2 - 3 tazzine. Ciò vale soprattutto per quelle che possono essere considerate le azioni negative, cioè la tachicardia. Sul gran simpatico stimola i nervi vasomotori e dunque facilita la digestione.

 

(claudio bosio / puntodincontro)

 

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20 de septiembre de 2012. - No hay duda: Todos nosotros nos sentimos italianos sobre todo en lo que respecta a la bebida amarga, negruzca, espumosa, que ingerimos muy caliente, sorbiéndola en pequeños tragos y varias veces al día: el café-expreso.

Existen a la venta máquinas de diversos tipos que están en grado de hacernos preparar en casa, un “expreso” más que aceptable. Pero aquel que disfrutamos en “nuestra” cafetería, es otra cosa. Puro néctar de los Dioses.

El expreso, para la mayoría de nosotros es ciertamente una palabra que sin duda…es tentadora. Tomando en cuenta las estadísticas, gusta muchísimo a muchísimos. Los “expreso maníacos” italianos, consumen en la cafetería alrededor de 70 millones de tacitas al día (las mujeres lo consumen más respecto a los hombres, 52% contra 48%)

Quienes son estos consumidores nos lo dice una estudio reciente hecho por “Nespresso”

1. los “asiduos”: (28%) Para los que el café es una costumbre irrenunciable.

2. los “forzados”: (21%) Para los que el café es el sine-qua-non para iniciar bien la jornada.

3. los “rítmicos” (18%) Para los que el café “enciende” los ritmos vitales.

4. los “funcionales” (15%) Para quienes el café tiene extraordinarios efectos benéficos.

5. los “limitados”  (11%) es decir, los moderados. No más de una taza al día.

6. los “dependientes” (7%) o sea, los cafeinómanos. Para ellos es imposible vivir sin una taza de café.

Preparar un buen expreso no es fácil. Según la INCF (Instituto Nacional del Café Expreso) las condiciones importantes para obtener un buen café expreso son las siguientes:
 


 

Para más fácil, existen dos reglas populares-nacionales que refieren al café expreso.

Para su óptima preparación, vale la regla de las 5 M's: Molido, Mezcla, Máquina, Mantenimiento, Mano (la del encargado de la barra, naturalmente).

Para una mejor degustación, vale, en cambio, la regla de las 3S's: Sentados, Supercaliente y a Sorbos.

Ya hablando en serio, es importante la velocidad de entrega del expreso. El tiempo óptimo se alcanza cuando sale de la máquina a razón de 1cc/seg, lo cual, significa preparar una taza de 25 cc. (la dosis exacta) en 25 segundos. Si el expreso sale, supongamos, en 15 segundos, una parte de sus componentes (sustancias grasas, aceites esenciales, etc.) queda en el polvo. Por consecuencia, el café resultará descompensado bajo el perfil sensorial, es decir, pobre de cuerpo y más amargo de lo normal. Si el expreso sale en 35 segundos, el resultado será exactamente el opuesto: del polvo del café también se extraen sustancias leñosas, astringentes y desagradables.

La etimología de la palabra “Expreso” es muy simple: deriva del latín y está compuesto de “ex”=fuera y de “pressus”, participio del verbo oprimir, comprimir, aplastar. Por lo tanto, significa “sacado por compresión”

Por otra parte, la palabra “expreso” tiene un significado polivalente.

 

El Caffé San Carlo de Turín, inaugurado en 1842.

 

Es, antes que nada, un adjetivo que está por “expreso, inmediato, rápido, veloz” (Ej. Tren-expreso, correo expreso, etc.).

Además el término “expreso”, como tal, puede ser usado también como adjetivo sustantivo, es decir, como un adjetivo convertido en nombre (el expreso), que puede referirse, en varios contextos, a un tren o a una estampilla de correo expreso.

Todavía, “expreso” puede ser considerado una forma adverbial, en el sentido de “expresamente, específicamente, a petición de una persona” (el café expreso, sería, por lo tanto, un café “preparado al momento para la persona que lo pide”)

Hay, por último, un significado, por así decirlo “literario” (ahora pasado de moda) de expresso, usado como sinónimo de “arrojado, versado, exprimido” (… la sangre vertida bajó esparciéndose, Torcuato Tasso, “La Jerusalén liberada”)

En cualquier caso, no hay duda que el “expreso” sea un café único e inimitable, y es además, una invención italianísima.

La leyenda popular cuenta que surgió de la impaciencia de un napolitano que consideraba excesivo el tiempo de preparación de un café con las viejas cafeteras. Luego le pidió a un ingeniero milanés de fabricar un artilugio (puesto después al comercio por primera vez en 1901) capaz de meter bajo presión el vapor de agua y de filtrar más rápidamente el café.

Que se tratara de un napolitano o de un milanés importa poco. El resultado fue un verdadero milagro químico, físico y tecnológico. Tal lo consideran los innumerables abitueés en Italia y en el extranjero.

Una fanática consumidora, por ejemplo, fue la escritora de thrillers Agatha Christie (1890-1976), la cual afirmaba que «el café que no sea el expreso, tiene siempre el sabor de un experimento químico»

Pero por qué es así de especial el expreso?

Esto depende de la temperatura (alrededor de 88 grados centígrados) y de la velocidad de extracción (25 seg.)a la cual se prepara. Con las famosas máquinas expreso se logra extraer hasta el 25% de las sustancias contenidas en la mezcla (con los otros métodos se logra extraer no más del 22%). Entre estos compuestos, son importantes las sustancias grasas que crean minúsculas gotitas de aceites esenciales que se fijan en la lengua y el paladar y que le dan al expreso la típica sensación de cremosidad.

Mientras que el expreso es italiano al 100%, es decir, de nombre y de hecho, el término “café” no tiene relación alguna con el país de la bota. Lo llamamos así habiendo estropeado la pronunciación de una palabra turca, "qahvè" que significa “excitante” y que, a su vez, deriva del árabe "kah wah".

Por sus relaciones comerciales con el vecino Oriente, Venecia fue la primera en hacer uso del café en Italia, tal vez a principios del siglo XVI. Pero los primeros talleres de café fueron abiertos en 1645. La costumbre de beber café, especialmente en lugares públicos, se convierte en algo cada vez más consolidado. De la original “caffeteria” se convirtió en “caffe” y al final degeneró en “bar” escuálido término que sabe de humo y malos olores.

Hubo obviamente, también aquellos que despreciaban al café. Ésta, por ejemplo, era la opinión del médico y literato Francesco Redi (1626-1697), incluida en su obra “Bacco en Toscana”: «Bebería antes veneno/que un vaso lleno/del amargo café/Allá entre los árabes y los Jenízaros/un licor tan desagradable, negro y turbio/debe ser tomado por los esclavos…»

Es notorio que el café es una sustancia considerada “estimulante” porque actúa sobre los centros nerviosos provocando una sensación de bienestar general, estimulando a estar mayormente vigiles y activos en el trabajo no lo físico, sino también y sobre todo en aquel que exige mayor una mayor atención de los sentidos [1].  Para confirmación de esto, la más antigua de las leyendas, nos dice cómo Muhammad (570-632 d.C.), cansado y agotado, se le dio una infusión de café la “poción negra” le permite no solo recuperar rápidamente la fuerza y la salud, sino de estar listo en grado de desbancar 40 caballeros y de satisfacer tantas mujeres en una sola noche”.

En tiempos comparativamente mas recientes parece que François-Marie Arouet, más conocido con el pseudónimo de Voltaire, (1694-1778), bmentre Honoré de Balzac (1799-1850) en el tiempo en el que escribe la Comedie Humaine , se bebió, según él,  no menos de 50 000 tazas.

El café como el vino, tienen un montón de historias.

Interesante recordar la más absurda demostración de “de café no se muere”. El rey Gustavo III de Suiza (1748-1792), al condenar a muerte a dos criminales, decretó que la sentencia fuera llevada a cabo envenenándolos, es decir, propinándoles tres tazas de café al día. No muriendo con la primeras dosis, se decidió de continuar dándoles café hasta que les llegara la muerte, bajo la vigilancia de un colegio de médicos. Transcurrieron muchos años, los condenados continuaron a beber su café cotidiano sin…morir, a la venerable edad de 83 años! (Mientras tanto, se tiraron de los cueros, uno por uno, todos los médicos del colegio de “sapientes” que debían constatar los efectos venenosos de beber café!.

Hoy en día, el café expreso es una especie de droga para nosotros, los italianos.

Únicos entre los consumidores de esta bebida, hemos inventado (y nosotros esperamos que estén especialmente preparados) muchísimos tipos de expreso (corto, lungo, macchiato, espumoso, corretto, en hielo, shakerato, marroquí, babycino, cappucino)

En Nápoles, un tiempo,  se podía pedir un café “suspendido”. Se trataba de una bellísima costumbre napolitana. Un cliente que tomaba  un café en el bar, en  En vez de pagar uno, pagaba dos. El segundo lo reservaba a uno delos clientes sucesivos. Así,  de tanto en tanto, había alguien que se asomaba a la puerta y preguntaba “hay un suspendido?”

Todo esto era debido al hecho de que eran más los clientes pobres que los ricos. Hoy, desafortunadamente, no sólo no existe quien paga un “suspendido” sino ni siquiera quien esté dispuesto a aceptarlo.


[1] Tales estimulos provienen de la  cafeina, en combinacion con al acido cafetanínico  (combinacion de varios acidos tales como el acido clorogénico y el acido cafeico). El efecto excitante de la cafeina se obtiene despues de una a dos horas de haber bebido una taza pequeña de café, y actuando sobre el sistemo nervioso, provoca una estimulacion en las facultades mentales, ahuyenta la somnolencia, el aburrimiento, el cansancio –tanto el mental como el fisico -, los estados depresivos, fortalece la capacidad de la memoria, del aprendizaje, de la intuición y de la concentración, facilita la percepcion de los estimulos sensoriales, atenúa las jaquecas y las migrañas en general. Sus beneficios alcanzan tambien al corazon, puesto que fortalece tono vascular sin alterara la presion, mejorando asi la circulación en las arterias coronarias. Los efectos sobre el corazon son completamente secundarios, y no son notorios con las dosis usuales de 2-3 tazas pequeñas. Esto es importante sobre todo para los efectos que pueden ser considerados negativos, como la taquicardia. Sobre el gran simpático, Estimula los nervios vasomotores y por lo tanto, la digestion

 

(claudio bosio / puntodincontro)

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