Osso, Mastrosso e Carcagnosso in un'illustrazione di Enzo Patti.


23 febbraio 2012 - Dicono che "mafia" sia la parola italiana più conosciuta nel mondo d’oggi.

Il vocabolario Devoto-Oli ne dà questa definizione: «Complesso di piccole associazioni clandestine (cosche) rette dalla legge dell'omertà e del silenzio, che esercitano il controllo di alcune attività economiche e del sottogoverno [1] nella Regione Siciliana».

Quanto all’etimologia, le opinioni sono assai discordanti.

Secondo alcuni la parola ha origine nel lontano 1658, come soprannome di una fattucchiera, sfrontata e sprezzante, "Caterina la Licatisa nomata ancor Maffia", citata in un elenco ufficiale di eretici, riconciliati dall'Atto di Fede dell'Inquisizione Siciliana.

Già in questo primo caso, mafia è sinonimo di spavalderia, forza, arroganza. È, come dirà Montanelli, "un’immagine per gli altri".

Ma la più accreditata è l’origine araba del termine, anche se non afferisce a una sola genesi: può derivare da "mā-hias", "spaccone", oppure da "ma afir", nome di gruppo etnico islamico che dominò Palermo nel periodo saraceno o, ancora, da "maha^fat", "protezione dei deboli" (da mu, salute e afah, proteggere) o da "maehfil" "adunanza". Nell’arabo parlato (non quello letterario) è usato Il termine "mā fi-ha", a significare "non c'è", "non esiste".

Oltre che un’ipotetica derivazione dal dialetto toscano, dove maffia starebbe per "miseria", "ostentazione vistosa", si può registrare tutta una serie di spiegazioni pseudo-etimologiche del termine mafia, veramente spassose.

Ad esempio, l’italo-americano Joe Bonanno (mafioso di Castellammare) si rifà alla leggenda secondo la quale a scatenare la rivolta dei Vespri Siciliani, nel 1282, fu la violenza carnale subita da una bellissima ragazza palermitana ad opera di un soldato francese. A dar retta a questo signore, la parola “mafia” deriverebbe dall’urlo disperato della madre della ragazza:"Ma fìa, ma fìa!" ("Mia figlia, mia figlia!").

In questa categoria rientrano anche gli incredibili, fantasiosi acronimi di M.A.F.I.A.

Uno di questi, si riallaccia proprio ai Vespri Siciliani [2]: "Morte Ai Francesi Indipendenza Anela" oppure "Morte Alla Francia l'Italia Arde".

 

Francesco Hayez, dalla serie "I vespri siciliani" (1846), scena 3.

 

Secondo un'altra ricostruzione, nel 1860, in previsione del viaggio in Sicilia di Giuseppe Mazzini, le organizzazioni segrete siciliane sarebbero state incitate all’azione da un chiaro (?) messaggio nascosto nell’acronimo MAFIA: "Mazzini Autorizza Furti Incendi Avvelenamenti".

Va comunque rilevato come la mafia siciliana abbia un proprio nome particolare: "Cosa nostra".

Le varie ramificazioni criminali di "Cosa nostra", nel nostro Paese e all’Estero, sono genericamente indicate col termine di "mafie". In Italia, è più che noi sa, la malavita di tipo mafioso non è un fenomeno puramente siciliano: in Campania è sorta la "Camorra" (236 cosche), in Puglia si è formata "La Sacra Corona Unita" (47 cosche), in Calabria la "'Ndrangheta" (160 cosche). L’organigramma ed il funzionamento di queste associazioni criminali sono assai simili fra loro e strutturati sulla falsariga di quelli originali di "Cosa Nostra"(186 cosche).

Le"cosche" sono il tessuto strutturale dell’organizzazione mafiosa: stranamente, molti dizionari non riportano il lemma "cosca". Rifacendoci, però, al romanzo Il giorno della civetta, di Leonardo Sciascia, scopriremmo che la cosca non è altro che la fitta corona di foglie del carciofo. (In botanica, è detta la brattea del carciofo, dal lat. brattea = laminetta, e dall’arabo al-kharshûf = carciofo). Pertanto cosca è una forma derivata del tardo latino coscla, costola della foglia. Questa analogia, per così dire, botanico-mafiosa, regge bene perché, in effetti, la cosca è larga alla base e stretta al vertice, costituita da elementi stretti tra loro, coriacei e acuminati. Più cosche fanno una famiglia. Una o più famiglie operano in determinati "mandamenti", porzioni di territorio sotto controllo mafioso. La famiglia è composta da "uomini d'onore", coordinati, per ogni gruppo di dieci, da un "capodecina" ed è governata da un capo di nomina elettiva, chiamato anche "rappresentante", il quale è assistito da uno o più "consiglieri". L'attività delle famiglie è coordinata da un organismo collegiale, denominato "cupola", che ha il compito di assicurare il rispetto delle regole sia all'interno di ciascuna famiglia sia nelle vertenze fra famiglie.

La famiglia esercita, sul mandamento di competenza, funzioni di assoluta sovranità. Famoso, in quest’ambito, è il "pizzo", (in siciliano = becco) una tangente estorta ai vari possidenti e commercianti. La formula per reclamare la tangente pare, appunto, sia: "fateci vagnari u pizzu", cioè fateci "bagnare il becco".

Per inciso, fu Don Vito Cascio Farro (1862-1943), il famoso boss siculo-newyorkese, ad inventarlo. Si tratta del famigerato "gangster del barile", quel don Vito che si liberò del suo rivale Benedetto Madonia, tagliandolo a pezzi e chiudendolo dentro un barile. Fu arrestato, per vari crimini, ben 69 volte, ma fu sempre rilasciato, finché, tornato a Palermo, incappò in Cesare Mori, l’altrettanto famoso "Prefetto di Ferro" mussoliniano: finì in galera, con un ergastolo sulle spalle. Fece una fine orribile. Nel 1943, a causa dei bombardamenti americani, il carcere di Pozzuoli, dove era recluso, fu fatto evacuare. Il caso volle che lui venisse … dimenticato in cella. Morì d’inedia. (dal latino "in edere", non mangiare).

Un’ultima curiosità, per concludere.

Secondo una tradizione popolare, i fondatori di Cosa nostra, 'ndrangheta  e camorra sarebbero stati tre cavalieri spagnoli: Osso, Mastrosso e Carcagnosso. Osso sarebbe stato il rappresentante-intermediario di Cristo, Mastrosso di San Michele Arcangelo e Carcagnosso di San Pietro. Fuggiti da Toledo nel 1412 (erano ricercati per aver "vendicato" l'onore della sorella) i tre cavalieri giunsero nell'isola siciliana di Favignano, dove vissero, per quasi 30 anni, nelle cave di tufo locali. Dopo questa auto-segregazione, i tre lasciarono l'isola per fondare nel Sud-Italia delle società segrete simili alla "Garduna", un’associazione iberica di cui erano stati membri. Osso, pigrone!, non si mosse dalla Sicilia e fondò Cosa nostra; Mastrosso, invece, si stabilì in Calabria, dove gettò le basi della 'ndrangheta; Carcagnosso, infine, viaggiò fino a Napoli, dove diede vita alla camorra. Si dice che, ancora oggi, i neo-affiliati della 'ndrangheta giurino fedeltà in nome dei tre cavalieri di Toledo, bruciando un santino di San Michele Arcangelo sul quale avevano fatto cadere tre gocce del loro sangue.


[1] La politica di consolidamento del potere svolta in taluni casi dai partiti al governo (dello stato, delle regioni, degli organismi periferici) con l’assegnazione ai propri elettori di posti chiave nell’amministrazione centrale e nei vari enti economici e finanziari, indipendentemente dalle loro capacità e quindi a danno della collettività.

[2] I Vespri siciliani furono dei moti rivoluzionari popolari, scoppiati a Palermo nel XIII secolo. In Sicilia dominava, dal 1266, la dinastia francese degli Angioini. Si vuole che un soldato francese di nome Drouet, nel tardo pomeriggio del 31 marzo 1282, abbia infilato una mano nel seno di una bellissima donna, con la scusa di controllare se portasse armi con sé. La giovane stava uscendo dalla chiesa, dove si era appena sposata. Questa fu la causa della rivolta popolare nei confronti degli angioini, rivolta che sfociò in una guerra lunga vent’anni. Pare che, alle persone sospette di essere dei francesi, si facessero vedere dei ceci, chiedendo: cosa sono questi? Un francese, non sapendo pronunciare la "c" dolce, avrebbe risposto "sesì". A fianco dei siciliani, contro i francesi, si schierò Pietro III d’Aragona. Fu così che, nel 1302, con la pace di Caltabellotta, la Sicilia passò dalla dominazione angioina a …quella aragonese!

 

(claudio bosio / puntodincontro)

 

bullet

Clicca qui per leggere gli altri articoli della serie Storia di parole italiane (e non), di Claudio Bosio,

***

23 de febrero de 2012. - Dicen que "la mafia" es la palabra italiana más famosa en el mundo de hoy.
El diccionario de la lengua italiana Devoto-Oli la define así: "Un complejo de pequeños grupos clandestinos (pandillas), regidas por la ley de la "omertà" y del silencio que ejercen control sobre algunas actividades económicas y de subgobierno en la Región de Sicilia".

En cuanto a la etimología, las opiniones están muy divididas.

Según algunos, la palabra se originó en el lejano 1658 y era el apodo de una bruja, descarada y despectiva, "Catalina la Licatisa, todavía llamada Maffia", incluída en una lista oficial de herejes, reconciliados por la Ley de la Fe de la Inquisición de Sicilia.

Ya en este primer caso, la palabra mafia es sinónimo de imprudencia, fuerza y ​​arrogancia. Es, como dijo más tarde Montanelli, "una imagen para los demás".

Hay mayor acuerdo, sin embargo, entorno al origen árabe de la palabra, aunque no se refiere a una única procedencia: se puede derivar de "mā-hias" (fanfarrón) o de "ma afir", el nombre de una etnia musulmana que dominó la ciudad de Palermo durante el periodo sarraceno, o incluso de "maha^fat" (protección para los débiles) (de "Mu", salud y "afah", proteger) o de "maehfil" (asamblea). En el idioma árabe hablado (no literario) se ha utilizado el término "mā fi-ha", que significa "no está", "no existe".

Además de una derivación hipotética del dialecto toscano, según la cual "maffia" significaría "miseria", "ostentación vistosa", existe toda una serie de explicaciones pseudo-etimológicas del término, muy divertidas.

Por ejemplo, el italo-americano Joe Bonanno (mafioso de Castellamare, en Sicilia) se refiere a la leyenda que relata que la revuelta de las Vísperas Sicilianas, en 1282, fue el abuso sexual sufrido por una hermosa chica de Palermo de parte de un soldado francés. En opinión de este señor, la palabra "mafia" se derivaría del grito desesperado de la madre de la chica, "Ma fía, ma fía!" ("¡Mi hija, mi hija!").

En esta categoría se encuentran también las increíbles y fantasiosas siglas para la palabra M.A.F.I.A..

Una de ellas está relacionada precisamente con las Vísperas Sicilianas: "¡Muerte A los Franceses, Independencia Anhelamos!" o "Muerte A Francia, Italia Arde".

De acuerdo con otra de reconstrucción, en el año 1860, en previsión del viaje a Sicilia de Giuseppe Mazzini, las organizaciones secretas en Sicilia habrían sido incitadas a la acción por un claro (?) mensaje oculto en el acrónimo MAFIA: "Mazzini Autoriza Fechorías, Incendios y Aberraciones".

Cabe señalar, sin embargo, que la mafia siciliana tiene su propio nombre particular: "Cosa Nostra".

Las diversas ramificaciones criminales de la "Cosa Nostra" en nuestro país y en el extranjero, por lo general se indican con el término "mafias". En Italia, lo sabemos, el crimen de tipo mafioso no es puramente siciliano: en la Región Campania surgió la "Camorra" (236 clanes), en Apulia se ha formado la "Sacra Corona Unita" (47 bandas), en Calabria la "'Ndrangheta" (160 clanes). La organización y el funcionamiento de estos grupos delictivos son muy similares entre ellos y están basados en el modelo original de la "Cosa Nostra" (186 clanes).

Las "bandas" (coscas) constituyen el tejido estructural de la mafia: curiosamente, muchos diccionarios no mencionan la palabra "cosca" (banda). Si nos referimos, sin embargo, a la novela El día de la lechuza de Leonardo Sciascia, descubrimos que la "cosca" no es más que la densa corona de hojas de la alcachofa (en botánica, se le denomina la bráctea de la alcachofa, del latín "brattea" = pequeña lámina y del árabe al-kharshûf = alcachofa). Por lo tanto "cosca" es una forma derivada del latín tardío "coscla", costilla de la hoja. Esta analogía, por así decirlo, botánica y mafiosa tiene sentido porque, de hecho, la cosca es ancha en la base y estrecha en la parte superior, hecha a base de elementos muy unidos entre ellos, duros y afilados.

Muchas "coscas" forman una familia. Una o más familias operan en "mandamientos", porciones del territorio bajo el control de la mafia. La familia se compone de "hombres de honor", coordinados, para cada grupo de diez, por un "jefe de decena" y es gobernada por un jefe elegido, también llamado "representante", que —a su vez— es asistido por uno o más "consejeros" (consiglieri). Las actividades de las familias son coordinadas por un órgano colegiado, denominado "cúpula", que es responsable de hacer cumplir las reglas dentro de cada familia y entre ellas.

La familia ejerce —en el territorio que le corresponde— funciones de soberanía absoluta. Es famoso, en este contexto, el "derecho de piso" (pizzo, que en dialecto siciliano significa pico), un soborno que se obtiene de los diferentes terratenientes y comerciantes. La fórmula para solicitar la transferencia de las sumas de dinero relacionadas con esta actividad parece ser, precisamente: "fateci vagnari u pizzu" (déjenos mojar el pico).

Por cierto, fue Don Vito Cascio Farro (1862-1943), el famoso jefe de Sicilia y Nueva York, quien lo inventó. Se volvió famoso con el apodo de "gangster de la barrica", dado que Don Vito se deshizo de su rival Benedetto Madonia, cortándolo en pedazos que fueron guardados precisamente en un barril. Fue detenido, por diversos delitos, en 69 ocasiones, pero siempre fue puesto en libertad hasta que —de regreso en Palermo—, se topó con Cesare Mori, el no menos famoso "Prefecto de hierro" de Mussolini: terminó en la cárcel sentenciado a cadena perpetua. Su muerte fue horrible. En 1943, a causa de los bombardeos de los Estados Unidos, la cárcel de Pozzuoli, donde se encontraba, fue evacuada. La casualidad quiso que él fuese ... olvidado en su celda. Murió de inanición (del latín "in edere": no comer).

Una última curiosidad, para concluir.

Según la tradición popular, los fundadores de la Cosa Nostra, 'Ndrangheta y de la Camorra habrían sido tres caballeros españoles: Osso, Matrosso y Carcagnosso. Osso era el representante de Cristo, Matrosso del Arcángel San Miguel y Carcagnosso de San Pedro. Los trescaballeros huyeron de Toledo en 1412 (se les buscaba por haber "vengado" el honor de su hermana) y llegaron a la isla siciliana de Favignano, donde vivieron durante casi 30 años en las minas de cantera del lugar.

Después de este acto de auto-segregación, los tres abandonaron la isla para fundar en el sur-Italia unas sociedades secretas similares a la "Garduña", una asociación ibérica de la que habían sido miembros. Osso, perezoso, no se movió de Sicilia y fundó la Cosa Nostra; Mastrosso, por otro lado, se estableció en Calabria, donde sentó las bases de la 'Ndrangheta. Carcagnosso, finalmente, viajó a Nápoles, donde dio vida a la Camorra. Se dice que, aún hoy, los nuevos miembros de la 'ndrangheta juran lealtad en el nombre de los tres caballeros de Toledo, quemando una representación de San Miguel Arcángel sobre la cual dejan caer tres gotas de su sangre.

 

(claudio bosio / puntodincontro)

 

bullet

Haz clic aquí para leer los demás artículos de la serie Historia de palabras y italianas (y no),
de Claudio Bosio,