23 maggio 2012 - Fra circa due mesi, esattamente il 27 luglio p.v., avrà inizio, a Londra, la XXX Olimpiade dell’era moderna, evento sportivo "rinato" nel 1896 per iniziativa del francese Pierre de Frédy, barone di Coubertin (1863-1937).

Il termine sport, inteso come attività praticata per gioco o competizione, non esisteva nel vocabolario greco.

I Greci usavano sinonimi diversi: gumnastikae, gimnastikae (da gumnos, gymnos, nudo, perché gli atleti si confrontavano nudi) oppure agon, agon (concorso, lotta, emulazione) o aqlon, athlon (sforzo, lotta) o ancora aqlos, athlos (combattimento) da cui i nostri aggettivi "agonistico" e "atletico". Il termine sport ha, d’altra parte, una storia di vecchia data. Deriva dal latino deportare cioè uscire fuori porta, nel senso di uscire al di fuori delle mura cittadine per dedicarsi ad attività agonistiche. Da questo lemma derivarono il provenzale deportar, lo spagnolo deporte, il francese desporter (divertimento, svago) e quindi, nel tardo XIV secolo, il termine inglese disport, abbreviato, intorno al XVI secolo, nell'odierno sport.

Contrariamente a quanto affermato da de Coubertin, per i Greci antichi la semplice partecipazione a un’Olimpiade non era affatto importante: l’importante era vincere. Il podio (dal latino podium, che deriva dal greco πόδιον,  a sua volta derivato da pous, piede) era per uno solo, non per il secondo né per il terzo posto classificato. Anche lo spirito di squadra mancava: la partecipazione alla competizione era strettamente individuale. In tutte le gare, in ogni caso, non c’era il concetto di record: si vinceva e basta e ogni olimpiade faceva testo a se stessa. Atleti, allenatori, amici e parenti arrivavano a Olimpia un mese prima dei Giochi per meglio adattarsi alle locali condizioni ambientali: feroce canicola e limitata disponibilità di acqua potabile. Per essere ammessi ai Giochi gli atleti dovevano soddisfare a due condizioni: essere di origine greca e di libera condizione. Era escluso dai concorsi chi era reo di un delitto contro un altro greco e quelli che avevano perduto i diritti civili; Lo spettacolo era aperto a tutti, schiavi compresi; le donne, invece no: pena la morte, erano drasticamente escluse dall'assistere ai concorsi. Soltanto una donna poteva presenziare: era la Sacerdotessa di Demetra, una autorevole signora, scelta fra le notabili e convenientemente maritata.

Le competizioni in cui gli atleti si misuravano, erano:

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Stadion (gara di corsa pari a 192,24 metri cioè la lunghezza dello stadio di Olimpia)

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Diaulos (corsa sulla distanza doppia dello Stadion)

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Dolicos (corsa di resistenza, 7 o 24 volte lo stadium cioè 1.400 o 4.400 metri)

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Pugilato

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Lotta

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Pancrazio, un misto di lotta e pugilato. Il termine (dal greco pankration, pankràtion, pan = tutto e kràtos=forza) significa "intera forza (del corpo)".

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Pentathlon (Salto in lungo, Lancio del giavellotto, Lancio del disco, Corsa, Lotta)

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Hoplitodromos (Corsa con le armi)

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Gare equestri (Corse dei carri e dei cavalli)

Un umile fornaio, Koròibos d’Elide, vinse i primi Giochi olimpici antichi: c’era un’unica gara in programma, lo stadion. Tra i più famosi partecipanti ai Giochi sono da ricordare Filippo II di Macedonia, suo figlio Alessandro il Grande, il filosofo e matematico Pitagora (che vinse un’Olimpiade nel pugilato e fu medico della squadra di Crotone).

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Fra i vincitori vi furono anche degli ... "italiani" e cioè:

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Icco, da Taranto (Pentatlon, 472 a.C.)

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Exainetos, da Agrigento (Stadion, 416,412 a.C.)

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Astylos, da Crotone (stadion, diaulos, hoplitodromos, 6 titoli/3 olimpiadi,488,484,480 a.C.)

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Milone, da Crotone (lotta, 6 volte = dal 532 al 512 a.C.)

Fondamentale, per i Greci antichi, era la data in cui ebbe luogo la Ia Olimpiade, perché fu  assunta come elemento base per la numerazione degli anni. Secondo il nostro calendario, la datazione è in relazione con la nascita di Cristo (prima e dopo); la tradizione musulmana inizia invece dall'Egira, ossia dalla fuga di Maometto da La Mecca a Medina (per noi il 622 d.C.); per i Romani tutto cominciava con la fondazione di Roma, "Ab Urbe condita",(per noi il 753 a.C.). Per i Greci antichi gli anni erano misurati a partire dalla disputa dei primi Giochi Olimpici (per noi il 776 a.C.). Fu Timeo (350-260 a.C. circa), storico di Tauromenio, l’antica Taormina, ad adottare questo elemento di computo cronologico: liste cronologiche dei vincitori dei giochi Olimpici, confrontate con gli elenchi dei governanti delle varie città greche.

Ma, secondo la tradizione mitologica, le Olimpiadi ebbero inizio 10 secoli prima e furono fondate da Pélope, (in greco Πέλοψ, "occhio nero"), l'eroe eponimo del Peloponneso (=Pélopos + nésos, "l'isola di Pelope"). Pelope si era innamorato di Ippodamia, figlia di Enomao, re di Pisa (in Elide) al quale un oracolo aveva vaticinato che sarebbe morto per mano del proprio genero. Per scongiurare questa predizione, Enomao promulgò un editto per cui concedeva in sposa la figlia a chi lo avesse superato in una gara con i carri. Il pretendente, se avesse vinto, avrebbe sposato Ippodamia ("colei che doma i cavalli") in caso contrario sarebbe stato ucciso.

 

Pelope e Ippodamia.

 

Enomao era certo di non poter essere mai battuto perché possedeva dei cavalli divini, Psilla (pulce) e Arpinna (razziatrice) invincibili nella corsa. Pelope, il 14° concorrente, accettò la sfida ma, pur avendo un carro leggerissimo e per di più trainato da cavalli alati, (munifico dono di Poseidone) si premurò di vincere… non proprio sportivamente: corruppe Mirtilo, l'auriga di Enomao, figlio del dio Hermes, promettendogli che, in caso di vittoria, gli avrebbe garantito lo "ius primae noctis" con Ippodamia. Mirtilo, anch’egli follemente innamorato della principessa, accettò l'offerta di Pelope.

Tolse quindi i perni degli assali del carro di Enomao e li sostituì con dei pezzi di cera. Durante la corsa le ruote si staccarono, il carro si rovesciò ed Enomao morì. Pelope però si guardò bene da stare ai patti e affogò in mare il povero auriga. Questi, prima dell’ultima … sorsata d’acqua, maledisse il suo fedifrago assassino e tutta la sua discendenza. (NB = si vuole che Ippodamia, la sposa tanto ambita, lo abbia reso padre di 20 figli!). Pelope, per sfuggire alla maledizione, tentò di accattivarsi i favori di Zeus istituendo, appunto in onore del sommo Padre degli Dei, i Giochi olimpici. Invano: la maledizione si rivelò tragicamente vera. La subirono anche i nipoti di Pélope, gli omerici fratelli Agamennone e Menelao. Essi ignoravano, forse, l’anatema di Mirtilo, ma certo scopersero, a loro spese, che razza di mogli si erano messe in casa, le gemelle Clitennestra ed Elena. Sangue e corna! Ma questa è un’altra storia.

Per finire, alcune curiosità:

Gli "sponsor esistevano già allora. Gli atleti migliori erano ingaggiati a gran prezzo da facoltosi patrocinatori, che li finanziavano in tutto e per tutto durante la preparazione. Interessante l’etimologia di sponsor: dal latino "garante", "padrino", in collegamento con la radice del verbo spondere, "dare garanzia", "obbligarsi", da cui, al riflessivo, "sposarsi".

Le donne non erano ammesse ai Giochi né come atlete né come spettatrici, forse per decenza dato che i gareggianti erano completamente nudi. Si cita il caso di Callipatira, allenatrice del figlio (pugile), che si confuse fra gli spettatori, travestita da uomo. Ma nello scavalcare le transenne per abbracciare il figlio vincitore, perse gli indumenti rivelando le sue forme. Condannata a morte, fu graziata solo perché discendente di una antica famiglia di vincitori olimpici. Tuttavia, dopo l’accaduto, si adottò il provvedimento per il quale tutti gli spettatori avrebbero dovuto denudarsi all'inizio delle competizioni.

Nel corso del tempo quest’usanza venne abbandonata ma rimase comunque l'intolleranza verso le donne: ad accedere per la prima volta ai Giochi (nel 376 a.C. 100a Olimpiade) fu Cinísca (Κυνίσκα "bambolina") la sorella del re di Sparta Agesilao II ("capo del popolo", da aghe ="colui che guida" e laos = "popolo"). Fu proclamata vincitrice con le quadrighe, carri a quattro cavalli. Va detto, però, che Cinisca non guidò di persona i propri corsieri: si limitò ad inviarli ad Olimpia assieme all’auriga. (dal lat. aureae = briglie, ago = conduco, dove aureae è deriv. da os, oris =bocca, quindi "ciò che sta in bocca del cavallo") In caso di vittoria, come avvenne, era infatti previsto che non fosse premiato l’effettivo conducente del cocchio, ma la proprietaria.

Alle donne greche erano riservati, in forma esclusiva, i Giochi Erei, in onore di era, moglie di Zeus, protettrice del gentil sesso. Erano gare di corsa, suddivise per categorie di età. Si svolgevano in epoca diversa rispetto ai Giochi maschili ed erano tassativamente interdette agli uomini (allenatori o spettatori). Le concorrenti non gareggiavano nude ma indossavano un "chitonisco scisso", cioè una tunica corta con aperture laterali per consentire il libero movimento delle gambe. In campo agonistico, le Spartane erano particolarmente rinomate per la loro muscolatura, soda e tonica. Erano abituate a fare "sport": a Sparta, le donne, oltre a praticare sistematicamente vari esercizi ginnici (tra cui la bibasis, bibasis, una sequenza di saltelli in cui i talloni toccavano i glutei) partecipavano a gare pubbliche di corsa e di lotta. Da rilevare che erano competizioni miste, cioè aperte a concorrenti di ambo i sessi.

«fuori casa con i giovani, con le gambe nude e gli abiti ondeggianti».

Un vero scandalo! Anche per il drammaturgo Euripide (485-406 a.C.) che così le aveva descritte nella sua tragedia Andromaca.

Forse si è trattato delle prime "minigonne" della storia e le minigonne, allora come oggi, sono destinate a nascondere l’essenziale e a far nascere incantevoli idee!

 

(claudio bosio / puntodincontro)

 

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23 de mayo de 2012. - Dentro unos dos meses, exactamente el 27 de julio próximo, comenzará en Londres, la XXX Olimpiada de la era moderna, un evento deportivo que "renació" en el año 1896 por iniciativa del francés Pierre de Frédy, Barón de Coubertin (1863-1937).

El término “deporte”, entendido como una actividad que se practica por diversión o por competencia, no existía en el vocabulario griego. Los griegos usaban varios sinónimos: gumnastikae, gimnastikae (de gumnos, gymnos, desnudo, debido a que los atletas se enfrentaban sin ropa) o agon, agon (competencia, lucha, emulación) o aqlon, athlon (esfuerzo, lucha) o aqlos, athlos (combate) a partir de los cuales surgieron nuestros sustantivos "gimnasia" y "atletismo". El término “deporte” tiene, por otro lado, una historia antigua. Derivada del verbo latín “deportare”, o sea, salir de las puertas en el sentido de dirigirse fuera de las murallas de la ciudad para participar en las actividades competitivas. A partir de esta raíz surgieron el provenzal deportar, el francés desporter (diversión, entretenimiento) y, después, a finales del siglo XIV, la palabra inglesa disport, que se convirtió, alrededor del siglo XVI, en el término “sport” de hoy en día.

Contrariamente a las afirmaciones de Coubertin, para los antiguos griegos la mera participación en unos Juegos Olímpicos carecía totalmente de importancia: lo importante era ganar. El podio (del latín “pódium”, que deriva del griego πόδιον, a su vez derivado de  pous, pie) era para una sola persona, no para el segundo o tercer clasificado. Incluso faltaba el espíritu de equipo: la participación en el concurso era estrictamente individual. En todas las competencias no existía el concepto de récord: se ganaba y ya, y en cada Olimpiada era borrón y cuenta nueva. Atletas, entrenadores, amigos y familiares llegaban a Olimpia un mes antes de los Juegos con el fin de adaptarse mejor a las condiciones locales del medio ambiente: un calor feroz y una limitada disponibilidad de agua potable. Para ser admitidos a los Juegos los atletas tenían que satisfacer dos condiciones: ser de origen griego y ser libres. Se excluían de las justas quienes eran culpables de un delito en contra de otro griego y los que habían perdido sus derechos civiles; Al espectáculo podían asistir todos, incluidos los esclavos, pero las mujeres no, so pena de ser condenadas a muerte. Sólo una mujer podía estar presente: la sacerdotisa de Deméter, una mujer influyente, elegida entre las notables y convenientemente casada.

Las competiciones en las que los atletas se medían, eran los siguientes:

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Stadion (carrera equivalente a 192.24 metros, la longitud del estadio de Olimpia)

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Diaulos (correr el doble de la distancia del Stadion)

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Dolicos (carrera de resistencia, 7 o 24 veces el largo del estadio, o sea 1,400 o 4,400 metros)

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Boxeo

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Lucha

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Pancracio, una mezcla de lucha y boxeo. El término (del griego pankration, Pankration, pan = todo y kràtos = fuerza) significa "toda la fuerza (del cuerpo)".

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Pentatlón (salto de longitud, lanzamiento de jabalina, lanzamiento de disco, correr y luchar)

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Hoplitodromos (carrera con armas)

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Concursos hípicos (carreras de carros y caballos)

Un humilde panadero, Koròibos de Elis, ganó los primeros Juegos Olímpicos de la antigüedad. No había más que una carrera en el programa, el Stadion. Entre los participantes más famosos de los juegos hay que mencionar a Filipo II de Macedonia, su hijo Alejandro Magno, el filósofo y matemático Pitágoras (que ganó una Olimpiada en boxeo y fue el médico del equipo de Crotona).

Entre los ganadores también hubo algunos... "italianos”:

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Icco, de Taranto (pentatlón, 472 aC)

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Exainetos, de Agrigento (Stadion, 416 y 412 antes de Cristo)

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Astylos de Crotona (stadion, diaulos, hoplitodromos, 6 títulos / 3 Olimpiadas en el 488, 484 y 480 antes de Cristo)

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Milo de Crotona (lucha libre, 6 veces, desde el 532 hasta el 512 a.C.)

Era fundamental, para los antiguos griegos, la fecha en que se llevaron a cabo los primeros Juegos Olímpicos, ya que fue tomada como base para la numeración de los años. De acuerdo con nuestro calendario, las fechas se relacionan con el nacimiento de Cristo (antes y después), para los musulmanes el tiempo se cuenta a partir de  la Egira, o sea de la huida de Mahoma de la Meca a Medina (para nosotros el año 622 d.C.), para los romanos, todo comenzó con la fundación de Roma, "ab Urbe condita" (para nosotros el año 753 a.C.). Para los antiguos griegos los años se medían desde el primer evento de los Juegos Olímpicos (para nosotros el 776 a.C.). Fue Timeo (350-260 a.C.), historiador de Tauromenio —la antigua Taormina— quien tomó este elemento de recuento cronológico: listas cronológica de los ganadores de los Juegos Olímpicos comparadas con las listas de los gobernantes de las diferentes ciudades griegas.

Pero, según la tradición mitológica, los Juegos Olímpicos se iniciaron 10 siglos antes y fueron fundados por Pélope, (en griego Πέλοψ, "ojo negro"), el héroe epónimo del Peloponeso (Pélopos+Nesos, la "Isla de Pélope"). Pélope se había enamorado de Hipodamía, hija de Enómao, rey de Pisa (en Elis) al que un oráculo había predicho que moriría a manos de su yerno. Para evitar el acontecer de esta predicción, Enómao promulgó un edicto según el cual su hija se casaría con quien pudiese vencerlo en una carrera de carros. El pretendiente, si ganaba, se convertiría en el esposo de Hipodamía ("la que doma a los caballos"), de otro modo sería ejecutado.

Enómao estaba seguro de que nadie podía ganarle ya que poseía unos caballos divinos, psila (pulga) y Arpinna (predadora) invencibles en la carrera. Pélope, el 14° competidor, aceptó el reto, peroa pesar de tener un carruaje ligero y además tirado por caballos alados (generoso regalo de Poseidón)— quiso ganar ... no muy deportivamente: sobornó a Mirtiloauriga de Enómao, hijo del dios Hermes— prometiéndole que, de ganar, le concedería el derecho de pasarla primera noche con Hipodamía. Mirtilo, también locamente enamorado de la princesa, aceptó la oferta de Pélope.

Le quitó los pernos de los ejes del carro de Enómao y los reemplazó con trozos de cera. Durante la carrera, las ruedas se salieron, la carreta se volcó y Enómao murió. Pélope, sin embargo, no estaba dispuesto a honrar su palabra y ahogó en el mar al pobre auriga, el cual —antes de deglutir el último “sorbo” de agua— maldijo a su asesino y a todos sus descendientes (se dice que Hipodamía, su tan codiciada esposa, lo convirtió en padre de … ¡20 hijos!). Pélope, para escapar de la maldición, trató de ganarse el favor de Zeus creando, en efecto y en honor al gran Padre de los Dioses, los Juegos Olímpicos. Todo fue en vano: la maldición resultó ser trágicamente cierta. De ella fueron víctimas también los nietos de Pélope, los homéricos hermanos Agamenón y Menelao. Aunque tal vez no conocían la maldición de Mirtilo, descubrieron sin duda, qué tipo de mujeres habían metido a sus casas: las gemelas Helena y Clitemnestra. ¡Sangre y cuernos! Pero esa es otra historia.

Por último, algunos datos interesantes: los patrocinadores existían ya desde aquel entonces. Los mejores atletas eran contratados a muy buen precio por individuos ricos que los financiaban completamente durante su preparación. Es interesante la etimología de la palabra “sponsor”: tiene su origen en el latín "garante", "padrino", en conjunción con la raíz del verbo "spondere" que significa “garantizar”, "obligarse", del cual deriva también el término esposo/a.

Las mujeres no podían entrar a los Juegos, ni como participantes ni como espectadores, quizá por decencia ya que los concursantes estaban desnudos. Se menciona el caso de Callipatira, entrenadora de su hijo (boxeador), quien se confundió entre el público, vestida de hombre. Pero al brincar la barda para abrazar a su hijo vencedor, perdió la ropa, revelando sus formas. Fue condenada a muerte e indultada por ser descendiente de una antigua familia de vencedores olímpicos. Sin embargo, después de los hechos, se adoptó la medida por la cual todos los espectadores tenían que desnudarse al principio de las contiendas.

 

(claudio bosio / puntodincontro)

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