23 febbraio 2012 - La "Maiuscola" è una lettera qualificante, più di qualsiasi aggettivo: fra «Monti» e «monti», ad esempio, la differenza c’è, ed è notevole.

È sufficiente usare un carattere dell'alfabeto più grande del comune e porlo all’inizio di una parola, per alterarne completamente il significato.

Ci sono, invece, parole che, nel corso della loro vita, hanno perduto, per così dire, la loro maiuscola originaria. Tutte queste parole "orfane della maiuscola", hanno cambiato la loro accezione primordiale ma sono ugualmente entrate a far parte del linguaggio quotidiano come nomi comuni. I linguisti le chiamano parole "deonomastiche".

Gli esempi, veramente, si sprecano.

Gli svedesi, tanto per cominciare, cioè i fiammiferi di sicurezza (si accendono solo se strofinati su una superficie opportuna) sono così chiamati (ma solo in Italia) in quanto originari della Svezia, dove, nel 1844, furono inventati da Gustaf Erik Pasch.

Altro esempio: in anatomia, l'atlante è la prima vertebra cervicale (C1) della colonna vertebrale, supporto della testa, paragonabile ad un globo.

Il suo nome si rifà al mitologico Atlante, uno dei titani ribellatisi a Zeus e per questo condannato a reggere sulle spalle l'intera volta celeste.

Ugualmente, la facondia oratoria di Cicerone (106-43 a.C.), è sopravvissuta nell’eloquio del cicerone, la guida che ci illustra le bellezze di un certo luogo.

E, ancora, celeberrimi fra gli studenti sono i bignami, libretti tascabili in brochure, contenenti le nozioni base di molte materie scolastiche. Sono nati nel lontano 1931, dalla perspicacia di Ernesto Adamo Bignami (1903-1958) un professore di lettere divenuto, in seguito, fortunatissimo editore.

Un altro nome comune, che ha perduto la maiuscola, è quello della penna a sfera biro, il cui prototipo fu realizzato in Argentina, nel primo dopoguerra, dall’ungherese Làszlò Joseph Birò. (I francesi, sciovinisti per eccellenza, usano il termine bic, dal barone Marcel Bich, che ne lanciò l’uso su grande scala).

È orfano della maiuscola anche frisbee, termine di origine nordamericana entrato a far parte del nostro lessico intorno agli anni '70. Indica un gioco che consiste nel lanciare un disco di plastica chiamato, appunto frisbee. Questo nome in realtà è un deonomastico di Frisbie, una pasticceria del Connecticut che riforniva di torte e pizze (contenute in recipienti discoidali di alluminio) gli studenti dell’Università di Yale, i quali trovarono divertente disfarsi dei piatti usati, rilanciandoseli fra loro.

Molti termini botanici sono nomi … declassati da altri usati soltanto con la maiuscola.

La begonia si chiama così dal primo '700, da quando Charles Plumier, botanico di Luigi XIV, volle onorare il naturalista Michel Bégon (1638-1710) intendente di San Domingo e successivamente governatore del Canada.

 

Una begonia tuberosa.
 

E la camelia, il fiore di Margherita Gautier? Sappiamo che la bella cortigiana protagonista del romanzo di Alexandre Dumas-figlio, nonché della "Traviata" verdiana, si circondava, tutti i giorni, di camelie bianche, tranne cinque giorni al mese, quando le alternava con quelle di colore rosso. È stato Linneo (1707-78) in persona, a scegliere il nome camelia (era detta "rosa del Giappone") per ricordare il missionario gesuita, originario della Moravia, Georg Joseph Kamel (1661-1706), che la importò in Europa dal Giappone, nel 1751.

Facendo, invece, riferimento a vocaboli degradati da personaggi storici, possiamo ricordare due verbi: linciare e boicottare.

Il linciaggio, secondo la definizione del dizionario, è un’esecuzione sommaria perpetrata da un gruppo di persone nei confronti di un individuo colto in flagrante o ritenuto colpevole di un delitto molto grave. L’eponimo è Charles Lynch, un agricoltore della Virginia morto nel lontano 1796. Costui, ai tempi della Rivoluzione americana (1776-83) aveva costituito un tribunale "privato" che giudicava vagabondi, ladri e tipi sospetti, li condannava senza appello e faceva eseguire la sentenza immediatamente, a furor di popolo. Da qui linciaggio, con il significato attuale di giustizia sommaria.

Un’altra parola derivata da un personaggio brutale e vessatorio, è boicottaggio. Per questo bisogna rifarsi al capitano Charles Cunningham Boycott (1832-97), un amministratore delle terre di Lord Erne, in Irlanda, che rifiutò (1880) una riduzione del canone per gli affittuari Questi, reagirono privandolo di cibo, di mano d’opera e di ogni contatto umano, con l’aiuto attivo della popolazione. Boycott, "boicottato" in questo modo, fu licenziato e dovette lasciare l’Irlanda sotto scorta.

Le voci deonomastiche più popolari sono, senza dubbio, quelle pertinenti alla gastronomia.

Tra queste possiamo annoverare besciamella, caposaldo e regina delle salse bianche, inventata dal marchese di Nointel, Louis de Bechamel.

Anche la nostra pralina è d’origine francese: questo confetto, infatti, è stato creato dal cuoco del maresciallo di Francia Plessis-Praslin (1598-1675).

Italianissimi, per altro, sono i famosi brigidini, le dolci cialde tradizionali di tante fiere toscane, il cui nome deriva dal convento di Santa Brigida, a Pistoia, dove anticamente si preparavano.

Interessante è pure la storia di un altro dolce, il babà, che si vuole sia legato a origini regali. È attribuito, infatti, al re di Polonia Stanislao I° Leszczynksi (1677-1766) che, essendo ospite del genero Luigi XV, aveva versato accidentalmente del rum su un "Kugelhupf", un comunissimo dolce alsaziano (tradotto significa palla o globo). A quel dolce così … alcolizzato, il re stesso avrebbe imposto il nome del protagonista della novella "Alì Babà e i 40 ladroni", che in quell’epoca la traduzione di A.Galland aveva fatto conoscere in Europa. Toccò poi ai cuochi francesi far la fortuna di questo dolce, prima di tutto presso le famiglie aristocratiche di Napoli, nelle cui dimore prestavano servizio, e poi nell’Europa intera.

Per chiudere al meglio questa breve rassegna gastronomica dei deonomastici, non si può non accennare al carpaccio. Sappiamo tutto di questo piatto. Tra il 15 giugno e il 6 ottobre 1963, il Comune di Venezia aveva organizzato una grande mostra sul pittore Vittore Carpaccio. Fra i numerosi visitatori ci fu anche la contessa Amalia Nani Mocenigo, la quale, dopo la visita all’esposizione, si recò a pranzo presso l’Harry’s Bar, accompagnata dal suo cavaliere estemporaneo, un colonnello della fanteria degli Stati Uniti. Per la contessa, che, per prescrizione medica, non poteva nutrirsi di carne cotta, Giuseppe Cipriani, il famoso proprietario dell’altrettanto famoso bar-ristorante, "inventò" (seduta stante!) un piatto consistente in fettine sottilissime di manzo crudo, prese dal controfiletto, disposte su un piccolo vassoio e decorate con la "salsa-universale", specialità della casa, composta di mayonese, worchester, latte, limone, sale e pepe bianco.

 

Vittore Carpaccio. L'annunciazione.
 

La contessa Nani Mocenigo, prima ancora di gustare questa nuova specialità di Cipriani, disse che le decorazioni multicolori della salsa cosparsa sulle fettine, le ricordavano le tonalità dei rossi e dei bianchi del Carpaccio, la mostra in onore del quale aveva appena visitato. Da qui il nome carpaccio, che in pochissimo tempo sarebbe diventato famoso e che sarebbe stato proposto in mille varianti, compresa quella (ahinoi!) diffusissima con le foglie di rucola e schegge di grana!

 

(claudio bosio / puntodincontro)

 

bullet

Clicca qui per leggere gli altri articoli della serie Storia di parole italiane (e non), di Claudio Bosio,

***

29 de febrero de 2012. - La mayúscula es una letra que califica, más que cualquier adjetivo: entre "calderón" [1] y "Calderón", por ejemplo, hay diferencia ... y es notable.

Sólo hay que utilizar un carácter del alfabeto más grande de lo normal y colocarlo al principio de una palabra para cambiar completamente su significado.

Hay, sin embargo, palabras que, en el curso de su vida, han perdido, por así decirlo, su mayúscula inicial. Todas estas palabras "huérfanas de la mayúscula", han cambiado su significado original, pero han llegado de todas maneras a formar parte del lenguaje cotidiano como nombres comunes. Los lingüistas analizan estas palabras a través de la deonomástica, una rama de la lexicografía que estudia el proceso por el cual en una lengua un nombre propio pasa a designar un nombre común mediante una metonimia.

Del mismo modo, la elocuencia oratoria de Cicerón (106-43 aC), ha sobrevivido en el concepto de cicerón, palabra que en español se utiliza para definir a hombres con gran facilidad para comunicarse.

Y hay más: en Italia son muy famosos entre los estudiantes los "Bignami", pequeños libros de bolsillo que contienen los elementos básicos de muchas materias escolares. Nacieron en el lejano 1931, gracias a la visión de Ernesto Adamo Bignami (1903-1958) un profesor de letras que se convirtió más tarde en un exitoso editor.

Otro nombre común que perdió la mayúscula, es el del bolígrafo (en Italia y en otras regiones del mundo llamado también pluma "biro"), cuyo prototipo fue concebido en Argentina, poco después de la segunda guerra mundial, por el húngaro Làszlò Joseph Birò. (los franceses, nacionalistas empedernidos, utilizan el término "bic", refiriéndose al Barón Marcel Bich, que lanzó su producción y utilización a nivel masivo).

También es huérfano de la mayúscula el término frisbee, palabra de origen estadounidense que se convirtió en parte de nuestro lenguaje en los años '70. Indica un juego que consiste en lanzar un disco de plástico llamado, precisamente, frisbee. Este nombre es en realidad una derivación de Frisbie, una pastelería de Connecticut que vendía tartas y pizzas (empacados en cajas de aluminio en forma de disco) a los estudiantes de la Universidad de Yale, quienes encontraron divertido utilizar los recipientes usados​​ lanzándoselos uno al otro.

Muchos términos botánicos son nombres que provienen de apellidos u otros nombres propios que se utilizaban en su forma original con mayúscula.

La begonia se llama así desde principios del siglo XVIII, cuando Charles Plumier, un botánico de Luis XIV, quiso honrar al naturalista Michel Bégon (1638-1710), superintendente de Santo Domingo y más tarde gobernador de Canadá.

Y la camelia, la flor de Margarita Gautier? Sabemos que la bella cortesana protagonista de la novela de Alejandro Dumas, hijo, y de la "Traviata" de Verdi, se rodeaba todos los días, de camelias blancas, a excepción de cinco días al mes, cuando las alternaba con otras de color rojo. Fue Linneo (1707-1778) en persona quien eligió el nombre "camelia" (eran llamadas "Rosas del Japón") para recordar el misionero jesuita, originario de Moravia, Georg Joseph Kamel (1661-1706), que las importó a Europa desde Japón en 1751.

En lo que se refiere a las palabras provenientes de personajes históricos, podemos mencionar dos verbos: linchar y boicotear.

El linchamiento, de acuerdo con la definición del diccionario, es una ejecución sumaria perpetrada por un grupo de personas en contra de una persona sorprendida en el acto o considerado culpable de un crimen muy grave. Su epónimo es Charles Lynch, un granjero de Virginia, que falleció en 1796.

Este individuo, durante la Revolución Americana (1776-1783) había establecido un tribunal "privado" que juzgaba vagos, ladrones y tipos sospechosos, condenándolos sin apelación y ejecutando la sentencia de inmediato, por aclamación popular. De esta dudosa práctica surgió el término linchamiento, con el significado actual de justicia sumaria. Otra palabra que deriva de un personaje brutal y opresivo es "boicot". Para ello es necesario hacer referencia al capitán Charles Cunningham Boycott (1832-1897), un administrador de las tierras de Lord Erne, en Irlanda, que se negó (en 1880) a aceptar una reducción del alquiler que le pagaban los trabajadores locales. Estos reaccionaron privándolo de alimentos, mano de obra y todo contacto humano, con la ayuda activa de la población. Boycott, entonces, fue despedido y tuvo que abandonar Irlanda bajo escolta.

Las derivaciones de nombres propios más populares son, sin lugar a dudas, las que se refieren a la gastronomía.

Entre ellas podemos incluir la bechamel (besamel o besamela, según el diccionario de la RAE) reina de las salsas blancas, inventada por el marqués de Nointel, Louis de Bechamel.
Incluso nuestra "pralina" (un dulce que se prepara a partir de una almendra tostada cubierta con azúcar caramelizado o chocolate) es de origen francés: este dulce, de hecho, fue creado por el chef del Mariscal de Francia Plessis-Praslin (1598-1675).

Muy italianos, por otra parte, son los famosos "brigidini", los panqueques dulces de muchas ferias tradicionales de la Toscana, cuyo nombre deriva del convento de Santa Brígida, en Pistoia, donde se preparaban una vez.

También es interesante la historia de otro postre, el bizcocho borracho (en italiano "Babá"), que —según se dice— está vinculado a orígenes nobles. Se le atribuye, de hecho, al rey de Polonia Estanislao I Leszczynksi (1677-1766) quien, invitado por su yerno Luis XV, derramó, por accidente, ron en un "Kugelhupf", un dulce de Alsacia muy común (su traducción significa bola o globo). A ese dulce ... tan alcohólico, el mismo rey parece haberle dado el nombre del protagonista de la novela "Alí Babá y los 40 ladrones", que justo en aquella época se estaba conociendo en Europa gracias a la traducción de A.Galland. Más tarde, los chefs franceses difundieron este postre, primero entre las familias nobles de Nápoles, en cuyas casas trabajaban, y después en toda Europa.

Para cerrar de la mejor forma esta breve reseña de los nombres deonomásticos, no podemos dejar de mencionar el carpaccio. Sabemos todo acerca de este platillo. Entre el 15 de junio y el 6 de octubre de 1963, el Ayuntamiento de Venecia había organizado una gran exposición sobre el pintor Vittore Carpaccio. Entre los muchos visitantes estuvo también la condesa Amalia Nani Mocenigo, quien, después de visitar la exposición, fue a almorzar al Harry's Bar, acompañada por su improvisada pareja, un coronel de la infantería de los Estados Unidos. Para la condesa —que por indicaciones de su médico no podía comer carne cocida— Giuseppe Cipriani, el famoso dueño del igualmente famoso bar-restaurante, "inventó" (¡en el acto!) Un plato que consistía en rebanadas finas de carne cruda de res, tomadas del lomo, acomodadas en una bandeja y decoradas con "salsa-universal", la especialidad de la casa, hecha a base de mayonesa, salsa inglesa, leche, limón, sal y pimienta blanca. La condesa Nani Mocenigo, incluso antes de probar esta nueva especialidad de Cipriani, dijo que los variados colores de la salsa sobre las rebanadas de carne le recordaban los tonos rojos y blancos de las obras de Vittore Carpaccio, cuya exposición acababa de visitar. De ahí el nombre carpaccio, que iba a ser famoso en muy poco tiempo y que hoy se prepara de diferentes formas, incluyendo (lamentablemente) aquella muy conocida con hojas de rúcula y láminas de parmesano...

 

(claudio bosio / puntodincontro)

_________________________

[1] El diccionario de la Real Academia Española define "calderón" de la siguiente manera:

(Del aum. de caldera) m. Cetáceo de hasta cinco metros de longitud, de cabeza voluminosa, casi globosa, y de aletas pectorales estrechas y largas. Es de color blanquecino por debajo y negro por encima, suele ir en bandadas y se alimenta principalmente de calamares.

 

bullet

Haz clic aquí para leer los demás artículos de la serie Historia de palabras y italianas (y no),
de Claudio Bosio,