18
agosto 2017
-
La guerra per l’acqua? Sarà il conflitto
prossimo venturo dell’umanità. La religione
è sempre stata solo un pretesto nelle lotte
di potere, nelle guerre che i ricchi fanno
combattere ai poveri.
Alla base di ogni guerra ci sono, secondo
me, soltanto tre cose: l’oro, il petrolio e
l’acqua. Esauriti i primi due, sarà l’acqua
il movente del prossimo scontro globale: non
ce n’è per tutti, anzi, è sempre più rara
ovunque, persino in Occidente dove la
sprechiamo dissennatamente. Logico che il
resto del mondo prima o poi cercherà di
prendersela!’
Alcune scene de Le
siège de Corinthe all'edizione 2017 del Rossini
Opera Festival di Pesaro.
Non ha dubbi in proposito Carlus Padrissa
che ha firmato scene e regia di Le siège
de Corinthe (10, 13, 16, 19 agosto),
tragedia lirica di Gioachino Rossini, che ha
aperto la 38a edizione del Rossini Opera
Festival di Pesaro (10-22 agosto),
manifestazione che ha contribuito ad una
sostanziale rilettura filologica di molte
opere rossiniane, alcune delle quali poco
rappresentate in tempi moderni ed ora
tornate a far parte in pianta stabile (nel
quadro della cosiddetta Rossini
renaissance) del repertorio dei maggiori
enti lirici italiani.
Le siège de Corinthe.
È un fiume in piena il regista catalano,
uno dei fondatori de La Fura dels Baus
(1979), la compagnia teatrale divenuta
famosa in tutto il mondo dopo aver curato la
cerimonia di inaugurazione delle Olimpiadi
di Barcellona nel 1992.
Il palco è
occupato da un alto muro di bottiglioni
di plastica pieni d’acqua (oltre mille da 20
litri ciascuno), posti uno sopra l’altro a
formare la fortezza invalicabile di Corinto
assediata dall'esercito ottomano: è una
frontiera
“liquida”
presa d’assalto da coloro che hanno sete e
difesa strenuamente da quelli che non
vogliono cedere una sola goccia d’acqua.
Il regista dissemina altri recipienti in
platea portati dai coristi, agitati
minacciosamente, versati a fiotti anche sui
cantanti e sui soldati dei due eserciti
nemici, che indossano tute di pelle senza
connotazioni storiche: a distinguere
oppressi da oppressori è solo il fatto che
alcune di queste sono macchiate di sangue ed
altre no.
Sul podio dell’Orchestra Sinfonica Nazionale
della Rai (da
quest’anno stabile al Festival) c’è Roberto
Abbado che ha diretto l’opera con un braccio
solo a seguito della rottura di un tendine.
Applaudito il cast (Luca Pisaroni, Nino
Machaidze e Sergey Romanovsky) ed il coro
del Teatro
“Ventidio
Basso”
di Ascoli Piceno, per la prima volta a
Pesaro.
Carrellata esplosiva di colori, cambi
continui di costume, gag a go-gò: sto
parlando de La pietra del paragone
(11, 14, 17, 20 agosto, immagine nella foto
principale), la seconda opera in programma
che il regista Pier Luigi Pizzi ripropone
(l’allestimento originale è datato 2002)
ambientandola in una villa ultramoderna con
piscina e numerose vetrate.
Duetti, terzetti, cori e pagine di insieme
si svolgono tra conversazioni al telefono,
partite di tennis, battute di caccia e tuffi
(veri) in piscina che permettono ai
cantanti, tutti giovani e prestanti, di
mostrare fisici tonici e scattanti.
Il cambio di abiti è veloce: completi di
lino bianco alla
“Grande
Gatsby”
si alternano a kaftani, kimoni, guepiere,
costumi da bagno di tutti i tipi, boxer,
camicie variopinte: un’autentica esplosione
di colori vivacissimi e brillanti.
È un quadro sulla nascente borghesia
ottocentesca, quello musicato da un
Gioachino ventenne per la Scala di Milano.
Correva l’anno 1812 ed il successo fu grande
per il compositore pesarese: ben 53
rappresentazioni dopo la prima del 26
settembre.
L’amore trionfa infine nella terza opera,
Torvaldo e Dorliska (12, 15, 18,
21agosto), tipica pièce à sauvetage
dove una persona innocente e perseguitata
viene salvata miracolosamente soltanto alla
fine, dopo un'incredibile serie di
vicissitudini poste in essere, in questo
caso, dal tenebroso duca di Ordow,
innamorato della protagonista: lo interpreta
Nicola Alaimo, palermitano di nascita e
pesarese d’adozione, imponente per voce e
presenza.
Torvaldoe Dorliska
L’allestimento (datato 2006) è firmato da
Mario Martone che, com’è noto, mira e riesce
sempre a rendere l’opera lirica attuale e
vicina allo spettatore moderno: per
l’occasione ha creato una mini platea sul
palco con il pubblico vicinissimo ai
personaggi in scena che entrano ed escono da
ogni parte del teatro e, muovendosi
indifferentemente sui due livelli scenici,
danno vita a cruenti duelli e, armati di
forconi, alla rivolta popolare finale che
conclude lo spettacolo.
Una regia rassicurante e tradizionale quella
di Martone che ha scelto di raccontare la
storia in modo asciutto ed essenziale,
perfettamente leggibile a tutti, supportato
dai fastosi costumi di Ursula Patzak, dalla
scenografia geniale di Sergio Tremonti e
sostenuto dall’Orchestra Sinfonica Rossini
diretta per l’occasione da Francesco
Lanzillotta.
Il festival sta proseguendo tra concerti di
belcanto (alcuni dei quali dal balcone della
casa natale del Compositore), cantate
sceniche per bambini, mostre e degustazioni
di ricette rossiniane nei vari ristoranti
del centro storico.
Il calendario del prossimo anno è già
delineato: assisteremo a Ricciardo e
Zoraide, Adina, ed a Il
barbiere di Siviglia, nella nuova
versione di Pier Luigi Pizzi, diretta da
Yves Abel.