4 agosto 2018
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«Tanti connazionali, pur vivendo e lavorando
all'estero, non si iscrivono all'Aire (Anagrafe
Italiani Residenti all'Estero). Spesso poi,
dal punto di vista fiscale, ritengono di non
incorrere in errore, nella misura in cui
denunciano solo al fisco straniero, locale,
i redditi lì percepiti. Senza dichiararli,
come invece impone la legge, anche al Fisco
italiano». L'hanno dichiarato il mese scorso
i tre parlamentari Pd eletti in Europa, la
senatrice Laura Garavini e i deputati Angela
Schirò e Massimo Ungaro.
«Nuovamente, con la recente sentenza
n.16634/2018» —hanno aggiunto— «la Corte di
Cassazione ha ribadito l’obbligo di
dichiarare i redditi percepiti all'estero se
si è residenti fiscalmente in Italia.
Infatti, partendo dal caso di un lavoratore
italiano che svolgeva la propria attività
lavorativa nel Regno Unito, senza essere
iscritto all'AIRE, e pagava le relative
imposte solo nel Regno Unito, la Corte ha
stabilito che il Fisco italiano può
accertare i redditi prodotti all'estero,
qualora il diretto interessato sia ancora
residente fiscalmente in Italia. Questo
avviene là dove non risulti ancora la sua
cancellazione dall'anagrafe del Comune
italiano perché non iscritto o iscritto
tardivamente all'AIRE».
«In sostanza» —hanno chiarito Garavini,
Ungaro e Schirò— «viene ribadito che la
residenza anagrafica costituisce presunzione
assoluta di residenza fiscale e il
trasferimento della residenza all'estero non
fa testo fino a quando non risulti la
cancellazione dall'anagrafe di un Comune
italiano. Pertanto, se l’iscrizione all'AIRE
avviene tardivamente e il contribuente
risulta iscritto nelle anagrafi dei
residenti in Italia per la maggior parte del
periodo d’imposta, per quell'anno deve
essere considerato residente in Italia,
nonché soggetto passivo d’imposta in
Italia».
«La conseguenza, prevista dalla stessa Corte
di Cassazione, è che i soggetti residenti
fiscalmente in Italia devono provvedere ad
inserire nella propria dichiarazione dei
redditi anche i redditi esteri che ottengono
durante il periodo d’imposta, ovunque
prodotti». «In caso contrario» —hanno
concluso— «rischiano la doppia imposizione
fiscale senza possibilità di detrarre le
tasse pagate all'estero dall'imponibile
italiano».
(aise.it / puntodincontro.mx / adattamento e
traduzione in spagnolo di massimo barzizza)
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