22 febbraio 2011. - Giulia Fainella ha 28 anni e non fa nulla. O meglio, fa molte cose, ma non lavora e non cerca occupazione. Non l'ha mai fatto.

"Ad eccezione di quando ho lavorato come baby sitter per comprare un portafoglio da 650 euro di Louis Vuitton", ha detto la giovane romana al quotidiano messicano REFORMA.

Nessuna fretta di crescere, senza piani o impegni, senza sogni da rincorrere, Giulia è —secondo le statistiche ufficiali— uno dei due milioni di giovani [2] disoccupati in Italia che non lavorano né cercano lavoro. Vive con i suoi genitori, che la mantengono, e si adatta.

"Non è che mi piaccia, non ho avuto nessuna possibilità fino ad ora. Ma un giorno lavorerò, magari in una ONG", ha continuato la giovane, che da 9 anni studia per ottenere la laurea in Scienze Politiche, che avrebbe dovuto completare in tre.

I giovani come Giulia, in Italia, sono chiamati invisibili. E lo sono —tecnicamente— per le istituzioni di assistenza sociale, l'agenzia delle entrate e gli uffici che cercano di assisterli nel tentativo di ricerca di occupazione, perché non vi ci sono mai registrati.

"Non voglio molto dalla vita, sono una persona semplice, non ho pretese. So che questa situazione non è conveniente, mio padre me lo dice. Ma i giovani di oggi hanno meno opportunità. Quindi, per ora, preferisco continuare così, disoccupata".

"Il problema è che la generazione dei nostri genitori aveva speranze, noi no", ha dichiarato Mirko Celi che, come molti altri giovani nella sua situazione, appartiene ad un ceto medio-basso. Il fenomeno è ben lungi dall'essere confinato in Italia. In Spagna, secondo i sondaggi di EPA, esistono oltre 700 mila giovani in queste condizioni. E in Gran Bretagna si sta iniziando a indagare sul fenomeno.

In Italia, però, si tratta di una realtà che sta cominciando a produrre libri che teorizzano sulla vita senza lavoro come se fosse una specie di filosofia esistenzialista.

Io non lavoro. Storie di italiani improduttivi e felici, è il titolo di un libro che analizza la vita di 8 uomini e donne che non lavorano e resistono spendendo il loro patrimonio famigliare o con l'aiuto di amici e conoscenti.

"Non lavorare non richiede mai talento e aiuta a combattere la depressione e l'ansia nel nostro mondo", dice il libro che spiega che questi giovani italiani hanno imparato a risparmiare e a razionare i soldi che hanno a disposizione.

Il successo del libro, che ha raggiunto la terza edizione, ha suscitato tanta indignazione tra la classe politica che il Ministro della Funzione Pubblica Renato Brunetta —famoso per le sue battaglie contro i fannulloni— ha perfino chiesto che il volume sia ritirato dalla vendita.

"Abbiamo lavorato giorno e notte per scrivere un libro su chi non lavora. Questa è l'Italia dei paradossi", gli hanno risposto gli autori Serena Bortone e Mariano Cirino.

Disoccupazione
In Italia, il tasso di disoccupazione ha raggiunto in febbraio l'8,7 per cento, il livello più alto degli ultimi sei anni che corrisponde al 3,1% in più rispetto allo stesso periodo del 2009, secondo l'Istituto di Statistica Italiano (ISTAT).

I lavoratori dell'agricoltura e dell'industria sono stati tra i più colpiti. Tra le donne, il tasso di occupazione ha raggiunto solo il 46 per cento.

E i dati più preoccupanti non sono questi, ma i due milioni di giovani, —il 21 per cento del totale tra il 15 e 29 anni— che l'anno scorso non hanno studiato, né lavorato né cercato lavoro.

Nel sud questa percentuale raggiunge i 35 punti. Contemporaneamente sono aumentati i lavoratori chiamati "a tempo indeterminato e part time involontario", cioè quelli che si sono rassegnati ad accettare un lavoro con orario ridotto perché non riescono a trovare nulla di meglio.

Il principale sindacato del paese, la CGIL, denuncia la mancanza di politiche governative contro la disoccupazione. In pratica, il governo italiano concede pochi sussidi ai disoccupati. Riceve un compenso massimo di 12 mensilità chi è stato licenziato dopo aver lavorato per lo meno 43 settimane con un contratto non considerato "flessibile" né "precario".

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[1] In Messico gli "invisibili" sono chiamati "ninis", dallo spagnolo ni estudio ni trabajo (non studio e non lavoro).
[2] In agosto del 2010 il rettore dell'Università Nazionale Autonoma del Messico (UNAM) ha denunciato l'esistenza di quasi 7 milioni di ninis fra i giovani messicani. (cfr. MILENIO del 23 agosto del 2010).

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22 febrero 2011. - Giulia Fainella tiene 28 años y no hace nada. O mejor, sí hace muchas cosas, pero ni trabaja ni busca empleo. Nunca lo hizo.

"Con excepción de cuando trabajé como niñera para comprarme una cartera de Louis Vuitton de 650 euros", explicó a REFORMA esta joven romana.

Sin prisa por crecer, sin planes ni compromisos, sin muchos sueños que cumplir, Giulia es, según las estadísticas oficiales, una de esos dos millones de jóvenes parados que hay en Italia que no trabajan ni buscan empleo. Vive con sus padres, que la mantienen económicamente, y ella se adapta.

"No es que me guste, es que no he tenido ninguna oportunidad hasta hoy. Pero quiero trabajar algún día, quizás en una ONG", continuó esta joven, quien desde hace 9 años estudia una carrera en Ciencias Políticas que debería haber terminado en tres.

A los jóvenes "nini" como Giulia, en Italia, les llaman los invisibles. Y lo son técnicamente para los institutos de previsión social, para el fisco o para las oficinas que intentan asistirlos en la búsqueda de empleo, porque allí no están registrados.

"Tampoco quiero mucho de la vida, soy una persona simple, no tengo pretensiones. Sé que esto no es bueno, mi padre me lo dice. Pero los jóvenes hoy tenemos menos posibilidades. Por eso, por ahora, prefiero seguir así, desocupada".

"El problema es la generación de nuestros padres tenía esperanzas, nosotros no", dijo a REFORMA Mirko Celii quien, como muchos otros jóvenes en su situación, pertenece a una clase social media baja.

El fenómeno está lejos de circunscribirse a Italia. En España, según datos de la encuestadora EPA, hay más de 700 mil jóvenes en esa condición. Y, en Gran Bretaña, también se está empezando a investigar sobre el caso.

Sin embargo, en Italia, se trata de una realidad que hasta está empezando a producir libros que teorizan sobre la vida sin trabajo como si fuese un especie de filosofía existencial.

"Yo no trabajo. Historias de italianos improductivos y felices", es el titular de un libro que deshuesa las vidas de 8 hombres y mujeres que no trabajan y lo han logrado despilfarrando sus fortunas familiares o viviendo de las ayudas de amigos y conocidos.

"No trabajar nunca requiere de talento y ayuda a combatir la depresión y las ansiedades de nuestro mundo", sostiene el libro en el que se explica también que estos jóvenes "nini" italianos han aprendido a ahorrar y racionar sus gastos con el dinero que tienen a disposición.

El éxito del libro, que ya alcanzó la tercera edición, desató tal indignación entre la clase política que el Ministro de la Función Pública y famoso por sus batallas contra los "vagos (fannulloni, como se les conoce en Italia)", Renato Brunetta, hasta pidió que el volumen se retirara de la venta.

"Hemos trabajado día y noche para escribir un libro sobre quién no trabaja. Esta es la Italia de las paradojas", le contestaron los autores Serena Bortone y Mariano Cirino.

Desocupación
En Italia, la tasa de desempleo alcanzó este mes el 8.7 por ciento, el nivel más alto en los últimos seis años y que supone 3.1 puntos más que ese mismo periodo del 2009, según el Instituto de Estadísticas de Italia (ISTAT).

Los trabajadores de la agricultura y la industria estuvieron entre los más afectados. Entre las mujeres, la tasa de ocupación alcanzó sólo 46 por ciento.

Sin embargo, estos no son los datos que más llaman la atención, sino los dos millones de jóvenes, 21 por ciento del total, de entre 15 y 29 años de edad que el año pasado no estudiaron, ni trabajaron ni buscaron empleo.

En el sur, este porcentaje alcanza los 35 puntos. A la vez, crecieron los trabajadores del llamado 'trabajo a tiempo parcial involuntario', es decir aquellas personas que se resignaron a tener un empleo con un horario reducido, dado que no encuentran nada mejor.

El principal sindicato del país, el CGIL, denuncia la falta de políticas del Gobierno contra la desocupación.

Sin embargo, en la práctica, el Estado italiano no concede subsidios a los desempleados. Sólo perciben una indemnización de un máximo 12 mensualidades quienes fueron despedidos y han cotizado entre 43 y 52 semanas (según el tipo de trabajo).

También se exigen otros requisitos, como haber tenido un contrato de trabajo ni 'flexible' ni 'precario'

 

(reforma / puntodincontro)