Silvia Giampaola,
in scena nei teatri di Broadway

L’attrice abruzzese impegnata all’Istituto  Italiano di Cultura di New York
e sul palcoscenico.

Silvia Giampaola al teatro LaMaMa di New York, in "Caravaggio chiaroscuro", regia di George Drance.4 gennaio 2008. - Effervescente come un ottimo champagne, Silvia Giampaola. Il teatro nel sangue e curiosità culturale quanta ne basta per seguire senza ansie la propria inclinazione, anzi con quel tanto di contagiosa simpatia, fin nel cuore di New York, dove divide la sua vita tra il lavoro all’ Istituto Italiano di Cultura ed il palcoscenico. Architetto, specializzata in industrial design, ma con una irrefrenabile passione per il teatro, coltivata sin dall’infanzia. D’altronde, in casa sua, il teatro era pane e companatico, con un padre come Giuseppe Giampaola - uomo di grande cultura quanto riservato nell’apparire - che ha dedicato una vita alla causa, fondando importanti istituzioni e segnatamente, nel 1963, insieme a Luciano Fabiani ed Errico Centofanti, il Teatro Stabile dell’Aquila, struttura per anni all’avanguardia nel panorama culturale italiano per la qualità della sperimentazione teatrale. Ed infatti Silvia, giovanissima, sul palcoscenico e dintorni ha fatto di tutto: da burattinaia nel teatro di figura, a scenografa, ad attrice nella Nuova Opera dei Burattini di Roma, con Maria Signorelli. Con la Compagnia “L’Uovo” ha recitato in “Spocchio ranocchio”, per la regia di Maria Cristina Giambruno.

Ha seguito corsi all’Accademia d’Arte drammatica “Silvio D’Amico”, perfezionandosi con  artisti – Max Farau, Augustin Humet e Roberto Romei - delle Accademie di Roma, Barcellona e Mosca. Per la regia di Claudio Boccaccini ha recitato Shakespeare, Kafka e Gelsomina su un adattamento dedicato a Fellini, nei teatri La Cometa, Sala Uno e L’Orologio in Roma. Autrice ed interprete del monologo “Brufoli e molliche”, adattamento di testi di Prevert, Ionesco, Williams e Girodoux, andato poi in scena al Teatro “Le Biplan” a Lille, in Francia. Da circa due anni è a New York, all’Istituto Italiano di Cultura, responsabile del dipartimento teatro, musica e danza. Ma nella Grande Mela la sua passione non soffre, anzi si esalta. Molti i testi interpretati: all’Ata Theatre, al Martin Siegel Theatre, al St. John the Divine, al LaMaMa Theatre. Naturale, dunque, che per l’evento  ”Omaggio a Mario Fratti” nell’ambito di Notte Noir, alcuni atti unici di genere noir del grande drammaturgo, l’Istituto Cinematografico dell’Aquila abbia scelto proprio lei ed altre due stelle americane del palcoscenico, Polly Segal e Valentina Fratti. Della loro splendida performance s’è già detto. Abbiamo allora colto l’occasione per rivolgere a Silvia Giampaola qualche domanda.

 

Silvia, per Notte Noir lei ha recitato l'atto unico "Sogno americano". Una prova davvero eccellente. Che emozioni le ha procurato recitare dinanzi al pubblico dell'Aquila, sua città natale con una grande sensibilità teatrale? E non le ha destato una qualche ansia interpretare quel testo alla presenza dell’Autore, Mario Fratti?

Recitare nella mia città è sempre una grande emozione, anche se il mio debutto risale al 1991, al Teatro San Filippo, con il Teatro d’Innovazione L’Uovo nello spettacolo "Spocchio ranocchio, ovvero potrei essere un Principe" di Maria Cristina Giambruno, insieme a due bravissime attrici, Fiorenza Fusari ed Eva Martelli. Poi ho avuto occasione di recitare nuovamente a L'Aquila nel 2005 nel monologo "Brufoli e molliche", di cui sono autrice dell'adattamento, presso il Teatro "Il lavatoio" della compagnia teatrale "Il piccolo resto" di Eva Martelli e Daniele Fracassi. Ho inoltre già avuto occasione di interpretare altre opere di Mario Fratti a New York, in occasione della presentazione del suo ultimo libro.

 

Lei è responsabile del settore teatro musica e danza all'Istituto Italiano di Cultura di New York è una delle nostre strutture culturali all'estero più vivaci. Come riesce a conciliare gli impegni di lavoro con la sua passione per il palcoscenico?

Quasi tutti gli attori newyorchesi hanno un altro lavoro e la sera inizio la mia vita di attrice studiando, provando ed incontrandomi con gli addetti ai lavori. Durante le ferie mi concentro maggiormente e cerco di portare a termine i miei spettacoli, il ritmo è incalzante e la volontà di ferro. Il lavoro, che mi appassiona, fortunatamente non si discosta affatto dal tema e mi permette di seguire e promuovere il teatro, la danza e la musica italiana non solo con la mente , ma soprattutto con il cuore e con una giusta sensibilità più vicina all'arte ed agli artisti che agli aspetti organizzativi e logistici. L'Istituto Italiano di Cultura è ora diretto dal dott. Renato Miracco profondo conoscitore dell'arte italiana ed esperto organizzatore di mostre di arte.

 

Figlia d'arte, lei è vissuta in un habitat culturale dove drammaturghi, commediografi, attori e registi erano pane quotidiano. Vivere oggi a New York, poter essere di casa nei teatri di Broadway, cosa significa per lei?

Tengo a precisare che mio padre, mio unico maestro di vita e d’arte, ebbe l'idea e la perseveranza di fondare il Teatro Stabile dell'Aquila avvalendosi della collaborazione dei suoi illustri due amici. Purtroppo prematuramente scomparso, oggi la sua città non lo ricorda affatto, nemmeno per le altre due istituzioni da lui fatte nascere come la Scuola di Cultura Drammatica e l'ATAM (Associazione Teatrale Abruzzese e Molisana). Erano tempi in cui il lavoro veniva proposto attraverso la creazione di nuove istituzioni e non con le raccomandazioni,  tempi in cui i cultori della materia occupavano il posto giusto. Vivere a New York, in questo momento della mia vita, mi permette di scoprire tutte le altre culture e le altre metodologie di lavoro in campo teatrale e le varie contaminazioni tra il mondo del cinema e quello dei musicals. L'interpretazione e la gestualità sono pennellate ricche di colori che spaziano su un'intera tavolozza.

 

A New York, quale sensazione le procura il prestigio goduto nel mondo culturale della Grande Mela da un concittadino illustre come Mario Fratti? Può in breve descrivermi la considerazione che il teatro americano ha per il grande drammaturgo aquilano?

 Sono molto contenta d’aver incontrato per le strade newyorchesi Mario Fratti. Le sue opere sono molto apprezzate dai critici americani che approvano, inoltre, la capacità di fondere la sua conoscenza del mondo europeo con quello d’oltreoceano. Il suo successo conferma che su questo vasto territorio, dove i numeri hanno una proporzione assai diversa rispetto ai nostri, c'è spazio per chi lo merita.

 

Goffredo Palmerini

gopalmer@hotmail.com
Componente del Consiglio Regionale Abruzzesi nel Mondo