Scoperta la proteina che fa invecchiare

È la stessa che ci protegge dai tumori

ROMA, 8 settembre 2006 - Il lifting è sempre stato un succedaneo, il Gerovital una medicina controversa. L'unica certezza è la vecchiaia. Con gli anni organi e tessuti non ricevono più manutenzione e ricambio cellulare e cessano di funzionare in modo perfetto. Il corpo scricchiola sotto il peso degli anni, la mente perde colpi.

Da oggi, grazie a tre studi indipendenti tutti pubblicati sulla prestigiosa rivista britannica Nature, si conosce il colpevole di questo "stato di abbandono" nel nostro corpo: una molecola che aumenta con gli anni, impedendo via via alle cellule progenitrici dei vari tessuti - le staminali adulte - di compiere quel ricambio cellulare necessario alla loro manutenzione. Senza queste "cure", hanno spiegato i tre gruppi di ricerca - rispettivamente al Harvard Stem Cell Institute di Boston, alla University of North Carolina (UNC) presso Chapel Hill e alla University of Michigan presso Ann Arbor - il funzionamento del corpo diventa claudicante e noi invecchiamo.

La proteina, p16INK4a, già nota agli esperti per il suo ruolo di primo piano nel proteggerci dal cancro, causa quel processo di senescenza cellulare a carico delle staminali rendendole incapaci di proliferare e produrre nuove cellule che sostituiscano quelle usurate di organi e tessuti. Poichè la quantità cellulare di p16INK4a aumenta con gli anni, spiegano gli scienziati, il primo sviluppo di questa importante scoperta è che la proteina potrebbe divenire un marcatore per sperimentare l'efficacia di nuovi ipotetici prodotti contro l'invecchiamento.

Ma se un giorno si riuscisse a modificare la quantità di p16INK4a in modo che tale intervento non ci metta a rischio di cancro, la "molecola della vecchiaia" potrebbe divenire un bersaglio di nuove terapie per rallentare i segni del tempo. Ogni organo e tessuto del nostro corpo possiede un'officina di manutenzione dove sono al lavoro le cellule staminali adulte. Ogni volta che ce n'è bisogno, queste staminali si dividono dando sia cellule adulte che sostituiscono quelle usurate, sia altre staminali che rimangono come "sorgente di giovinezza".

Per comprendere questo processo di ricambio basta pensare alla pelle: lo strato più superficiale viene continuamente eliminato e in profondità c'è un letto di staminali cutanee pronto a rifornire di nuove cellule la pelle. A un certo punto, però, l'età avanza e compaiono le odiate rughe. Perché? Quei brutti segni indicano che il ricambio cellulare non avviene più come dovrebbe e le staminali cutanee non produrranno come in passato cellule della pelle nuove di zecca. Insomma, le staminali cutanee, e lo stesso avviene per gli altri organi del corpo, si sono impigrite, si dividono poco e sono ormai senescenti.

Finora le basi di questo meccanismo erano sconosciute, ma si sapeva che esso è funzionale ad evitare la formazione di tumori. Infatti, con gli anni e il susseguirsi di generazioni di cellule staminali, queste accumulano errori nel loro codice genetico e possono dar vita a un tumore. Un imperscrutabile equilibrio fa sì che ciò non avvenga mandando le staminali 'in pensione', ma il pegno da pagare è che invecchiamo. Ebbene, gli scienziati hanno scoperto che detentore dello scettro di questo equilibrio è proprio la p16INK4a. In particolare, l'equipe di Janakiraman Krishnamurthy della UNC ha mostrato il ruolo della proteina nelle cellule produttrici di insulina nel pancreas.

Quando invecchiamo quest'organo non è più efficace nel regolare la glicemia e in molti casi si sviluppa il diabete; gli esperti hanno scoperto che p16INK4a aumenta nelle staminali pancreatiche mettendole ko e questo processo è direttamente collegato all'efficienza del pancreas nel produrre insulina. Topolini transgenici senza p16INK4a infatti, continuano anche da vecchi ad avere proliferazione delle cellule produttrici di insulina.

Nello studio di Sean Morrison del Michigan, invece, è stato esaminato il ruolo di p16INK4a nella senescenza delle staminali neurali: anche in questo caso la molecola aumenta con l'età e la senescenza di queste staminali è rallentata in topolini privi della proteina. Stessi risultati anche per le staminali emopoietiche, la fonte di ricambio per le cellule del sangue, studiate dal team di Harvard diretto da David Scadden.

Sembra chiaro, concludono gli esperti, che modulare l'aumento di p16INK4a negli anni potrebbe essere una delle strategie per rallentare il processo di invecchiamento, anche se la proteina p16INK4a non è l'unico attore in gioco e il suo ruolo protettivo contro i tumori la rende indispensabile e, quindi, non eliminabile tout court.

 

Da Repubblica.it