Curriculum, il nemico
è la grammatica

Fra gli aspiranti all'assunzione solo il 15 % conosce bene l'italiano.

10 marzo 2007. - Quelli che indicano come "prima lingua" l'inglese, come se non sapessero l'italiano. Quelli che si vergognano delle bocciature scolastiche. Quelli che barano sugli anni di università. Quelli ke scrivono come x mandare un sms. Quelli che vantano come esperienza formativa un corso di tennis. E soprattutto quelli, tantissimi, circa la metà, che inciampano su congiuntivi e ortografia.

Ci sono mille modi di sbagliare una domanda di lavoro, tutti disastrosi. Eppure da quel paio di paginette dipende il successo di una carriera, la serenità di una vita. Ma prenderci è difficilissimo, perché quella del curriculum è più arte che scienza, non ha regole codificate, è un miracolo di equilibrismi tra il troppo e il poco, il necessario e il superfluo, la sbruffoneria e la prudenza.

Ci sono manuali pratici ad uso di chi cerca lavoro, pieni di modulari, di facsimili, di esempi per stilare come si deve una presentazione, per non sballare quel primo contatto da cui dipende tutto: ma nessuno può mettere in conto quel che passerà nella testa del direttore del personale che prenderà in mano il tuo passato e il tuo futuro in ottanta righe.

Nessuno, tranne loro stessi.

Insomma il miglior manuale per non sbagliare un curriculum sta forse nelle 124 risposte al questionario su "Gli errori del candidato" che il Gidp, l'associazione dei responsabili delle risorse umane della grandi aziende (quelle con più di 250 addetti: quelle che assumono) ha condotto tra i suoi associati, i potentissimi capi del personale, i depositari delle chiavi del paradiso del lavoro a tempo indeterminato, i lettori professionali di quel genere letterario misconosciuto che è l'autobiografia in pillole. Recensori severi.

Spesso disgustati. Giudizio desolante: i curriculum degli italiani in cerca di lavoro generalmente fanno pietà. Il 91 per cento degli intervistati li trova infarciti di errori, di ingenuità, di mancanze, di ridondanze. Spadroneggia soprattutto la castroneria grammaticale, lo scivolone ortografico o lessicale, che solo il 15 per cento riesce a schivare. Gli strafalcioni colpiscono soprattutto le domande di lavoro degli under-25 (come denuncia il 45%), ma non spuntano solo nei curriculum degli aspiranti a un posto dequalificato (49 per cento dei casi) bensì sorprendentemente anche in quelli che puntano ad una scrivania (35%) e perfino a livelli di alta responsabilità (5%). È l'effetto e-mail, spiegano al Gidp: sono un'esigua minoranza ormai stila curriculum cartacei, quasi tutti usano il computer e poi la posta elettronica, sistema più rapido però più vulnerabile alle sviste.

Ma attenzione, perché la regola è questa: gli errori non sono uguali per tutti. Spiega Paolo Citterio, presidente del Gidp, 23 anni di direzione del personale in un'azienda leader dell'impiantistica, oggi "cacciatore di teste", cioè selezionatore professionale conto terzi: "Un laureato che inciampa sui verbi lo scarto subito, anche se dovrà occuparsi solo di numeri, perché è immaturo, dimostra di non aver messo a frutto il suo percorso scolastico. Ma se un tornitore con la licenza media mi spiega di cosa è capace sbagliando tutte le coniugazioni, al diavolo la grammatica".

La verità è che non esiste il curriculum perfetto: esiste solo quello adeguato al suo scopo. Questo spiega perché il 31 per cento dei direttori del personale segnalano l'eccesso di informazioni inutili sulle competenze acquisite fuori dalla scuola, e il 29 per cento al contrario ne lamentano la carenza. Non c'è contraddizione, dice Citterio: "Se cerco un buon addetto al marketing non mi interessa se ha fatto la scuola di soccorso alpino, ma può dirmi qualcosa che abbia venduto libri usati davanti alla scuola". Regole fluttuanti.

Un selezionatore di personale su quattro si dice infastidito da chi si dilunga a spiegare nel dettaglio i propri desideri e le proprie ambizioni di carriera. Ma questo vale più che altro per la prima assunzione, là dove il desiderio legittimo è trovare un lavoro, e il resto sono sogni prematuri. Ma quando si tratta di un cambio di lavoro "a me interessa sapere perché lascia il suo vecchio impiego, cosa cerca, cosa immagina di trovare venendo da me".

Un bel labirinto. Gli stessi selezionatori non sembrano d'accordo tra loro sull'ipotetico manuale del buon curricolista. Esempio: allegare la propria fotografia è utile o controproducente? Su questo le opinioni divergono radicalmente, poco più della metà dei direttori (51,2%) vogliono vedere il ritrattino, poco meno (44,8%) lo ritengono inopportuno. Su una cosa, invece, sono abbastanza d'accordo, ed è la sete di date. I selezionatori vogliono misurare, calcolare, quasi cronometrare la carriera dei loro possibili dipendenti. Al punto che il voto di laurea viene considerato decisamente meno importante del tempo di laurea: "Non cerchiamo secchioni che ci mettono otto anni a prendere 110 e lode, ma pragmatici che sanno come si raggiunge un obiettivo nel tempo giusto".

Anche questa regola, però, ha le sue eccezioni. Non bisogna vergognarsi di una vecchia bocciatura, meno che mai cercare di nasconderla barando sulle date. Magari proprio lo sforzo di volontà fatto per recuperare un collasso scolastico diventa un punto a favore. Citterio ricorda ancora quel candidato a un posto di dirigente che avvampò quando, smascherato, dovette ammettere di aver ripetuto due volte la seconda media. "Nulla di male, anch'io fui bocciato in prima. Avrei voluto spiegargli che il mio era solo uno scrupolo di precisione, ma lui balbettò qualcosa, si alzò e corse fuori dall'ufficio prima che riuscissi a trattenerlo. Peccato, aveva numeri interessanti, forse l'avrei assunto". Ma per il panico da curriculum nessuno ha ancora trovato l'antidoto.

 

Da Repubblica.it