Di Yorick Gómez Gane [1]

7 febbraio 2013 - La lingua spagnola ha sempre avuto un debole per gli italianismi. Una passione antica, scoppiata in tutta la sua forza nel XV secolo, quando con la dominazione aragonese a Napoli e le corti spagnole dei Borgia a Roma le relazioni tra le due aree linguistiche da occasionali diventano stabili. A noi ora il grato compito di raccontare questo intrigante e appassionato rapporto. Prendendo le mosse dalle prime ‘scappatelle’, ovvero quei rapporti marittimi, commerciali e finanziari che intrepidi naviganti o affaristi italiani (genovesi, pisani, fiorentini e lombardi) avevano saltuariamente intrattenuto con la Spagna fin dal XII secolo, facendo sì che tra gli ambiti semantici più ricchi di apporti italiani figurino in spagnolo proprio la MARINA e il COMMERCIO.

Parole in commercio
Così la
chusma (ciurma) delle parole marinaresche naviga veloce su un brigantín (brigantino) o una fragata (fregata), sospinta dalla tramontana verso una dársena ispanica mentre la brújula (bussola) rassicura il piloto (pilota). Gli scambi, da commerciali diventano linguistici, e abbracciano un ampio arco di secoli: nel XIV si può pagare con il florín (fiorino); nel XV si aprono gli sportelli del banco (la banca) e del cambio (non si cambia, però, la mercancía venduta); nel XVI chi ha un depósito con valuta superiore al millón (milione) non teme certo la bancarrota; nel XVII infine si spera che il saldo o il balance (bilancio) non diano cero (zero), altrimenti si dovrà ricorrere al contrabando... INDUSTRIA e ARTIGIANATO italiani offrono prodotti di ottima qualità, come porcelana, bronce (bronzo) o brocado (broccato).

A colpi di bombarda
Il filosofo greco Eraclito diceva che la guerra è madre di tutte le cose: nel nostro caso è madre di molte parole. Tra il XIII e il XVIII secolo eserciti provenienti dalla Spagna conquistano vari territori italiani (le Isole, Napoli, Milano o la Toscana), imparando dagli italiani, maestri ahinoi nell’arte della guerra!, moltissimi nuovi TERMINI MILITARI (attestati dal XV secolo): così il
batallón del caporal e l’intera compañía possono mettersi a marchar insieme, stando sempre alerta prima di sferrare, con mosquete o bombarda, un asalto al bastión o alla casamata. Per la gioia dei maldicenti, la POLITICA italiana ha fatto arricchire anche gli spagnoli (secoli XV-XIX): dal più antico embajada al più recente irredentismo.

Signori, in carroza!
Il CLERO lascia qualcosa in eredità (secoli XVI-XVII): dalla
papalina al camposanto. Nonostante sia grande tre volte l’Italia, il Venezuela è di fatto una ‘piccola Venezia’, e tra i secoli XV e XVIII l’Italia ha regalato alla Spagna tanti NOMI GEOGRAFICI, come gruta (grotta) o golfo, e purtroppo anche il terremoto. Nei secoli XVI-XIX in Spagna i TRASPORTI si affidano soprattutto alla carroza, guidata dal postillón (postiglione), ma più di recente è sceso in pista anche il trasporto ferroviario.
 

Pistacchi.
 

Non sono lussureggianti gli apporti di FLORA e FAUNA (secoli XV-XVIII), ma guai a farsi pungere da una tarántula mentre ci si gusta un pistacho (pistacchio) o un’anchoa (da ‘ancioa’, l’antica forma genovese di acciuga). A cavallo tra fauna e letteratura trotta l’hipogrifo, ariostesco cavallo alato accolto dal Cervantes nelle sue scuderie letterarie (studi recenti mostrano come questi facesse largo uso di italianismi).

Libri in claroscuro
Eccoci così giunti alle arti, campo in cui il conquistatore spagnolo fu conquistato dal genio italico. Nei secoli XVI-XVIII anche un principiante sa fare un
diseño, un modelo o un boceto (bozzetto), ma claroscuro, escorzo (scorcio), fresco (da a(f)fresco), miniatura o caricatura sono roba da maestri della PITTURA (secoli XVI-XIX). Quale degli artisti spagnoli che praticano la SCULTURA (secoli XVI-XIX) si aggiudicherà la medalla per il miglior bajo relievo o busto? L’ARCHITETTURA italiana lascia gli spagnoli di estuco (stucco) ma gli fa trovare la quadratura del cerchio, anzi della rotonda (secoli XV-XIX): ora progettare un pórtico, una galería o la planta (pianta) di un campanil è facile come affacciarsi a un balcón, come scendere per una escalinata a passo d’uomo. Dal XV al XVII secolo gli amanti della LETTERATURA si dedicano alla novela o al soneto, meglio se in verso non esdrújulo (sdrucciolo) e in lingua non macarrónica. Va di moda anche la pasquinada, tanto che oggi in Sud America il pasquinero è per estensione un ‘giornalista provocatore’. Nel campo dell’EDUCAZIONE tra le parole di cui l’Italia omaggia la Spagna spicca il pedante, in origine un ‘pedagogo’. Tra i MEZZI DI COMUNICAZIONE va a ruba la gaceta (gazzetta).

Il virtuoso e il comediante
Tra XVI e XVIII secolo il TEATRO italiano fa il tutto esaurito, e sulla scena si danno da fare il
protagonista e la comparsa, nei panni di comediante o di arlequín (arlecchino).

Roba da piazza, invece, sono buratín, bufón e saltimbanco. In ambito artistico però la marcia trionfale spetta alla MUSICA (sinfonica, da camera o lirica), con un numero di contributi altissimo e ininterrotto dal XVI al XXI secolo: il maestro, con la batuta in mano (nel senso di ‘bacchetta del direttore d’orchestra’, da battuta) dirige adagio il concierto, e mentre scherzando la soprano fa i gargarismi con un’aria alquanto cantable, il barítono in duo con il contralto esegue presto una cantata in crescendo, finché il piano non toglie la sordina e il violín spalleggiato dal violoncelo con virtuoso impeto suonano in fuga un alegro e un andante che il pubblico con sonori bravo gli chiede di bisar (bissare). Nel lessico si rispecchia anche la vita di tutti i giorni. La CASA spagnola (secoli XV-XIX) si arricchisce di cantina e persianas, e i suoi inquilini di toalla (da tovaglia).

Che cucaña i macarrones
Nell’ABBIGLIAMENTO (secoli XV-XX) si arriva a indossare persino il
turbante, mentre la sombrilla (‘parasole’) è un curioso incrocio tra sombra e ombrello. Agli spagnoli gli italiani passano alcune MALATTIE (dal XV secolo), come l’influenza o la malaria.
La VITA SOCIALE (secoli XVI-XIX) è movimentata. Ma occhio, fanciulle: se a volervi cortejar (corteggiare) è un chulo (‘uno che si dà delle arie’, dall’aferesi di fanciullo), si tratta senz’altro di un charlatán o di un hipócrita, dunque merita un fiasco o un fracaso (‘fallimento’, da fracasso), e lo potrete tranquillamente poner en berlina. Tra le parole spagnole battezzate con NOMI PROPRI italiani ricordiamo almeno il cocoliche, quella singolare varietà dello spagnolo d’Argentina intrisa di italiano (specie il lessico quotidiano e gastronomico, come chao, risoto, ricota, capuchino, ecc.) in virtù delle massicce immigrazioni tra otto e novecento: la parola riproduce il cognome dell’attore italiano di fine ‘800 Coccolicce, che a zonzo per l’Argentina con la sua compagnia teatrale condiva di italiano il suo spagnolo maccheronico. Eccoci dunque al saporito campo della GASTRONOMIA, il piatto forte degli italianismi tra il XV e il XX secolo (quelli più recenti si devono alla moda mondiale degli ultimi decenni): nell’antico banquete troviamo macarrones o salchicha (in barba ai bacchettoni, dall’italiano salciccia, e non salsiccia!), mentre oggi nelle pizzerias accanto a espaguettis (spaghetti), pizza o pasta (nel senso di ‘pastasciutta’, al dente o meno) possono anche servirci cibi un po’ meno noti come la mortadela, mentre per fine tavola è di rigore un buon expresso (da (caffè) espresso) o un bel cono con stracciatella.

 

Maccheroni.

 

Nell’arte dei DIVERTIMENTI Italia e Spagna sono sorelle (dal XVI secolo): si va dai classici (e chiassosi) carnaval, cucaña o morra, a recenti parole dello SPORT come candado (il catenaccio del calcio), escudería (scuderia, forse per influenza della scuderia Ferrari) o finalíssima (alla cui origine si può forse ipotizzare la ‘finalissima’ tra Italia e Germania nei mondiali di Spagna 1982).

Cassanate a parte…
Come si è visto, gli apporti lessicali recenti sono molti meno rispetto al passato, quando il contatto diretto tra i due popoli era stabile. Ma il numero e la qualità degli italianismi consolidatisi nel patrimonio lessicale spagnolo, molti dei quali coscientemente sentiti come tali (specie nella musica, nelle arti e nella gastronomia), e insieme le convergenze di vario tipo tra le due lingue, regalano agli spagnoli di oggi una discreta dimestichezza con l’italiano. Studi recenti mostrano come nei nomi delle attività commerciali (soprattutto moda e arte) l’italiano sia manipolato dagli spagnoli in maniera tutto sommato decente, e come nella stampa spagnola del terzo millennio spuntino come funghi parole ed espressioni in lingua italiana (fenomeno dovuto anche al cliché, diffuso dalla stessa stampa, secondo cui Italia e Spagna, nel loro concentrato di modernità e arretratezza, di miracolo economico post-dittatoriale e genio artistico e passionale, sarebbero due culture “gemelle”). Si va dunque dalle terminologie di musica, sport e spettacolo in primis ai nudi e crudi prestiti culturali (di sapore locale, come la
dolce vita, l’omertà o le cassanate di Cassano al Real Madrid). Passando però per citazioni più impegnative (eppur si muove o lasciate ogni speranza...), e mostrando spesso calchi o adattamenti alle norme linguistiche spagnole che in buona sostanza promuovono il prestito a neologismo, come in espaguetada (spaghettata), cúpula (da cupola (mafiosa)), tifosos o paparazzis. E gli pseudoitalianismi come capo = ‘boss mafioso’ o la azzurra = ‘la squadra azzurra’ risultano quasi piacevoli, in quanto testimoni di una singolare vitalità dell’italiano al di là dei propri confini. In Spagna, insomma, la passione per gli italianismi è tutt’altro che spenta. Nell’età dell’anglicismo globale, è roba da prima pagina.

Per un approfondimento

Ottima brújula per orientarsi sul tema dell’italiano nel mondo fornisce P. Bertini Malgarini, in Storia della lingua italiana, vol. III, Torino 1994, pp. 883-922 (con rinvii bibliografici). La più ricca galería degli italianismi nello spagnolo peninsulare è offerta da J. Terlingen, in Enciclopedia lingüística hispánica, vol. II, Madrid 1967, pp. 263-305. Degli italianismi più recenti presentano un diseño D. Romano (in Lingua e letteratura italiana nel mondo oggi, Firenze 1991, pp. 575-85), M. T. Navarro Salazar (in L’italiano allo specchio: aspetti dell’italianismo recente, Torino 1991, p. 79-92) e S. Porras Castro (in “Cuadernos de filología italiana”, 2000, pp. 923-934); in un convegno della Sociedad Española de Lingüística (Madrid, 18 dicembre 2006) P. Quiroga ha fatto un balance su Italianismos y etimologías en el Diccionario de la Real Academia Española 2003. Agli italianismi del cocoliche e di tutto lo spagnolo d’America rivolgono il loro chao M. Sala et alii, El español de América, 2 voll., Bogotá 1982 (specie vol. I, pp. 487-560, cap. Elemento italiano). Per osservare da un balcón diverso la storia dei rapporti tra le due aree linguistiche si veda A. D’Agostino, L’apporto spagnolo, portoghese e catalano, in Storia della lingua italiana, vol. III, Torino 1994, pp. 791-824. La pericolosa tarántula dei falsi italianismi si eviterà con l’aiuto di S. Sañé - G. Schepisi, Falsos amigos al acecho, Bologna 1992.

__________________________

[1] Yorick Gomez Gane (romano, di padre spagnolo e madre australiana, classe ’74) è professore di latino, greco e materie letterarie ai licei. Dottore di ricerca in filologia greca e latina (2005) e Dottore in Storia della lingua italiana alla “Sapienza” di Roma, è un raro caso di Amphibius academicus, occupandosi contemporaneamente di filologia classica e di storia della lingua italiana, con svariate pubblicazioni (volumi o articoli su riviste specializzate).

 

(yorick gómez gane / treccani / puntodincontro / traduzione allo spagnolo di massimo barzizza)

 

***

 

De Yorick Gómez Gane [1]

7 de febrero de 2013 - El idioma español siempre ha tenido una debilidad por los italianismos. Una pasión antigua, que estalló con toda su fuerza en el siglo XV, cuando con la dominación aragonesa de Nápoles y las cortes españolas de los Borgia en Roma, las relaciones entre las dos regiones lingüísticas dejaron de ser ocasionales por convertirse en estables. Nos toca ahora la grata tarea de contarles la historia de este vínculo intrigante y apasionado. Empezaremos por las primeras “excursiones”, es decir, los nexos marítimos, comerciales y financieros que los intrépidos navegantes y hombres de negocio italianos (genoveses, pisanos, florentinos y lombardos) desarrollaron con España a partir del siglo XII, provocando que las áreas de la semántica con mayores contribuciones del italiano en la lengua española sean precisamente la Marina y el comercio.

Así la chusma (ciurma) de las palabras marineras navega velozmente a bordo de un brigantín (brigantino) o fragata (fregata), impulsada por la tramontana hacia una dársena hispánica, mientras que la brújula (bussola) le da confianza al piloto (pilota). Los intercambios comerciales se convierten en correspondencias del lenguaje y abarcan varios siglos: en el siglo XIV se puede pagar con florines (fiorini), en el siglo XV abren sus puertas los bancos (banche) y las actividades de cambio (no se devuelve, sin embargo, la mercancía ya vendida). En el siglo XVI, quienes cuentan con ahorros con valor superior al millón (milione) no le temen a la bancarrota. Y, finalmente, en el siglo XVII, se espera que el saldo o el balance (bilancio) no lleguen a cero (zero), de lo contrario habrá que recurrir al contrabando... La industria y la artesanía italianas ofrecen productos de alta calidad, tales como porcelana, bronce (bronzo) y brocado (broccato).

El filósofo griego Heráclito dijo que la guerra es la madre de todas las cosas: en nuestro caso es la madre de muchas palabras. Entre el siglo XIII y el siglo XVIII, ejercitos procedentes de España conquistaron varios territorios italianos (las islas, Nápoles, Milán y Toscana), aprendiendo de los italianos —tristemente maestros en el arte de la guerra— muchos nuevos términos militares (documentados a partir del siglo XV), así que el batallón del caporal y la compañía entera pueden empezar a marchar juntos, estando siempre alerta antes de lanzar, con mosquete o bombarda, un asalto al bastión o a la casamata. Para deleite de los calumniadores, la política italiana hizo enriquecer también a los españoles (siglos XV-XIX): del antiguo término embajada al más reciente irredentismo.

El clero también dejo su herencia (siglos XVI-XVII), desde la papalina hasta el camposanto. A pesar de ser tres veces más grande que Italia, Venezuela es de hecho una pequeña Venecia y, entre los siglos XV y XVIII, Italia le regaló a España muchos nombres geográficos, como gruta (grotta) o golfo, y por desgracia, también el terremoto. En los siglos XVI-XIX en España los transportes se basaban en gran medida en la carroza, dirigida por un postillon (postiglione), pero más recientemente también hizo su debut el transporte ferroviario.


Pistaches.
 

No son tan glamurosas las contribuciones de la flora y la fauna (siglos XV-XVIII), pero cuidado con ser picado por una tarántula mientras se disfruta de un pistache (pistacchio) o una anchoa (la versión genovesa antigua de acciuga). A caballo entre fauna y literatura trota el hipogrifo —el caballo alado de Ariosto— recibido por Cervantes en sus establos literarios (estudios recientes demuestran su uso extensivo de italianismos).

Y llegamos, así, a las artes, un campo en el que se el conquistador español fue a su vez conquistado por el genio italiano. En los siglos XVI-XVIII, incluso un principiante puede producir un diseño, un modelo o un boceto (bozzetto), pero claroscuro, escorzo (scorcio), fresco (de a(f)fresco), miniatura o caricatura son cosas propias de los maestros de la pintura (siglos XVI-XIX). ¿Cuál de los artistas españoles que se dedican a la escultura (siglos XVI-XIX) ganará la medalla al mejor bajorelieve o busto? La arquitectura italiana deja sorprendidos a los españoles, pero los guía hacia el círculo, o más bien hacia la rotonda (siglos XV-XIX). Diseñar un pórtico, una galería o una planta (pianta) de un campanario es tan fácil como asomarse a un balcón, como bajar una escalinata. Entre los siglos XV y XVII los amantes de la literatura se dedican a la novela o al soneto, utilizando esdrújulas (sdrucciole) y otros terminos no tan macarrónicos. Está de moda también la pasquinada, a tal punto que hoy en América del Sur el pasquinero es un periodista provocador. En el campo de la educación entre las palabras que Italia regala a España destaca el pedante, originalmente un pedagogo. Entre los medios de comunicación, se vende como pan caliente la gaceta (gazzetta).

Entre los siglos XVI y XVIII el teatro italiano tiene un éxito inusitado y en la escena actuan el protagonista y la comparsa, en el papel de un comediante o de un arlequin (arlecchino). En las plazas, por otro lado, aparecen el buratín, el bufón y el saltimbanco. En el arte, sin embargo, la marcha triunfal le corresponde a la música (sinfónica, de cámara u ópera), con un elevadísimo número de contribuciones ininterrumpidas a partir del siglo XVI y hasta el siglo XXI. El maestro, con la batuta en la mano (en el sentido de la baqueta del director de orquesta, de la palabra italiana battuta) dirige adagio el concierto y mientras la soprano, scherzando, nos deleita con un aria muy cantable, el barítono —a dúo con el contralto— ejecuta presto una cantata en crescendo, hasta que el piano suelta la sordina mientras violín y violoncelo con virtuoso ímpetu tocan en fuga un alegro y un andate que el público —gritando «bravo»— les pide bisar (del italiano bissare, repetir). En el léxico también se refleja la vida de cada día. A la casa española (siglos XV-XIX) se añaden cantina y persianas, y sus inquilinos utilizan toallas (del italiano tovaglia).

En el mundo de la moda (siglos XV-XX) incluso se llega a utilizar el turbante, mientras que la sombrilla (parasole) es un curioso cruce entre las palabras sombra y ombrello (paraguas en italiano). Los Españoles y los Italianos se liberan de algunas enfermedades (a partir del siglo XV), como la influenza y la malaria. La vida social (en los siglos XVI-XIX) es muy activa. Pero cuidado, niñas: si las quiere cortejar (corteggiare) un chulo (una persona pretenciosa: la palabra es una contracción de fanciullo (niño), pronunciado fanchulo en italiano), sin duda se trata de un charlatán o de un hipócrita y, por lo tanto, merece un fiasco o un fracaso.

Entre las palabras españolas bautizadas con nombres propios, recordemos por lo menos al cocoliche, esa variación del español argentino cruzado con el italiano (especialmente en el vocabulario cotidiano y gastronómico como chao, risoto, ricota, capuchino, etc.), resultado de la inmigración masiva entre los siglos XIX y XX. La palabra reproduce el apellido del actor de finales del'800 Coccolicce, que paseaba a lo largo y ancho de Argentina con su compañía teatral aderezando su español macarrónico con su idioma natal.

 

Macarrones.
 

Llegamos así al sabroso campo de la gastronomía, el punto culminante de los italianismos entre los siglos XV y XX (los más recientes se deben a la moda mundial en las últimas décadas): en el antiguo banquete encontramos macarrones o salchicha (a pesar de los intolerantes, del italiano salciccia —pronunciado salchicha como en español— ¡y no salsiccia!), mientras que hoy en las pizzerias, al lado de espaguettis (spaghetti), pizza o pasta (en el sentido de pastasciutta, al diente o demasiado cocida) puede también que nos sirvan alimentos un poco menos conocidos como la mortadela, mientras que para cerrar es necesario un buen espreso o un buen cono helado con stracciatella.

_______________________________

[1] Yorick Gómez Gane (nacido en Roma, de padre español y madre australiana, en 1974) es docente de latín, griego y humanidades en escuelas preparatorias y bachilleratos. Doctor en Filología griega y latina (2005) y en Historia de la lengua italiana por la Universidad la “Sapienza” de Roma, es un caso raro de Amphibius academicus, dedicándose al mismo tiempo a la filología clásica y a la historia de la lengua italiana. Ha publicado varios libros y artículos en revistas espécializadas.

 

(yorick gómez gane / treccani / puntodincontro / traducción al español de massimo barzizza)