Raymundo Sesma,
tra l'Italia e il Messico

Un'intervista esclusiva con uno dei maggiori rappresentanti
dell'arte messicana contemporanea.

Raymundo Sesma

Raymundo Sesma e Massimo Barzizza durante l'intervista.


17 luglio 2010. - Raymundo Sesma (www.raymundosesma.com) è uno dei maggiori esponenti dell'arte contemporanea e del disegno messicano nel mondo. L'artista usa differenti discipline e vive e lavora tra il Messico e Milano dal 1980.

Ha partecipato più volte all'Esposizione d'Arte Biennale di Venezia e una delle sue opere più visibili a Città del Messico è la Sala Ollin Yoliztli, centro culturale e di spettacoli di grande attività al Sud della capitale messicana.

I suoi lavori sono esposti in diverse collezioni come The Metropolitan Museum of Art di New York, The Victoria and Albert Museum di Londra, il Musée d’Art Moderne di Parígi, The National Museum of Modern Art di Tokio il Museo de Arte Moderno di Città del Messico e la la Fundação Calouste Gulbenkian di Lisbona.

 

Campo Expandido V y VI (Centro Cultural Ollin Yoliztli) Dicembre 2007- marzo 2008.
Ciudad de México, México.
 

PUNTO: Raymundo, cosa rappresenta per te l’Italia, dopo esserci vissuto per più di 20 anni, dal punto di vista personale e dal punto di vista dell’artista?

Per me l’Italia è la mia alma mater. Nel 1979 andai a lavorare all’Atelier Grafica Uno di Giorgio Upiglio a Milano, considerato uno dei più importanti a livello internazionale. Questa esperienza mi proiettò nel mondo degli artisti professionisti, molto diverso da quello delle facoltà universitarie che avevo frequentato fino ad allora. Ebbi esperienze diverse, fra le quali il contatto con la gente che fabbricava la carta, gli inchiostri... esperienze veramente straordinarie sotto tutti i punti di vista e che non avrei potuto avere né negli Stati Uniti, dov’ero stato prima, né in Messico.

E, allo stesso tempo, potevo vedere dal vero la storia, i paesaggi e l’architettura italiana. Vedere con i miei occhi il Cristo del Mantegna, le opere di Botticelli, di Piero della Francesca... di Michelangelo... la Cappella Sistina... tutte opere che qui in Messico avevo potuto conoscere solo attraverso i libri, che —tra l’altro— a quell’epoca non si stampavano con la qualità di oggi.

 

Raymundo Sesma, Massimo Barzizza e un altro
importante esponente del disegno messicano: Silvino López Tovar.
 

PUNTO: L’Italia ha una storia antica, però anche il Messico ha avuto ed ha ancora –e tu sei uno di loro- artisti importantissimi che hanno influito sulla storia dell’arte anche del resto del mondo. Quali credi che siano state, nel tuo caso, le influenze ricevute dall'Italia e dal Messico?

Una volta un amico in Italia, durante un’intervista, mi chiese: “Quando hai lasciato il Messico?”, e io gli risposi: “Mai”.

Quando uno va via dal suo paese, dalla sua città, dalla sua gente non li dimentica, se li porta dietro. La tua famiglia, la tua mamma, la tua cultura rimangono sempre con te e quando si arriva dove esiste un’altra cultura, quest’ultima si complementa con la tua. Anche concettualmente. Nel mio caso —a poco a poco— la maniera di pensare, di costruire e di creare è diventata un po’ itañola, diciamo. Sono diventato un ibrido, un misto delle due culture. E per me è importante accettarlo tale e quale.

Quando penso, per esempio, alla cucina italiana, ricordare che il pomodoro e il cacao sono contributi del Messico al mondo, mi fa pensare che così anche l’Italia si porta addosso un po’di Messico e alla fine nessuno di noi finisce per essere 100% italiano o 100% spagnolo o messicano. Il mondo, in genere, diventa un misto del resto del mondo ed esserne consapevoli è molto importante.

 

Campo Expandido VII (Grúa Portuaria) junio 2007. Basel, Switzerland.

Campo Expandido VII (Grúa Portuaria) junio 2007. Basilea, Svizzera.

 

PUNTO: Ci sarà ancora Italia nel tuo futuro?

Definitivamente non potrei immaginarmi staccato dall’Italia. Là ho ho tanti amici, e continuo a mantenere contatti professionali e, ovviamente, la mia galleria. No... penso che non potrò mai lasciarla... L’Italia sarà sempre parte della mia vita.

Quello che è vero è che ho deciso di passare un po’ meno tempo là che qua. L’ho deciso perchè qui in Messico ci sono molte cose da fare e da costruire. Cose delle quali, in un certo senso, l’Italia non ha bisogno. D’altra parte, lavorare qui è anche una maniera di restituire alla mia terra ciò che da lei ho ricevuto.

Ho un progetto che si chiama Fundación Advento che ha a che fare con la cultura del design e che ho cominciato quattordici anni fa a Tecali de Herrera, un paese antico della zona centrale del Messico fondato nel XVI secolo, dove tutti lavorano il marmo e l’onice da 500 anni. Gli artigiani, però, non erano mai riusciti a migliorare le loro condizioni perché non avevano gli strumenti né gli oggetti giusti dal punto di vista tecnico-estetico per poter aggiungere valore reale alla loro opera e creare una clientela che potesse andare al di là del mercatino locale.

Abbiamo cominciato allora ad invitare diversi designer italiani che avevano già lavorato anche da altre parti del mondo e l’esperienza è stata molto positiva: siamo riusciti a capovolgere la tendenza migratoria della popolazione locale verso gli Usa e il livello di benessere del paese è senza dubbio aumentato. Potrei addirittura dire che alcuni degli artigiani sono diventati ricchi.

Con il tempo abbiamo messo insieme una grande collezione di oggetti di onice e di marmo che sono sicuro che nel futuro farà parte delle opere esposte in qualche importante museo.

Un’altra cosa che amo del Messico è il clima, la sua luce... insomma, potrei dire che quando sono in Italia non sento nostalgia del mio Paese, ma anche viceversa... e poi... confondo anche le lingue: mi capita spesso, ad esempio di rispondere “Pronto?” al telefono quando sono qui...

Vedi... io sono uno di quelli che vanno un po’ dove la vita li porta, ma definitivamente sono sicuro che continuerà ad esserci Italia nel mio futuro.

PUNTO: Credi che sia possibile stringere di più i rapporti fra l’Italia e il Messico nel campo del disegno e della collaborazione artistica?

Certo che è possibile migliorare i rapporti in questo senso fra i due paesi, ma è necessaria un’intenzione chiara di farlo, e molta gente ha paura degli impegni.

Queste cose devono essere fatte con la voglia di dare e di creare, semplicemente, senza cercare immediatamente un vantaggio di tipo economico, anche se questi vantaggi —senza dubbio— esistono.

Mi spiego tornando all’esempio degli artigiani: il lavoro che abbiamo fatto con loro è stato un atto di generosità; gli davamo idee e loro rispondevano fabbricando oggetti, ma proprio quegli oggetti —che fatti qui possono avere un costo di 1.000 – 1.500 pesos— in Italia costerebbero dieci volte tanto.

In Messico, dobbiamo ammetterlo, convivono diversi livelli sociali ed economici: c’é il primo mondo, il secondo, il terzo..., ma anche il quarto e il quinto e se non costruiamo una specie di ponte fra tutti i suoi scalini questo Paese non arriverà mai da nessuna parte.

Io ho sempre pensato che l’unico futuro reale per qualsiasi nazione è l’educazione, intesa dal punto di vista della volontà delle persone di condividere le loro conoscenze con chi non le ha. Bisogna essere utili alla società in qualche maniera, non si può solamente pensare a sé stessi. Il concetto di democrazia per me è plurale, non singolare.

PUNTO: Si sta muovendo il mondo dell’arte e del disegno in Messico?

Il Messico, dal punto di vista artistico concettuale, è senza dubbio in questo momento uno dei paesi con più proposte nel mondo. Per quanto riguarda il design, invece, anche se da 13 o 14 anni in qua si è formata una coscienza che prima non c’era, abbiamo ancora molta strada da percorrere e questo si deve alla mancanza di un vincolo fra il designer, la scuola e l’industria. E il successo dell’Italia in questo campo si deve precisamente all’esistenza di questa comunicazione fra le tre parti del sistema.

Quindi, oggi per oggi, l’unica possibilità che ha il Messico di partecipazione competitiva nel mercato mondiale non è attraverso oggetti di produzione industriale, ma via creazioni limited edition, scarse e care, che possano trasmettere la molto particolare identità messicana.

PUNTO: Chi può aiutare di più a risolvere questa situazione: le università, le aziende o i propri artisti?

Definitivamente i designer. Ma il problema è complesso. Per esempio, ai disegnatori grafici —durante i loro studi universitari— si comunica che potranno trovare lavoro nel mondo editoriale o pubblicitario che diventa così un mercato iperaffollato dal punto di vista lavorativo quando esistono moltissime altre possibilità come il disegno di tessuti, piastrelle, ecc.

Se si potesse, ade esempio, trarre vantaggio dall’esistenza indiscutibile della crisi —a livello globale— dell’ornamento, le possibilità potrebbero essere infinite.

In questo contesto, il mio lavoro nel mondo dell’architettura —che si riassume nel concetto che ho denominato Campo Expandido— fa convergere diverse discipline: ornamento, paesaggio, grafica e la propria architettura ed è stato il risultato di un mio esame di coscienza per trovare metodi che mi permettessero, come artista, di arrivare oltre la pittura tradizionale.

La pittura da cavalletto, che forse in Messico potrebbe essere più facilmente commercializzabile, in altre parti del mondo, come l’Italia, fa già parte del XX secolo, del passato e sono convinto che la responsabilità principale dell’artista e del designer moderno sia proprio quella di spingere i limiti per andare i limiti prestabiliti dalle discipline individuali e, soprattutto, oltre il futuro.

 

(puntodincontro)

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