Un caso molto delicato

Di Giuseppe Murgia.

5 ottobre 2010.

Caro Ulisse,

complimenti! Un articolo di grande attualità che ha suscitato un enorme interesse internazionale.

La vicenda di Sakineh è comunque un caso molto delicato per molteplici motivi che auspico possano essere sviscerati dai tuoi lettori più qualificati di me.

Inoltre, sulla sua innocenza o sulla sua colpevolezza non entro nel merito in quanto questo compito compete innanzitutto ai giudici iraniani che applicano le leggi che sono attualmente in vigore nello Stato iraniano.

Quello che posso dire è che la vita di una donna islamica, accusata di adulterio e soprattutto ritenuta la mandante dell'assassinio di suo marito, rischia seriamente di essere soppressa attraverso l'impiccagione.

Tenuto conto che io sono decisamente contrario alla pena di morte e considerato che nessuna giustizia è perfetta, ritengo che nessuno possa decidere sulla vita di un'altra persona e che siffatta punizione sia comunque inaccettabile poiché si tratta di un atto indegno a qualsiasi Paese democratico.

Tuttavia, sulla vicenda di Sakineh, è emersa molta ipocrisia in quanto la mobilitazione, si può dire mondiale e a tutti i livelli, che c'è stata e tuttora insiste per la donna iraniana, non c'è stata di fronte alla condanna a morte, già eseguita, di una donna americana, che tra l'altro era una disabile mentale.

In conclusione, ritengo che sia giusto e doveroso continuare a mobilitarci affinchè la vita di Sakineh possa essere salvata dall'impiccagione, ma ritengo, altresì, che sarebbe più coerente adottare lo stesso interessamento per tutte quelle persone che ancora nel mondo attendono di essere giustiziate.

Un abbraccio.

 

Giuseppe MURGIA

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