La riapertura del Salotto

Di Giovanni Capirossi.

26 marzo 2011. - Carissimo Ulisse,

innanzitutto lascia che ti dica che mi ha fatto molto piacere che "Il Salotto di Dante", dopo una pausa di riflessione, si sia aperto nuovamente. Mi fa piacere perché io credo che una delle cose più belle del mondo siano gli spazi creati per rendere più facile l'incontro delle persone, uno spazio virtuale come il nostro Salotto o  uno reale come la caffetteria della Dante, l'auditorio o un’aula.

La mia esistenza —che ormai viene da lontano e di strada ne ha fatta tanta in giro per le strade e i sentieri del mondo— è fatta di spazi in cui gli uomini si incontrano, parlano e imparano a conoscersi meglio e a camminare insieme per le strade della vita. Ne ricordo tanti di questi spazi, di questi incontri e di questi momenti.

Ricordo le aie dei contadini della mia Romagna. L'aia era un grande cortile davanti a casa o davanti al capannone (una grande capanna nella quale i contadini raccoglievano il fieno e la paglia perché non si bagnasse durante la stagione delle piogge, l'aratro ed i loro strumenti di lavoro). Ci si riuniva per lavorare quando, per esempio, dopo il raccolto del mais, bisognava "sfogliare" (togliere le foglie) le pannocchie di granoturco. Le foglie venivano regalate a tutti i presenti che le usavano per imbottire i materassi delle loro camere da letto.

Si riunivano tutti gli abitanti del villaggio e il lavoro diventava una festa bellissima in cui si cantava, si ballava, si beveva un buon bicchier di vino e ci si raccontavano tante storie. Tutti sapevamo tutto di tutti e cercavamo di aiutarci perché la vita fosse più bella e più facile.

Ci conoscevamo anche noi bambini più piccoli e ci davamo appuntamento per ritrovarci una volta alla settimana in una delle aie-cortili che trasformavamo in un campo da gioco per improvvisare una partita di calcio. Non importava se non c'erano le porte. A volte non c'era nenache il pallone. Ma ne improvvisavamo uno con un mucchio di stracci e tutti eravamo pronti a diventare degli idoli.

I più bravi venivano scelti dal cappellano per far parte della squadra parrocchiale che, quella sì, giocava in un bel campo sportivo davanti alla chiesa. Un altro spazio in cui si ritrovavano bambini e giovani per imparare non solo a giocare ma anche a crescere insieme e a volersi bene. Un altro spazio magico era il fiume (ne avevamo  addirittura due due: il rio Sintria affluente del fiume Senio che si perdeva nel mar Adriatico e che diventò famoso perché segnava i confini della famosa Linea Gotica alla fine della seconda guerra mondiale).

Altri punti d'incontro erano la chiesa, il teatro, la bottega dei democristiani e quella dei comunisti separate da una piccola piazza nella quale venivano i politici a fare i comizi durante le campagne elettorali. E poi le stalle (sì avette letto bene) le stalle dove si andava a "trebbo" ("ander a treb" si diceva in dialetto romagnolo) e ci si riuniva per parlare, giocare a carte e cantare durante l'inverno. Le mucche riscaldavano l'ambiente. Non era certamente un salotto del rinascimento ma era altrettanto importante perché lì si parlava di tutto. Dei problemi piccoli di ogni giorno, ma anche di quelli più importanti. Mi fermo qui ma vorrei che tutti gli alunni provassero a partecipare al dibattito che proponi col tuo interessantissimo articolo.

Un tema di grande attualità del quale tutti possono parlare.

Vi invito a visitare il Salotto. Io tornerò domani. Saluti carissimi a tutti,

Giovanni.

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