Un male collettivo

Di Giuseppe Murgia.

30 agosto 2010. - Caro Ulisse,

anche nel tema del tuo 7° articolo spicca la tua sensibilità nel descrivere un "male" che credo collettivo.

Penso, infatti, che la "fame" di fama (o di gloria) sia impossibile da saziare, tenuto conto di come le cose vanno oramai da tanto tempo.

Sicuramente c'è molto da riflettere e non si può certo fare in un articolo di giornale, che comunque ha molto più incisività di queste poche mie sintetiche convinzioni.

Per me la fama, quella vera, proviene dalle capacità e, soprattutto, da cose vere, reali!

Ce la si conquista con impegno e "olio di gomito", altrimenti, è una illusione che distrugge gli ingenui, i creduloni.

Pertanto, ce la dobbiamo meritare!

Io sono convinto, per esempio, che la gente del tuo settore e i tuoi alunni ti ammirino!

Per me era gratificante che i miei colleghi e, soprattutto, i miei superiori ammirassero l'impegno, la professionalità e, soprattutto, l'entusiasmo che mettevo nelle cose che facevo.

E poi, Ulisse, c'è da dire che la fama non ha regole.

Tu immagina quanti delinquenti hanno avuto la fama e soldi!

Mi vengono in mente: Al Capone; il nostro corregionale Graziano Mesina, famoso bandito a cui ancora oggi chiedono l'autografo, spesso l'abbiamo visto in televisione e letto le sue imprese sui giornali regionali e nazionali (e non solo) e siccome era poco hanno fatto anche un film; e poi, c'è Renato Vallanzasca, famoso malvivente milanese che terrorizzava la gente con il mitra. E mi fermo qui, ma ce ne sono tanti altri.

A questo punto, mi pongo la domanda e mi chiedo: tenuto conto che tutti dobbiamo superare la nottata e che ognuno lo fa come può e reputa, forse non sarà necessario essere un pò indulgenti verso coloro che pur di trovarsi un riflettore davanti sono pronti a rinunciare a tante cose, compreso anche una porzione di dignità?

Con tanta stima,

 

Giuseppe Murgia

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