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22 settembre 2012 - Può un bianco “normale” come il Trebbiano diventare il
migliore vino italiano? Certo, se le bottiglie sono avvolte nella leggenda
della famiglia Valentini. Una giuria internazionale gli ha appena assegnato
il primo posto nella classifica dei 50 migliori vini d’Italia.
È la prima edizione di una manifestazione pensata dal sommelier campione
mondiale Luca Gardini e dal critico Andrea Grigraffini. Assieme a loro hanno
bevuto e votato i critici Daniele Cernilli e Enzo Vizzari, Raoul Salama (enologo
e giornalista della Reveu du vin de France) e il britannico Tim Atkin
(master of wine, scrive su The Economist e The Observer). La classifica sarà
presentata lunedì alle 18 a Milano al Grand Visconti Palace. Best Italian
Wine Awards è il nome dell’evento creato per “valorizzare all’estero il made
in Italy”. In classifica ci sono i Barolo di Mascarello, Conterno Giacosa,
Grasso, Cavallotto, Voerzio e Rinaldi; i Brunello di Casanova di Neri,
Poggio di Sotto, Biondi Santi, Case Basse, Banfi, La Fiorita, gli Amarone di
Quintarelli e Dal Forno, il Sassicaia e il Solaia tra i Supertuscan, il
Ferrari del Fondatore e il Clementi rosè di Ca’ del Bosco per i brindisi e
la Marsala del Ventennale di De Bartoli per la meditazione (qui sotto la
classifica). Su tutti, comunque, svetta l’annata 2007 del Trebbiano di
Francesco Valentini.
È il figlio di Edoardo, un patriarca della viticoltura italiana. L’azienda
è una delle più antiche d’Italia, risale al 1650, è sempre appartenuta alla
stessa famiglia. Edoardo fu il primo ad occuparsene a tempo pieno, a
differenza degli avi, avvocati e notai. La sua impronta è stata forte, il
figlio prosegue sulla stessa strada. Oltre al Trebbiano, produce il rosato
Cerasuolo e il rosso Montepulciano in 65 ettari di vigneto, accanto ad altri
50 di uliveto con il cultivar Dritta, importato dai greci duemila anni fa.
Francesco Valentini sorprende perché preferisce parlare più del destino
della Terra che dei suoi vini. È un “Cantiniere Zen, figlio della maieutica
socratica” (così lo ha ritratto Andrea Scanzi nel “Vino degli altri”,
Mondadori). Uno che crede poco alle formule del biologico e del biodinamico
e preferisce pensare, come il filologo emiliano Piero Camporesi che il vino
sia “sole liquefatto, fuoco domato”, che sia il composto galileiano di
“umore e luce”, ovvero del clima piuttosto che delle influenze lunari.
“Sono un artigiano – si racconta Francesco – il mio lavoro si fonda sulle
materie prime, con interferenze minime, senza interventi chimici, lieviti
innaturali e controlli esasperati”. E pensa a Socrate. “Guardo e lascio che
Madre natura faccia il suo corso, esiste già tutto, bisogna solo farlo
emergere”. Anche se questa è una “vendemmia di guerra. Perché il clima sta
cambiando e ci sono continue anomalie in campagna. Quest’anno ad esempio
l’uva nera è maturata più velocemente della bianca, a causa del gran caldo
d’inizio estate e delle piogge dei giorni scorsi. Io mi batto per spiegare
come la terra si sta modificando, mi interessa più che vendere le nostre 50
mila bottiglie l’anno”.
Valentini, 51 anni, è così esigente con il suo vino che talvolta non mette
in vendita intere annate.
“Da tempo non metto sul mercato il rosso – spiega – molti ripetono ad ogni
settembre che è l’annata del secolo. Ma come fanno a non accorgersi che è
impossibile avere sempre annate straordinariae?”. Quella del 2007, in cui è
nato il Trebbiano vittorioso, lo è stata. Per il clima. “Mai così siccitosa
negli ultimi tre decenni, alta gradazione alcolica e alta acidità. Il
risultato è stato un vino di forte struttura e longevità, che abbiamo
proposto dopo le annate 2008 e 2009, pronte prima”. “Questo Trebbiano ci ha
conquistato all’unanimità – argomenta Gardini – è insieme fresco e di lunga
vita”.
Il vitigno di Valentini è diverso da quello a volte non valorizzato che si
trova in altri parti d’Italia.
“È il Trebbiano d’Abruzzo, un clone che si è acclimatato qui e che noi
lavoriamo con la tecnica della pergola per proteggere l’uva dai raggi del
sole che picchia duro. Una pianta abruzzese da mille anni, ne scrisse anche
Plinio nella sua “Storia naturale”. Il gran lavoro è in vigna, in cantina
faccio poco, lascio al vino la libertà di esprimersi”.
Così il bianco da leggenda di Valentini è finito sul podio..
(l. ferraro / corriere.it / puntodincontro)
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22 de septiembre de 2012 - ¿Puede un blanco "normal" como el Trebbiano
convertirse en el mejor vino italiano? Por supuesto, si las botellas están
envueltas en la leyenda de la familia Valentini. Un comité internacional de
jueces le ha otorgado el primer lugar en el ranking de los 50 mejores vinos
de Italia.
Se trata de la primera edición de un evento promovido por el sommelier
campeón del mundo Luca Gardini y por el crítico Andrea Grigraffini. Junto
con ellos bebieron y votaron los críticos Daniele Cernilli y Enzo Vizzari,
Raoul Salama (enólogo y periodista de Reveu du vin de France) y el británico
Tim Atkin (Master of Wine, escribe en The Economist y The Observer).
La clasificación será presentada el lunes a las 18 horas en Milán, en el
Grand Visconti Palace. Best Italian Wine Awards es el nombre del evento
creado para "promover en el extranjero el made in Italy". En la lista se
encuentran los Barolo de Mascarello, Conterno Giacosa, Grasso, Cavallotto,
Voerzio y Rinaldi; los Brunello de Casanova di Neri, Poggio di Sotto, Biondi
Santi, Case Basse, Banfi, La Fiorita, los Amarone de Quintarelli y Dal Forno,
el Sassicaia y el Solaia entre los Supertuscan, el Ferrari del Fondatore y
el Clementi rosè de Ca’ del Bosco para el brindis y el Marsala del
Ventennale para la meditación (aquí abajo la clasificación completa). En
primer lugar, por encima de todos, se encuentra la cosecha 2007 del
Trebbiano de Francesco Valentini.
Es hijo de Edoardo, un patriarca de la viticultura italiana. La compañía
es una de las más antiguas de Italia —fue fundada en 1650— y siempre ha
pertenecido a la misma familia. Edoardo fue el primero en dedicarle tiempo
completo, a diferencia de sus antepasados, que fueron abogados y notarios.
Su contribución fue determinante y su hijo continúa por el mismo camino.
Además del Trebbiano, produce el rosado Cerasuolo y el tinto Montepulciano
en 65 hectáreas de viñedos, junto a otros 50 de olivares, donde crece el
Cultivar Dritta, una variedad importada por los griegos hace dos mil años.
(l. ferraro / corriere.it / puntodincontro) |
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