Dialogo nel buio

Una mostra percorso all'Istituto dei ciechi di Milano
per provare a vivere come chi non vede.

Prova a vivere come chi non vede2 luglio 2007. - Chiudi gli occhi e ascolta. Per sentire le parole degli altri lasciando "fuori" le apparenze: così nei suoni scopri i sorrisi, l'amicizia, la rabbia, la paura e tutto il resto. Poi riapri gli occhi e torni alla normalità. Tu. Ma c'è anche chi, a occhi aperti o chiusi, resta nel buio tutta la vita. Come si vive in questo mondo? Per scoprirlo siamo andati all’Istituto dei Ciechi di Milano dove si trova Dialogo nel buio, una mostra percorso... dove non si vede nulla.

Dialogo è infatti un itinerario attraverso ambienti completamente oscurati dove, mancando la "vista", l'esperienza sensoriale si basa esclusivamente su odori, suoni, oggetti, superfici differenti. Ogni stanza propone uno scenario (la campagna, il mare, la città...) da attraversare lentamente, per coglierne i dettagli, guidati e orientati a un diverso tipo di percezione da una guida non vedente.

 

Qui dentro i ruoli si invertono

La guida si muove con disinvoltura, tiene unito il suo gruppo (composto da un massimo di otto persone), lo "comanda", attira l'attenzione sui dettagli... mentre il "vedente", in un'ora o poco più, riesce a capire quanto vale il suo vantaggio naturale e quanto devono essere forti e motivate e desiderose di normalità le persone a cui invece manca la vista. L'ultimo ambiente di Dialogo è un bar. Sarebbe uguale a qualunque altro bar se non fosse per l'assoluta mancanza di luce, ma ci sono musica, caffè, bibite... e, soprattutto, è un'occasione di conoscenza tra la guida e il suo gruppo, seduti insieme attorno a un tavolo.

Una sera alla settimana il bar si trasforma in ristorante per le Cene al buio e, dall'inizio di aprile, ogni martedì sera diventa Cafénoir, un happy hour davvero particolare...

 

Il nostro racconto

Quello che segue è la cronaca del nostro personale percorso attraverso Dialogo nel buio: Gian Mattia, Federica e Raymond, l'intera redazione di Focus.it!, alla scoperta di una dimensione di vita diversa grazie a un'esperienza che abbiamo scoperto bella e preziosa e che vorremmo consigliare a tutti. On line possiamo solo raccontartela, e se alla fine avrai l'impressione che manchi qualche dettaglio, è vero: non c'è proprio tutto quello che abbiamo trovato lì dentro per non guastarti il piacere della scoperta.

All'ingresso, nello stretto corridoio che si fa via via sempre più scuro, ci mettiamo in fila indiana dietro a Rosanna, la nostra guida. Federica si piazza dietro di lei, ancora indecisa se cedere all'ansia o alla curiosità. Poi c'è Giamma, curioso come un bambino che sta per scartare un regalo, non vede l'ora di entrare e, non fosse per Federica che gli sta davanti, si attaccherebbe lui a Rosanna e la spingerebbe dentro. Ultimo, io: semi-preparato dai racconti di altri visitatori a quello che non vedrò, meno sicuro di quello che a voce dichiaro. Il buio è una brutta bestia: lì puoi essere solo quello che sei. Si comincia. Battendo a terra i bastoni bianchi che ci hanno dato (mi sento anche un po' stupido) ci entriamo in pieno, nel buio, seguendo il nostro filo di Arianna: la voce della guida. Rosanna è cieca: per lei il buio è la condizione del mondo. Ed è quello che vuole farci vedere e capire portandoci in quel mondo, anche se soltanto per un'ora.

 

Giardini senza luce

Inizia così la nostra visita a Dialogo nel Buio, mostra itinerante inaugurata in Germania nel 1988, con lo scopo, almeno agli inizi, di fare conoscere ai "vedenti" i problemi e le difficoltà in cui si muovono tutti i giorni i "non vedenti" e le persone con gravi difficoltà visive (ipovedenti). «Abbiamo però presto capito che questa breve escursione nel buio ha, per i nostri visitatori, molti signif icati. E che ha un valore persino superiore a quello del "semplice" farci conoscere», dice Franco Lisi, responsabile del centro informatico dell'Istituto dei ciechi di Milano, che ospita la mostra. Che cosa succede per davvero nel buio? Per capire devi cambiare prospettiva.

Pochi passi che non riesco a contare perché il cervello mi urla in testa che non ci vede. Rosanna non ha smesso di parlare un secondo, per farsi seguire e per tranquillizzarci. Ci chiama spesso per nome, e mentre Giamma e Federica sono pronti a rispondere per farsi localizzare, io mi trastullo con un pensiero traditore: se sto zitto, mi perderò qui?... Poi penso alla dozzina di adolescenti chiassosi che, subito dopo di noi, aspettano il loro turno per entrare e provo un brivido... «sono qui Rosanna...». Lei mi strattona (a parole, e anche prendendomi per un braccio) e mi riporta all'ordine. Mi guardo attorno con quello che resta dei miei sensi. Siamo nel Buio Assoluto, in un giardino.

Lungo il percorso la guida invita a toccare a mano aperta tutto quello che c'è (che è poi quello che si "incontra" in questo cammino a tentoni), per riconoscere le piante, il tipo di terreno, l'esposizione di frutti sulle bancarelle di un mercato invisibile, l'ostacolo improvviso lungo una strada di città. Procedendo, a poco a poco tatto e udito diventano gli strumenti per orientarsi tra i suoni della natura e nel caos cittadino degli ambienti sintetici, e si fa sempre più forte il bisogno di stare insieme e vicini.

Quanto è grande Dialogo? Un migliaio di metri quadrati, ma quando ci sei dentro ti sembra dieci volte tanto, e non solo perché mancano i riferimenti visivi: complici gli effetti audio e l'ottima preparazione delle guide, brave ad attirare la tua attenzione sui dettagli della "scenografia" (il vento, l'acqua, le foglie...), gli ambienti hanno dimensioni variabili, molto soggettive. Sono quasi piccoli quando li vivi bene, interminabili quando capisci quali sono le difficoltà e da che cosa derivano (e non vedi l'ora di uscirne).

L'ultima tappa della nostra esplorazione del buio è... il dialogo. Arriviamo nel pub e ci sediamo attorno a un tavolo che a toccarlo mi pare enorme e, tra una patatina e una bibita, cominciamo a parlare tra noi e con Rosanna di quello che abbiamo "visto". Curiosità, domande, impressioni: Rosanna non si tira mai indietro e ha sempre una risposta da darci.

 

Anche "fare altro" è non vedere

Quando infine torniamo alla luce, poco più di un'ora dopo esserne usciti, ci sentiamo colpiti da questa originale esperienza e anche un po' diversi. Franco Lisi qualcosa me l'aveva anticipata, ma non abbastanza da rovinarmi la sorpresa: «Capire le difficoltà dei ciechi era l'unico scopo di Dialogo, all'inizio. Ma poi la gente ha cominciato a dirci che voleva tornare, parlare ancora con la guida, ritrovarsi al buio. E così che Dialogo si è trasformato nella metafora di un mondo abitato da persone che non si vedono, perché distratte o impegnate "a fare altro". Non si vedono gli uni con gli altri e non vedono se stessi. Finché non arriva un'emozione forte a ricordare loro che non sono soli. Anche solo per un'ora...» Sorride, e afferma categorico che però non è loro intenzione offrire un'ora di psicanalisi. A 12 euro, poi!

(focus.it)