3 luglio 2013 -
Dopo aver superato gli ostacoli non
tariffari che la Cina aveva imposto
al Messico per l'importazione della
tequila, l'industria si concentrerà
sulla conquista del Brasile e
dell'Argentina, Paesi che hanno
rifiutato di riconoscere la
Denominazione di Origine di questo
distillato.
«In America
Latina, abbiamo problemi con il
Brasile perché considera ancora la
tequila come un prodotto generico ed
è quindi, per noi, una pietra nella
scarpa», ha detto Ramón González,
direttore del Consiglio di Vigilanza
della Tequila (Consejo Regulador del
Tequila).
Ha aggiunto che
con l'Argentina si affronta una
situazione simile, oltre al fatto
che questo Paese produce un
distillato con caratteristiche
simili.
Tra i paesi del
Mercosur, il riconoscimento della
denominazione di origine è «praticamente
un dato di fatto in Uruguay,
Paraguay, Cile, Colombia, Guatemala
e Perù», secondo González. Per
raggiungere un livello di intesa
formale, il Consiglio cerca accordi
di mutuo riconoscimento con i
prodotti a indicazione geografica,
come la Cachaça brasiliana e il
Pisco Peruviano. Il mercato
latino-americano rappresenta un «enorme
potenziale» per la catena produttiva
dell'agave-tequila, per cui verrà
realizzata presto una missione
commerciale in Brasile, dove si
prevede che quest'anno sarà
riconosciuta la denominazione di
origine, mentre la protezione della
bevanda in Argentina sarà rimandata
al 2014.
Attualmente, 43
Paesi offrono uno “scudo” per la
tequila, il distillato più
conosciuto e rappresentativo del
Messico nel mondo, che è «il
riconoscimento che dovrebbe avere
ovunque, come impegno nei confronti
dell'Organizzazione Mondiale del
Commercio, che favorisce la
protezione dei diritti di proprietà
intellettuale», ha concluso González.