17 agosto 2018
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«Quel poco che si vede nel primo trailer in
bianco e nero, e senza dialoghi, di “Roma”
di Alfonso Cuarón è abbastanza per capire
che il regista messicano premio Oscar porta
in concorso a Venezia non un film qualsiasi,
ma il suo personalissimo amarcord, la
sua memoria». Così l'agenzia italiana ANSA
commenta —riferendosi al titolo derivato dal
dialetto romagnolo “a m’arcord” del film di
Federico Fellini del 1973— le brevi sequenze
del più recente lungometraggio del cineasta
nato a Città del Messico nel 1961.
Cuarón ha sempre parlato di quest'opera come
del «suo film più importante» e in
un'intervista a Indiewire ha spiegato: «Il
90% delle scene sono venute fuori dalla mia
memoria, a volte chiaramente, a volte in
modo più ambiguo. Quegli anni sono un
momento che mi ha formato, ma anche un
momento che ha trasformato il mio Paese,
l'inizio di una lunga trasformazione del
Messico».
Con Roma, a 5 anni da Gravity, il regista
torna al Festival di Venezia con un film
prodotto da Netflix che racconta la vita di
una famiglia borghese di Città del Messico
nei primi anni '70. Il film si riferisce
anche all'“Halconazo” di Corpus Christi, la
violenta repressione di una protesta
studentesca del 1971, a cui partecipò la
scrittrice italiana Oriana Fallaci.
Nel testo che accompagna il trailer su
Youtube, Netflix commenta: «Roma è il
progetto fino ad oggi più personale del
regista e scrittore premio Oscar Alfonso
Cuarón (“Gravity”, “I figli degli uomini”,
“Anche tua madre”).
La storia si concentra su Cleo (Yalitza
Aparicio), la giovane collaboratrice
domestica di una famiglia della classe media
del quartiere Roma di Città del Messico.
Sulla base della sua infanzia, Cuarón scrive
una lettera d'amore alle donne che lo hanno
allevato e dipinge un ritratto vivido ed
emotivo della lotta quotidiana delle
famiglie e delle gerarchie sociali durante
gli anni settanta, con tutti i loro
disordini politici . Prossimamente in sale
selezionate e su Netflix».