Ore 07.52 – Con un doodle interattivo in cui viene chiesto di tagliare una pizza, Google celebra gli artefici partenopei di uno dei prodotti gastronomici più rappresentativi della cucina italiana.
Era il 7 dicembre 2017 quando il 12° comitato intergovernativo per la salvaguardia del patrimonio culturale immateriale dell’Unesco, riunitosi sull’isola di Jeju in Corea del Sud, valutò positivamente, e con voto unanime, la candidatura del Bel Paese per l’iscrizione de “L’Arte del Pizzaiuolo Napoletano” nella prestigiosa lista.
Per l’Unesco, nel capoluogo campano «il sapere culinario legato alla produzione della pizza, che comprende gesti, canzoni, espressioni visuali, gergo locale, capacità di maneggiare l’impasto della pizza, esibirsi e condividere, è un indiscutibile patrimonio culturale. I pizzaioli e i loro ospiti si impegnano in un rito sociale, il cui bancone e il forno fungono da “palcoscenico” durante il processo di produzione della pizza. Tutto questo si verifica in un’atmosfera conviviale che comporta scambi costanti con gli ospiti. Partendo dai quartieri poveri di Napoli, la tradizione culinaria si è profondamente radicata nella vita quotidiana della comunità. Per molti giovani praticanti, diventare pizzaiolo rappresenta anche un modo per evitare la marginalità sociale».
Quattro anni fa, quindi l’arte del pizzaiuolo napoletano, e non la pizza napoletana in sé —per quanto preziosa e importante sia— è diventata parte integrante del Patrimonio culturale immateriale dell’umanità.