Ore 03.00 – «Un Paese del G20, dell’Ocse, con una economia solida e stabile, una manodopera qualificata anche a livello universitario e a costi contenuti, 130 milioni di abitanti con una età media di 27 anni: questo è il Messico, Paese con una rilevanza internazionale, risultati notevoli ed un potenziale economico importante che merita di essere maggiormente esplorato».
È così che Luigi De Chiara, dichiarandosi «privilegiato» di essere alla guida dell’ambasciata italiana a Città del Messico, ha sintetizzato in un’intervista di Maurizio Salvi per l’ANSA alcuni dei motivi che giustificano un rapido rafforzamento delle relazioni bilaterali italo-messicane.
«A me» —ha detto— «il Messico ricorda la Napoli degli anni ’70, della mia adolescenza, quando i giovani avevano voglia di costruirsi un percorso di sviluppo personale e di migliorare la condizione sociale dei genitori”. Purtroppo, prosegue, «la conoscenza della realtà messicana che si ha in Italia non rende giustizia al suo reale valore». «Sarà perché non abbiamo una grande collettività italiana come in Argentina» —spiega— «ma questo è ben compensato da fattori economici come l’entrata in vigore del Trattato commerciale con Canada e Stati Uniti, per cui il Messico sta diventando la porta d’ingresso migliore dei prodotti italiani al mercato nordamericano».
Produrre qui oggi, aggiunge, «significa sfruttare un insieme di fattori —near-shoring, minimi costi di trasporto e assenza di dazi— che rendono la prospettiva delle esportazioni verso Usa e Canada davvero estremamente attrattiva».
Alcune grandi aziende italiane in realtà lo hanno già capito, per cui marchi come Pirelli, Ferrero, Eni, Enel e Brembo operano da tempo sul territorio messicano. Il fenomeno sta attirando anche il settore delle piccole e medie imprese. «Lo fanno spesso» —ha spiegato De Chiara— «paradossalmente non per scelta propria, ma perché i loro clienti europei dicono: “O mi vieni a rifornire anche nel continente americano, oppure cambio partner in Europa”».
Un sintomo di come sono andate le cose negli ultimi tempi è dato anche dal fatto che, ad esempio, nel 2020, considerato annus horribilis in tutto il mondo, con le politiche espansive della fine dell’amministrazione Trump, tutte le imprese italiane operanti in Messico hanno registrato profitti anche a due cifre, che sono serviti in Italia a sostenere bilanci e occupazione.
«Dicendo che esiste un potenziale da esplorare» —ha proseguito l’ambasciatore— «non voglio sottovalutare il fatto che comunque nel 2021 l’Italia ha esportato in Messico merci per un valore di 6,2 miliardi di dollari, una cifra del livello del nostro export per Paesi come Brasile Canada, India e Corea del Sud».
Un elemento di particolare interesse è che pur essendo accomunato da lingua e storia coloniale all’America latina, il Messico se ne differenzia per l’assenza di cambiamenti traumatici di potere, per il ruolo di stabilità delle forze armate, per una gestione macroeconomica lodevole, con una moneta, il peso, molto stabile, e un debito pubblico modesto e rigorosamente sotto controllo. «E la Banca centrale messicana» —ha sottolineato De Chiara— «è stata elogiata nel 2021 per essere stata la prima ad aver avviato un ciclo di aumento dei tassi di interesse per contrastare l’inflazione».
A sostegno del ‘Made in Italy’ l’ambasciata d’Italia a Città del Messico ha sfornato incessantemente iniziative culturali e di promozione, come quelle del design nell’ambito della campagna ‘Be IT’ della Farnesina. E molto presto, rivela infine De Chiara, «una lampada Tolomeo XXL di quattro metri di Artemide farà bella mostra di sé nella hall del ministero degli Esteri messicano».