La polemica sulle scuse del Papa al Messico

Ore 16.27 – Non sono piaciute alla presidente della regione di Madrid, Isabel Díaz Ayuso, le parole con cui papa Francesco ha chiesto scusa per gli «errori commessi in passato» dalla Chiesa in Messico, scritte in una lettera ai vescovi in occasione del bicentenario dell’indipendenza del Paese latinoamericano.

«Mi sorprende che un cattolico che parla spagnolo parli a sua volta così della nostra eredità, che fu proprio quello di portare lo spagnolo e, con le missioni, il cattolicesimo e quindi la civiltà e la libertà al continente americano», ha detto Díaz ai giornalisti dagli Stati Uniti, dove si è recata per un tour politico.

Secondo quanto riporta Vatican News, Francesco aveva definito il bicentenario dell’indipendenza messicana «occasione propizia per rafforzare le radici e riaffermare i valori che ci costruiscono come nazione»; sottolineando che «rafforzare le nostre radici richiede una rilettura del passato, tenendo conto sia delle luci che delle ombre che hanno plasmato la storia del Paese». Una rilettura che passa in «un processo di purificazione della memoria, cioè il riconoscimento degli errori commessi in passato, che sono stati molto dolorosi».

«Nella stessa prospettiva, non possiamo nemmeno ignorare le azioni che, in tempi più recenti, sono state commesse» —spiega il Papa— «contro il sentimento religioso cristiano di gran parte del popolo messicano, causando profonde sofferenze».

In risposta a domande sulla dichiarazione di Díaz, il suo portavoce Enrique Osorio ha affermato che «l’infallibilità» del Papa è su «temi teologici ed etici», mentre in questo caso «si sta parlando di storia».

Robert Mickens, caporedattore del giornale cattolico La Croix International, interpellato dal Guardian, ha risposto a Díaz dicendo che Francesco non ha detto nulla di «sconvolgente», perchè il punto trattato in quella missiva riguardava «il trattamento degli indigeni, un tema che tocca il Papa da molto tempo».

Negli ultimi giorni Díaz aveva già attaccato i movimenti indigeni «populisti» presenti in tutta l’America Latina, rei di promuovere «una revisione semplicistica della storia spagnola». In particolare ha accusato il presidente del Messico, Andrés Manuel López Obrador, e altri leader regionali, di condurre politiche volte a «promuovere un indigenismo che è il nuovo comunismo». Nel marzo 2019, López Obrador ha scritto al re Felipe VI di Spagna e a Papa Francesco, esortandoli a chiedere scusa per gli «abusi» del colonialismo.

Anche il partito di estrema destra Vox, che sostiene il governo di Díaz, è contrario a questa revisione storica. In un post sui social media il mese scorso per segnare il 500esimo anniversario della conquista del Messico si leggeva come «la Spagna è riuscita a liberare milioni di persone dal regime sanguinario e dal terrore degli Aztechi. Orgogliosi della nostra storia».

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