Ore 18.27 – Si è tenuta ieri all’Istituto Italiano di Cultura di Città del Messico (IIC) l’inaugurazione della mostra “Una vita da scienziata”, nella quale sono esposte le foto scattate da Gerald Bruneau e le principali realizzazioni professionali di 20 ricercatrici italiane.
Hanno partecipato alla cerimonia di apertura Gianni Vinciguerra, direttore dell’IIC, Emilia Giorgetti, addetta scientifica dell’Ambasciata d’Italia in Messico, Lucia Capra, direttrice del Centro di Geoscienze dell’Università Nazionale Autonoma del Messico, Nora Rodríguez, presidente della Società Messicana di Radiologia e Immagine, e Marina Sosa, rappresentante in Messico della Fondazione Bracco.
«All’Ambasciata d’Italia» –ha detto Emilia Giorgetti in un breve discorso di benvenuto ai numerosi partecipanti– «siamo molto attivi nella promozione della parità di genere e questa mostra è una tappa di un percorso abbastanza lungo iniziato proprio con un convegno su donne e scienza. Sono fisica e ricercatrice, per cui conosco molto bene le situazioni che le donne devono affrontare in questo campo. L’uguaglianza di genere nella scienza deve essere promossa, in primo luogo, perché è un diritto umano».
«Le occupazioni del futuro» —ha proseguito— «avranno un grande contenuto tecnologico e per ottenere un buon lavoro sarà necessario conoscere le scienze. Se le competenze stem (scienza, tecnologia, ingegneria e matematica, ndr) non vengono promosse tra le bambine e le ragazze, sarà difficile per loro trovare un buon posto di lavoro e quindi garantire altri diritti come la salute, l’istruzione e un alloggio dignitoso. Bisogna ricordare che la scienza non è un “affare da maschi”: le donne sanno fare scienza molto bene e forse meglio degli uomini, in alcuni casi, come dimostrano le protagoniste femminili della mostra di oggi. È chiaro che non possiamo essere tutte brave come loro, ma è molto importante che le bambine e le adolescenti imparino a capire il linguaggio della scienza, un linguaggio che ci rende libere come donne».
Gianni Vinciguerra, direttore dell’IIC ha sottolineato che «Nella percezione —purtroppo molto diffusa— secondo la quale le bambine non vogliono o non possono diventare scienziate pesa l’idea di non essere inclini alle materie scientifiche, nonostante diversi studi dimostrino esattamente il contrario. È un pregiudizio che si forma nei primi anni di sviluppo, quando le aspirazioni lavorative sono condizionate da uno stereotipo di genere che influenza le scelte future e il processo di selezione del mercato del lavoro. È necessario cambiare questa visione, non solo perché non corrisponde alla realtà, ma perché genera disparità di opportunità nell’accesso alle professioni che sono sempre più richieste».
«Ho visto questa mostra per la prima volta a Chicago quando ho partecipato alla conferenza della Radiological Society of North America del 2019», ha commentato Nora Rodríguez, «e l’ho trovata davvero stimolante».
«Vedendo in dettaglio la vita di queste donne scientifiche riflessa nelle immagini» –ha proseguito— «il mio pensiero l’ha trasportata in Messico in modo che potesse ispirare più persone. Oggi, assieme alla Fondazione Bracco, questa iniziativa è diventata una realtà. Voglio ringraziare la famiglia Bracco, Diana Bracco, Gaela e Bracco Messico per aver reso possibile tutto questo. L’esposizione, che celebra le donne e ispira gli uomini, arriva in un momento molto significativo, poiché ieri è stata la Giornata internazionale delle donne nella scienza e rimarrà aperta fino all’8 marzo, Giornata internazionale della donna».
Marina Sosa ha spiegato che la mostra è stata ispirata dal progetto “100 donne contro gli stereotipi”, ideato dall’Osservatorio di Pavia e dall’associazione di giornalisti GIULIA, in collaborazione con Fondazione Bracco e la Rappresentanza della Commissione Europea in Italia. «Attraverso di essa» —ha sottolineato— «speriamo di contribuire a superare i pregiudizi spesso associati al lavoro delle donne nella scienza».
«Per promuovere la scienza tra le donne» —ha affermato Lucia Capra— «non sono sufficienti azioni come l’uso di un linguaggio inclusivo, con espressioni come “le e gli scienziati”, o la copertura delle quote di genere nelle posizioni dirigenziali».
«Ciò che dobbiamo fare» —ha spiegato— «è diffondere tra le ragazze l’idea che è possibile essere una scienziata e allo stesso tempo essere donna. Tutti i miei colleghi ed io abbiamo famiglie e figli e abbiamo sviluppato la nostra passione per la scienza senza sacrificare la nostra vita come donne».
La mostra sarà esposta nel chiostro dell’Istituto Italiano di Cultura di Città del Messico fino all’8 marzo, dal lunedì al venerdì. Entrata Libera.
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