Ore 02.18 – Nella seduta di giovedì pomeriggio la Commissione Affari Costituzionali della Camera ha ripreso l’esame della riforma della legge sulla cittadinanza, interrotto il 3 ottobre 2019. A distanza di più di due anni, il relatore Giuseppe Brescia (M5S) ha auspicato una conclusione positiva dell’iter parlamentare, senza le «strumentalizzazioni» politiche che hanno affossato più di una volta il tentativo di riformare una legge vecchia di 30 anni, la 91/92 e non più al passo coi tempi.
Nella seduta sono state abbinate a quelle già all’esame della commissione anche le proposte di legge presentate da Fucsia Nissoli (Forza Italia) “Modifica dell’articolo 17 della legge 5 febbraio 1992, n. 91, in materia di riacquisto della cittadinanza”; e da Elisa Siragusa (Gruppo Europa Verde – Verdi Europei), “Modifiche alla legge 5 febbraio 1992, n. 91, in materia di cittadinanza”. Brescia, che è anche il presidente della Commissione, ha presentato ai colleghi un testo unificato da adottare come testo base su cui proseguire il dibattito.
Ribadito che «a trent’anni di distanza dall’approvazione della legge n. 91 del 1992, il legislatore deve prendere atto delle profonde trasformazioni avvenute nella società italiana e aggiornare le norme in materia di cittadinanza», Brescia ha ricordato che tutti i tentativi di riforma avviati dalla Commissione «sono rimasti incompiuti, con l’unico risultato di illudere e deludere centinaia di migliaia di giovani», cioè «figli di stranieri che studiavano e studiano con i nostri connazionali e hanno visto le loro vite condizionate dall’assenza di una minima legge di civiltà».
Questo perché «ogni tentativo di riforma è stato infatti fin qui fortemente influenzato da strumentalizzazioni politiche e distorsioni mediatiche, che hanno solo alzato il volume della propaganda senza portare alcun cambiamento».
Per cercare di ottenere il risultato, dunque, bisogna «evitare gli inganni ideologici» e «puntare su un testo semplice, capace di non prestare il fianco a manipolazioni».
Per questo, Brescia ha voluto chiarire fin da subito che «nel testo proposto non c’è lo ius soli». Il testo unificato, ha spiegato, «punta a introdurre in maniera puntuale una nuova fattispecie orientata al principio dello ius scholae, con una scelta di fiducia non solo negli stranieri che vogliono integrare i loro figli, ma nel lavoro della comunità didattica, nella dedizione dei dirigenti scolastici e degli insegnanti che in classe costruiscono la nostra Repubblica e insegnano i valori della nostra Costituzione».
Dunque il testo —che si compone di due articoli— prevede che «possa acquistare su richiesta la cittadinanza italiana il minore straniero nato in Italia che abbia risieduto legalmente e senza interruzioni in Italia e abbia frequentato regolarmente, nel territorio nazionale, per almeno 5 anni, uno o più cicli scolastici presso istituti appartenenti al sistema nazionale di istruzione o percorsi di istruzione e formazione professionale triennale o quadriennale idonei al conseguimento di una qualifica professionale. Tale possibilità è aperta anche al minore straniero che ha fatto ingresso in Italia entro il compimento del dodicesimo anno di età».
La cittadinanza, ha aggiunto, «si acquista a seguito di una dichiarazione di volontà, entro il compimento della maggiore età dell’interessato, resa da entrambi i genitori legalmente residenti in Italia o da chi esercita la responsabilità genitoriale, all’ufficiale dello stato civile del comune di residenza del minore, da annotare nel registro dello stato civile. Entro due anni dal raggiungimento della maggiore età, l’interessato può rinunciare alla cittadinanza italiana se in possesso di altra cittadinanza. Qualora non sia stata espressa tale dichiarazione di volontà, l’interessato acquista la cittadinanza se ne fa richiesta all’ufficiale dello stato civile entro due anni dal raggiungimento della maggiore età».
Quanto alla possibilità di modificare le disposizioni in materia di ius sanguinis per i nati all’estero —come previsto nella proposta di legge di Siragusa che chiede di limitare a due generazioni il riconoscimento della cittadinanza— Brescia ha rimesso ogni decisione al dibattito in Commissione, limitandosi ad osservare che «l’impianto attuale non sembra garantire un vero radicamento sociale con il nostro Paese e anzi incoraggia la ricerca di avi, anche lontani nel tempo, senza la verifica di requisiti culturali, invece giustamente richiesti agli stranieri in Italia». (Aise)