Ore 15.03 – Consumata in tutto il mondo e seconda solo al riso, la pasta è tra i cibi più apprezzati del nostro pianeta.
Anche quest’anno il 25 ottobre si celebra il World Pasta Day, la ricorrenza organizzata da Unione Italia Food ed IPO (International Pasta Organisation) dedicata a uno dei piatti simbolo della dieta mediterranea.
Ma perché proprio il 25 ottobre? Non vi è una motivazione precisa, ma esattamente in questa data del 1995, durante il primo congresso mondiale dei produttori di pasta, nacque l’esigenza di promuoverne il consumo con un’iniziativa dedicata. Di conseguenza, nel 1998 si decise di creare la manifestazione, che domani si festeggerà per la 25ª volta.
L’obiettivo della giornata è quello di richiamare all’attenzione dei media e dei consumatori su quanto la pasta sia un alimento dai numerosi pregi, facilmente adattabile ad uno stile di vita sano e dinamico e capace di soddisfare qualsiasi necessità gastronomica.
Il 2022, con un aumento del 33% delle vendite di pasta dall’Italia all’estero, segna un record storico in cui le difficoltà economiche hanno fatto riscoprire a livello mondiale le qualità di questo alimento. È quanto emerge da un’analisi svolta dalla Confederazione Nazionale Coltivatori Diretti (Coldiretti) —la maggiore associazione di rappresentanza e assistenza dell’agricoltura italiana— sui dati Istat del commercio estero nei primi sette mesi dell’anno.
«Sono i tedeschi» —sottolinea Coldiretti— «a spendere di più in assoluto per acquistare pasta dal Bel Paese con un incremento del 31% nell’ultimo anno, mentre al secondo posto si classificano gli Stati Uniti dove l’incremento è stato addirittura del +45% anche sotto la spinta dell’euro debole nei confronti del dollaro. Al terzo posto la Francia, con un aumento del 25%».
In Italia si producono 3,6 milioni di tonnellate di pasta, pari a circa 1/4 di tutta quella mondiale, con 200mila aziende agricole italiane impegnate a fornire grano duro di altissima qualità a una filiera che conta 360 imprese e circa 7.500 addetti, per un valore complessivo di circa 5 miliardi di euro/anno.
Nel corso del tempo sono aumentati esponenzialmente anche i formati della pasta, che sono ormai arrivati a quota 300, mentre alle varietà tradizionali si sono aggiunte quelle fatte con l’integrale, senza glutine, con farine alternative e legumi. «La ricerca del Made in Italy» —ricorda Coldiretti- «ha condotto anche alla riscoperta di grani antichi, riportando nel piatto il Senatore Cappelli, la Timilia, il Saragolla e altre varietà che hanno fatto la storia del Paese a tavola. Un fenomeno che ha favorito anche il moltiplicarsi di marchi di pasta che garantiscono l’origine nazionale al 100% del grano impiegato, impensabile fino a pochi anni fa, ma ormai patrimonio di quasi tutti i marchi principali». Il risultato è che le vendite di pasta di grano garantito italiano sono cresciute del 14% in valore nei primi cinque mesi del 2022, secondo un’analisi di Coldiretti su dati Ismea. «Per acquistare la vera pasta Made in Italy 100%» —precisa l’associazione— «basta scegliere le confezioni che riportano le indicazioni “Paese di coltivazione del grano: Italia” e “Paese di molitura: Italia”. Una scelta di qualità, ma anche un sostegno all’economia nazionale in una situazione in cui sono esplosi i costi di coltivazione dei cereali arrivandoi quasi a raddoppiare (+80%) per la crisi scatenata dalla guerra».
L’Italia resta il Paese con il più elevato consumo di pasta per un quantitativo di 23,5 chilogrammi a testa contro i 17 chili della Tunisia, seconda in questa speciale classifica seguita dal Venezuela (15 kg), dalla Grecia (12 kg), dal Cile (9,4 kg), dagli Stati Uniti (8,8 kg), e dall’Argentina e Turchia a pari merito (8,7 kg), dati che testimoniano come questo prodotto abbia estimatori ad ogni latitudine.
«Ci sono quindi le condizioni per rispondere alle domanda di italianità dei consumatori ed investire sull’agricoltura nazionale che è in grado di offrire produzioni di qualità realizzando rapporti di filiera virtuosi con accordi che garantiscano compensi equi al di sopra dei costi di produzione», ha concluso il presidente della Coldiretti Ettore Prandini nel sottolineare che «l’esperienza ha dimostrato l’importanza di garantire la trasparenza dell’informazione per far crescere un settore simbolo dell’Italia nel mondo».